COSA SUCCEDE ALLA SANITA' IN PIEMONTE

Con questo articolo inauguriamo una serie di reportage sullo stato della Sanità e dei Servizi socio-assistenziali nella nostra Regione. La logica vorrebbe che le prospettive future venissero trattate come ultimo capitolo, dopo aver illustrato come vanno e soprattutto come non vanno le cose, per delineare magari piani di azioni a scopo migliorativo, invece noi faremo esattamente il contrario e cominceremo a raccontarvi cosa succederà. Il motivo è semplice: c'è pochissimo tempo per sapere e per agire, perché la Sanità pubblica piemontese stessa ha pochissimo tempo davanti a sé.

 

Cominciamo a presentare chi se ne occupa, ovvero l'Assessore alla Sanità: Paolo Monferino, ingegnere, ex Executive Vice President del Gruppo Fiat con la responsabilità gestionale delle società del Gruppo operanti nella componentistica e nelle attività industriali diversificate (Magneti Marelli, Teksid, Comau-Pico, FiatAvio, Fiat Ferroviaria, Centro Ricerche Fiat e Fiat Engineering). Nel 2000 assume la carica di Chief Executive Officer di CNH (Case New Holland), azienda con sede a Chicago, Illinois, e leader mondiale nel settore delle macchine per l’agricoltura e le costruzioni, nata dall’unione tra New Holland e Case Corporation.
Nel 2005 rientra in Italia per guidare in qualità di Amministratore Delegato la Iveco S.p.A., la divisione del Gruppo Fiat che progetta, costruisce e commercializza un’ampia gamma di veicoli commerciali leggeri, medi e pesanti.
E' membro dei Consigli di Amministrazione di CNH (Case New Holland), Ferrari S.p.A., Alleanza Toro S.p.A. e Indesit Company. Un uomo di fiducia del capitale subalpino per antonomasia, come si vede, nel cui cursus honorum c'è tanto business e niente pubblico: e, se già di qualsiasi impresa privata non si dovrebbe ignorare la ricaduta pubblica se non altro perché maneggia i destini di migliaia di persone che ci lavorano, la salute collettiva men che meno può essere considerata una mera questione di bilanci, ma al contrario responsabilità sociale allo stato puro. Come mai Monferino e la sua carriera esclusivamente aziendale si ritrovano a esserne responsabili?

 

Così come viene da chiedersi perché, con il D.G.R.16 gennaio 2012, n.1-3267, è stato affidato un incarico di collaborazione esterna ad elevato contenuto professionale al dott. Ferruccio Luppi, per una spesa per l’anno 2012 di 100.000 euro annui, rinnovato di recente, a supporto della Giunta per ridurre l’attuale indebitamento, anche attraverso strumenti per “accelerare le politiche di riqualificazione della spesa corrente, dismissione di società partecipate, valorizzazione degli asset patrimoniali”, in relazione particolarmente al Fondo Comune di Investimento Immobiliare per l’attuazione del piano di alienazioni e di valorizzazioni del patrimonio immobiliare promosso dalla Giunta stessa.

Può contribuire a darsi una risposta sapere che il dott. Ferruccio Luppi dal 2010 è Presidente di Générale de Santé, gruppo ospedaliero che opera nel settore della sanità privata con 110 strutture di cura e oltre 23mila dipendenti in Francia. E’ inoltre membro del  CdA di  IDeA FIMIT,  l'SGR  (Società di Gestione del Risparmio, N.d.A.) immobiliare italiana leader in Europa con allo stato  9,5 miliardi di euro di masse in gestione e 24 fondi gestiti (di cui 5 quotati). Nel 2011 IDeA Fimit ha realizzato commissioni di gestione totali pari a Euro 58,4 milioni e si posiziona come uno dei principali interlocutori presso investitori istituzionali italiani e internazionali nella promozione, istituzione e gestione di fondi comuni di investimento immobiliare chiusi. In questo secondo curriculum la sanità appare, ma pericolosamente accostata alla finanza: si comincia a capire dove si vuole andare a parare, anche se, trattandosi appunto di cosa pubblica, per farlo ci vuole il conforto della legge.

