Esiste ancora la "questione morale"?

Rifondazione Comunista non può essere di certo iscritta nella schiera dei giustizialisti o del cosiddetto "partito dei giudici", nazi. Ciò che ha chiesto Fausto Bertinotti in qualità di Presidente della Camera è un atto di trasparenza per tutti i cittadini. La reazione scomposta di Piero Fassiso ci porta a pubblicare questo contributo uscito su "Liberazione" a firma di Flores d'Arcais che seppur non pienamente condivisibile, pone alcuni interrogativi utili e una risposta indiretta del Vicepresidente della Commissione Giustizia alla Camera, il nostro compagno e amico Daniele Farina.

Caso-Forleo: il direttore di Micromega ricorda la lezione di Berlinguer

Non lasciamo ai fascisti la questione morale
D'Alema e Fassino, fatevi "indagare"

Paolo Flores d'Arcais*

Il masochismo della sinistra si spingerà al punto di regalare ai fascisti la questione morale di Berlinguer? Proprio questo, sciaguratamente, fanno temere le reazioni scomposte, contraddittorie e quasi berlusconiane con cui è stata accolta la richiesta del Gip di Milano Clementina Forleo di poter utilizzare le famose intercettazioni "furbette" che hanno a protagonisti D'Alema, Fassino e Latorre.
Andiamo con ordine. Una legge iniqua, votata nel 2003 durante il governo Berlusconi con plebiscitario inciucio bipartisan, stabilisce che l'intercettazione di un indagato (fosse anche un mafioso o un terrorista) non può essere utilizzata senza previa autorizzazione del Parlamento, se l'indagato in questione stava parlando con un "onorevole" o un "senatore". Legge indecente, che stabilisce un odioso privilegio di casta (perché sturpirsi, poi, se una casta vengono considerati tutti i politici?). Se tu, compagno lettore, vieni intercettato (ipotetica del terzo tipo o dell'irrealtà, sia chiaro) con un mafioso (o altro indagato), quella intercettazione è utilizzabile in tribunale. Se avviene per un parlamentare, no. A meno che il Parlamento stesso non conceda ai magistrati il permesso, graziosamente e ad libitum. Stante la vigente legge/inciucio del 2003 (che una sinistra degna del nome si affretterebbe ad abrogare), la magistratura che voglia proseguire le indagini deve farne richiesta ai politici. Richiesta motivata, ovviamente.
E' quanto ha fatto il Gip. Ora i politici si stracciano le vesti, perché Clementina Forleo avrebbe motivato "troppo". Siamo certi che se avesse motivato "meno" si sarebbero strappati le vesti egualmente: avrebbero parlato di richiesta immotivata. Del resto, D'Alema, Fassino e Latorre hanno ribadito " urbi et orbi " che da quelle intercettazioni non hanno nulla da temere, non ci sono indizi di comportamenti penalmente rilevanti. Anzi, come si ricorderà, D'Alema si fece intervistare dal telegiornale berlusconiano di punta (Tg5) per poter dichiarare che a rileggere le sue telefonate non ci trovava nulla di riprovevole neppure sotto il profilo morale.
E allora, se nulla vi è di illecito e neppure di immorale, dovrebbero essere per primi D'Alema, Fassino e Latorre a richiedere che tali intercettazioni vengano utilizzate nelle indagini dei magistrati ed eventualmente in tribunale. Non hanno infatti nulla da temere: parola loro. Oltrettutto, richiedendo che il Parlamento conceda l'autorizzazione richiesta dal Gip, dissiperebbero ogni sospetto non solo sui loro specchiati comportamenti, ma anche sulla propensione dei politici a farsi "casta" e a garantirsi una impunità da nomenklatura non prevista per i cittadini comuni.
Prenderebbero insomma i proverbiali due piccioni con una sola fava. Piccioni democratici per di più. Dimostrerebbero infatti che la sinistra in fatto di moralità è abissalmente diversa dalla destra, e che politicamente non è assimilabile a nessuna "casta". Non risulta ancora, tuttavia, che D'Alema, Fassino e Latorre abbiano annunciato il loro voto favorevole alla richiesta di Clementina Forleo.Né risulta che abbiano invitato i gruppi parlamentari cui appartengono a tale virtuoso (e democraticamente doveroso) comportamento. E se si escludono singole eccezioni (Di Pietro, Villone, Furio Colombo. Ci piacerebbe averne dimenticati molti altri…) non risulta che solenni impegni in tale direzione stiano facendo "macchia d'olio" nelle file della maggioranza. Ne "riformista" né "radicale". Non vorrei perciò che avesse avuto ragione MicroMega , quando nell'editoriale del numero ancora in edicola, ma scritto oltre un mese prima della richiesta del Gip, si domandava se fosse davvero penalmente irrilevante "un tavolo politico a latere" tra Massimo D'Alema e l'euro-parlamentare Vito Bonsignore (dello schieramento berlusconiano! E anche pregiudicato!), o se non fosse indizio di una compensazione per l'appoggio alla combine finanziaria di Consorte. Per saperlo c'è una sola via: che la magistratura possa indagare, e poi archiviare o rinviare a giudizio, e in tal caso seguire tutto l'iter processuale, quanto mai garantista, soprattutto per gli imputati eccellenti.
Ad un lettore di MicroMega che mi scrisse indignato perché considerava quell'editoriale un'aggressione contro i vertici Ds, proposi un semplice e duplice esperimento mentale. 1) Provi a sostituire a D'Alema un personaggio berlusconiano (che so, un Previti) e a Consorte un finanziere di destra. Darebbe di tale dialogo, per il resto immutato, la stessa idilliaca ed innocente interpretazione? 2) Provi a sostituire a D'Alema Berlinguer, "e mi dica se ci riesce".
Nella famosa (ma ormai rimossa) intervista a Eugenio Scalfari sulla questione morale, Berlinguer denunciava: «Tutte le "operazioni" che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell'interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica. Un credito bancario viene concesso se è utile a questo fine, se procura vantaggi e rapporti di clientela… Se si continua in questo modo, in Italia la democrazia rischia di soffocare in una palude». Berlinguer non avrebbe mai pensato che di tali comportamenti potessero diventare sospetti dei dirigenti della sinistra.
Sulla richiesta di Clementina Forleo ci si dovrà pronunciare con un sì o un no. Ogni parlamentare di centrosinistra deciderà così tra "democrazia e casta". Ma ancor più urgente è che senza perifrasi si pronuncino i candidati alla segreteria del Partito democratico nascituro: Walter Veltroni, Rosy Bindi, Enrico Letta (Furio Colombo è l'unico ad averlo già fatto). Con un sì o con un no, "perché il di più viene dal maligno" (Vangelo di Matteo, 5,37).
*Direttore "Micromega"

