E' morto Gaetano Arfè. Un vero socialista.

 

 

 

 

 

 

 

 Lo studioso, autore di un saggio di prossima pubblicazione sulla storia del Partito socialista, ricorda la figura dello storico scomparso giovedì 13 settembre, dall'esperienza partigiana alla militanza nel Psi fino al recente avvicinamento a Rifondazione comunista

Giorgio Galli: «Il riformismo anticraxiano di Gaetano Arfè»

di Vittorio Bonanni da www.liberazione.it

Un'intellettuale socialista coraggioso, coerente, capace di sottrarsi alla deriva craxiana del Psi e che non ha mai perso di vista la necessità per la sinistra di unirsi. Stiamo parlando di Gaetano Arfè, storico, collaboratore di Piero Calamandrei, Tristano Codignola e Gaetano Salvemini, autore di numerosi saggi, partigiano nel 1944 nelle file di "Giustizia e Libertà" ed iscritto poi nel 1945 al Partito socialista, dal quale uscirà quarant'anni dopo, e collaboratore fino a poche settimane fa di Liberazione . Quando ieri è arrivata la notizia della sua morte abbiamo chiamato immediatamente Giorgio Galli. Già docente di Storia delle dottrine politiche presso l'Università di Milano, Galli è uno dei politologi più autorevoli in Italia e in Europa e autore di testi importanti sul dopoguerra italiano, ultimo dei quali dedicato a Moro e Berlinguer. Dal prossimo 18 settembre sarà in libreria la sua ultima fatica; appunto una Storia del socialismo italiano , (Baldini & Castoldi, pp. 558, euro 19,50), lo stesso titolo di uno dei lavori più importanti di Arfè, uscito nel 1965. «Ho conosciuto personalmente Arfè - dice il professor Galli - e lo ricordo per la sua grande coerenza politica. Credo che ad un certo punto gli abbia offerto una candidatura anche Rifondazione nei primi anni 90. E' stato uno storico autorevolissimo, convinto delle buone ragioni della storia, della tradizione e della cultura del riformismo italiano, appunto da Filippo Turati fino a Riccardo Lombardi. Anche da questo deriva la sua posizione politica negli anni del craxismo. Se Craxi si richiamava costantemente alla tradizione turatiana ma solo per riproporre il socialismo riformista in chiave anticomunista, Arfè invece contestava questa interpretazione e se poteva trovare un punto di riferimento nelle ultime generazioni di leader socialisti, era certamente in Riccardo Lombardi, certamente un riformista però con una formazione politica come quella del Partito d'Azione nel quale aveva militato fino a quando quel partito era esistito.»

Insomma fu un avversario irriducibile di Craxi...
Arfé riteneva che Craxi non interpretasse correttamente la tradizione del riformismo socialista ma non partecipò attivamente alla scontro politico che ci fu all'interno del Psi. Ebbe piuttosto un ruolo di mentore intellettuale. Bisogna ricordare che nel 1976, quando ci fu il famoso comitato centrale del Midas, dove il futuro segretario guidava una corrente minoritaria di autonomisti nenniani, Craxi divenne leader con il consenso e la protezione dei grandi vecchi, come Lombardi, Mancini, De Martino, oltre allo stesso Nenni ovviamente. Successivamente i lombardiani, rappresentati da Signorile, De Michelis, Cicchitto, si divisero, ci fu uno scontro interno tra loro, De Michelis si alleò a quel punto con il segretario, fino a quando Craxi non pose fine al partito delle correnti, ricostituendone la compattezza attorno alla sua leadership. Come dicevo, a questa fase della vita del partito Arfé non prese parte attiva, ma divenne un intellettuale molto critico nei confronti dei metodi personalistici di Craxi, mettendo in guardia contro una involuzione del partito e della stessa tradizione riformista in una direzione che, oltre ad essere anticomunista, spingeva il Psi in una contesa anche con la Democrazia cristiana ma unicamente sul piano della spartizione del potere e della conquista di posizioni di potere all'interno di quello che io definii il "bipartitismo imperfetto". Una politica che avrebbe poi portato alla crisi degli anni '90. Anche se poi bisogna dire, ed è ciò che io sostengo nel mio libro, che l'avvio di questo strada è anteriore a Craxi. In realtà l'involuzione del partito socialista e la trasformazione del partito con forte attenzione alle posizione di potere si era già sviluppata nella seconda metà degli anni '60, con la gestione di De Martino.

Che cosa successe?
La mia interpretazione era che già allora il Partito socialista, il suo gruppo dirigente e una parte del suo personale politico aveva scelto, di fronte alla impossibilità di realizzare con il centro-sinistra delle riforme di ampio respiro, che erano poi quelle che propugnava Riccardo Lombardi, un ripiegamento sulla competizione attorno a delle posizioni di potere. Per usare un'espressione che forse era proprio di Arfé, tese insomma a trasformarsi nel "partito degli assessori".

Arfé si candidò alla fine degli anni 80 nelle file del Partito comunista dopo aver lasciato il Psi nel 1985...
Sì, divenne deputato della sinistra indipende nel 1987. Fu comunque la sua una candidatura di bandiera piuttosto che il segno di una partecipazione attiva alla lotta politica.

Il suo ultimo volume si chiama "Storia del socialismo italiano", proprio come quello di Arfè. In che cosa si differenzia il suo lavoro da quello dello storico scomparso?
Mi sono avvalso molto dei contributi di Arfè, ma la mia interpretazione è un po' diversa dalla sua. Io non credo che la storia del socialismo italiano sia sostanzialmente una storia del riformismo italiano. Credo che la storia del Partito socialista sia più complicata e che in determinati momenti abbiano avuto un posto importante anche altre componenti culturali. Dalla fase in cui ebbero un certo ruolo quelli che poi sarebbero stati i sindacalisti rivoluzionari, fino a quelli che, con un termine diventato ora molto di moda, venivano definiti massimalisti, dai quali proveniva tra l'altro il Mussolini originario, secondo un'interpretazione che ha dato poi lo stesso De Felice con il suo primo volume Mussolini rivoluzionario . Quindi Arfè ha dato un taglio al suo lavoro documentatissimo e preciso ma con una chiave interpretativa molto evidente, ovvero la storia del socialismo è la storia del riformismo. Rispetto a quella di Arfè la mia interpretazione, oltre ad essere ovviamente più aggiornata perché ho potuto utilizzare una serie di saggi storiografici usciti negli ultimi anni, ha anche la caratteristica di mettere in luce alcune difficoltà della storia socialista più di quanto non abbia potuto fare Arfè.


14/09/2007