Ed ecco infatti che con la L.R. 28 marzo 2012, n. 3, all’art.1, comma 3, riportante “Costituzione nuove aziende sanitarie”, vengono istituite le Federazioni Sovrazonali (forme di coordinamento sovrazonale e di integrazione funzionale dei servizi),  sei nuove Società Consortili a Responsabilità Limitata di diritto privato (sic!) a cui devono aderire tutte le Aziende sanitarie regionali per svolgere funzioni di piani di acquisto annuali e pluriennali di approvvigionamento beni, gestione, dei magazzini, della logistica, sviluppo e gestione delle reti informative, programmazione degli investimenti, gestione delle tecnologie sanitarie, gestione e organizzazione dei centri di prenotazioni, gestione degli affari legali. Mentre con l'art. 7 della L.R. finanziaria 4 maggio 2012, n. 5 viene stabilito che gli immobili costituenti il patrimonio edilizio della Regione, diviso in due asset (FIR, patrimonio edilizio regionale, e FIS, patrimonio edilizio sanitario), rientrano nel Piano di alienazione e valorizzazione, per cui diventano patrimonio disponibile da  conferire a Fondi Comuni di Investimento Immobiliari, promossi e partecipati dalla Giunta regionale (!) e  da altri Enti Locali. Proprio la stessa valorizzazione e lo stesso Fondo Comune di Investimento Immobiliare per curare i quali è stato incaricato il suindicato Luppi.

Ormai anche il meno smaliziato degli osservatori sa che, quando si parla di “valorizzare” e  di “investire” in relazione alle politiche pubbliche, si intende una sola cosa: vendere per – così si dice – alleggerirsi di strutture certo di onerosa manutenzione, per far cassa, per disporre dei soldi ormai introvabili da destinare, o così si lascia intendere, a tornare alla collettività (che ricordiamoci essere la proprietaria di ciò che viene destinato al mercato) sotto forma di un miglioramento delle prestazioni, attualmente sempre più manchevoli a causa di un ben preciso disegno di progressivo impoverimento di risorse umane e strumentali.

Non stupirà perciò di scoprire che il progetto di alienazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare della Regione Piemonte, con relativo cronoprogramma,  viene illustrato dall’Assessore Monferino in una riunione a Venaria il 2 Novembre 2012, corredato da una relazione stabilita dall’Assessorato al Bilancio da cui si evince che l’unico interesse alla dismissione risiede nel valore immobiliare e nella potenziale redditività e per nulla affatto in quello che rappresenta il core della Sanità, e cioè le prestazioni sanitarie, cliniche e scientifiche, più o meno qualificate, che vi si fanno all’interno. Per precisare ulteriormente il focus principale, del patrimonio sanitario si illustrano unicamente i servizi di pulizia, manutenzione, custodia, posta interna, bar, etc.: il fatto che in quei posti l'attività principale sia curare e salvare vite umane non pare avere alcun rilievo.

La tempistica indicata è stringente, la ricognizione è già stata condotta mobilitando tutti i servizi e tecnici e patrimoniali delle ASL e delle AO, che hanno prodotto i seguenti dati macro: gli ospedali e le altre strutture sanitarie in senso stretto constano di 45 immobili, cioè 1,4 milioni di mq di fabbricati, cui si devono aggiungere 38 milioni di mq di terreni agricoli e 560 alloggi per un totale di oltre 54.000 mq.

L’alienazione di tutto ciò attraverso il conferimento a una SGR è prevista per la fine del mese di aprile 2013, cioè tra meno di un mese.

E’ evidente che l’immissione di un simile quantitativo di beni sul mercato non potrà che farne precipitare il prezzo con la conseguente SVENDITA  DEL PATRIMONIO, che una volta alienato a favore di privati che lo avranno praticamente avuto in regalo, dovrà immediatamente essere riaffittato per continuare a svolgerci le attività sanitarie, laddove queste vengano ancora considerate core.