24/07/2007

Daniele Farina su "Liberazione" del 28/07/'07

Non dubito che bisogna “fare presto e bene” sulla richiesta del Gip di Milano Forleo di utilizzare le intercettazioni a carico di soggetti indagati per la tentata scalata Unipol a BNL ( e nel caso Antonveneta). Telefonate ormai celebri e che vedono noti parlamentari chiacchierare con gaia leggerezza. Fare bene, ovvero concedere l’autorizzazione e soprattutto farlo subito. Ma la legge impone sia la Camera di appartenenza e non il senso comune a decidere e dunque il rischio di uno slittamento a settembre è serio. Se così fosse perderemmo un’occasione di costruire un filo di comunicazione reale tra Politica la (quella maiuscola e di palazzo) e il paese. Di questi tempi sarebbe una occasione sprecata e un passo ulteriore nel senso di una sfiducia diffusa non solo sulla classe politica (meritata) ma sulla possibilità stessa di un cambiamento.

Non ci sarebbe neppure bisogno di ripetere che esiste un rapporto non sano tra politica e affari, è legame antico e che si è venuto via via aggravando nell’essere i secondi sempre più finanza e la prima incapace di regolare l’intrusione progressiva dell’interesse privato nella cosa pubblica. Rapporto che dovrebbe risultarci particolarmente intollerabile specialmente quando si fa scudo di valori mutualistici e solidali in larga parte dispersi .

Il fatto che milioni di cittadini aspettino risposta ai problemi materiali della vita, sul proprio lavoro e salute come sui diritti civili oggi negati è una ragione di più per non delegare alla magistratura il compito di salvare il paese. Una stagione ormai lontana è vissuta di quella illusione e si è chiusa con molte ombre e qualche luce, oltre che con qualche partito in meno e qualcuno in più. In precedenza nell’era della legislazione d’emergenza, i profondi ’70, lo stesso errore, per motivi evidentemente assai diversi, aveva prodotto guasti che ancora il nostro ordinamento conserva e, soprattutto proietta sulla società. Ognuno dei passaggi ricordati ha coinciso, alla fine, con una riduzione della partecipazione politica piuttosto che con un suo incremento. La via giudiziaria al socialismo o almeno alla riforma è una strada senza uscita.

Lasciamo dunque alla magistratura il suo mestiere, pur sapendo che in tempi di riforma dell’ordinamento giudiziario - contratto nazionale di lavoro dei magistrati qualcuno ha maliziosamente suggerito- i confini costituzionali delle rispettive professioni non sono così chiari.

Proprio perché estranei alle compromissioni degli “affari in politica”, usi da un costante tentativo, più o meno felice, di cambiare le regole del gioco - non eversori quanto partecipatori-, proprio perché strenui difensori del diritto dei cittadini ad essere informati ma anche a non essere preventivamente condannati, guardiamo tutti, spero, con maggior fiducia alle piazze d’autunno che all’esito delle vicende giudiziarie. Fare presto e bene anche nel contribuire a riempirle è quanto ci chiedono i lavoratori specie se precari, i pensionati, i richiedenti diritti, i deboli che purtroppo spesso coincidono nella società come nelle aule giudiziarie.

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