E questo condurrà ad un collasso economico la Regione, che infatti nella già citata L.R. finanziaria 4 maggio 2012, n. 5, all’art. 9 (“Riduzione delle locazioni passive”), precisa che :

“ E’ fatto divieto assoluto di dare corso alla stipulazione, ovvero al rinnovo anche tacito, di contratti di locazione passiva in assenza di previa verifica di indisponibilità, allo scopo, di beni demaniali o patrimoniali della Regione”.

Dunque è ben presente alla Regione quali oneri risultino dalle locazioni passive: che genere di affare si può quindi prospettare nel breve termine per i bilanci della Sanità una volta che ci si dovrà caricare degli affitti per continuare ad esercitarla nelle vecchie strutture che non saranno più di nostra proprietà.

 

In sintesi:

 

1.      la strategica sequenza degli atti normativi;

2.      l’oculata scelta di chi gestisce l’operazione immobiliare e addirittura ne stima il prezzo a nome del probabile/possibile futuro acquirente e la condivisione di appartenenza e affiliazioni lavorative con l’Assessore, che configurano un eclatante caso di conflitto di interessi multiplo e pervasivo;

3.      la decisione di alienare tutto insieme un patrimonio, che in questa quantità non potrà che risolversi in un “regalo”;

4.      l’aver, fin dalla sua iniziale concezione, reso di diritto privato le Federazioni Sovrazonali, a cui sarà affidata tutta la futura partita gestionale e degli acquisti (una anomalia contro cui si sono di recente pronunciati anche due Ministeri, senza tuttavia approdare per il momento  ad alcun risultato concreto);

5.      il carico di oneri passivi che deriverà successivamente quando gli immobili dovranno essere di nuovo riaffittati per poter svolgere l’attività sanitaria

 

 

sono indizi inequivocabili di una mostruosa distorsione delle finalità della Sanità pubblica, attraverso il passaggio immediato e non più reversibile ad una sanità privata, al di fuori di qualsiasi preventivo progetto, senza controlli o vigilanza di alcun tipo di parte pubblica.

 

Questa operazione appare come una efferata speculazione immobiliare, ben orchestrata da una quinta colonna all’interno delle istituzioni regionali, a doppio danno della collettività: da un lato, con l’esproprio forzoso di ingenti e preziosi beni pubblici, dall’altro con la completa scomparsa del Servizio Sanitario Regionale.

 

Un impoverimento colossale che pagheremo con i soldi delle nostre tasse e con la possibilità di ottenere prestazioni sanitarie, che si ridurrà drasticamente per chi non potrà permettersi di pagare le nuove tariffe o di sottoscrivere assicurazioni private – e sulla disponibilità generale di denaro in questi tempi non è necessario aggiungere nulla.

 

Cosa possiamo fare?

 

1)      far circolare questo documento tra i nostri contatti, sui luoghi di lavoro e in tutti i gruppi e associazioni di cui facciamo parte;

2)      prendere parte alle occasioni informative su cui vi ragguaglieremo tempestivamente e, come con il documento, invitare quante più persone a prendervi parte;

3)      impegnarci in prima persona a migliorare la Sanità e i Servizi, segnalando ciò che funziona e ciò che non funziona prima di tutto a chi eroga le prestazioni e in un prossimo futuro a noi (mail: giuliana.cupi@teletu.it), che abbiamo in animo di realizzare un monitoraggio delle stesse: lamentarsi in privato costituisce un comprensibile, ma sterile sfogo, puntualizzare le cose nella sede opportuna può influire anche in modo decisivo su eventuali cambiamenti. La Sanità, come ogni bene comune, appartiene a tutti noi, il che comporta il diritto di esigere trattamenti appropriati, ma anche il dovere di assumersi la responsabilità del suo andamento in prima persona.