PERCORSI DI ANALISI DEI PROCESSI DI GLOBALIZZAZIONE/8. Kosovo e petrolio... di Sabina Morandi

Cosa c'entra l'indipendenza del Kosovo con il petrolio del Kurdistan iracheno?  di Sabina Moranti

 

 

Dalle "bombe umanitarie" di Clinton alle crociate di Bush, come Washington ha sfruttato le sue guerre per controllare il pianeta.


Non bisogna essere esperti di geopolitica per capire che l'indipendenza unilaterale del Kosovo ha ben poco a che fare con la democrazia o con i diritti delle minoranze oppresse. Non è chiaro però per quale motivo la Nato abbia compiuto questo passo sapendo perfettamente che avrebbe potuto creare un pericoloso precedente per tutte le minoranze oppresse del pianeta e che sarebbe stata una grave provocazione nei confronti di Mosca, storica alleata dei serbi. In realtà, come spiega Pepe Escobar dalle pagine on line di Asia times , la saga del Kossovo ha a che fare con due cose molto importanti: la rete degli oleodotti e le 737 basi Usa dislocate nel pianeta. Per farla breve si può dire che, fin dal 1999, la politica balcanica di Washington ruoti tutta intorno all'oleodotto trans-balcanico (Ambo) e a Camp Bondsteel, la più grande e lussuosa base statunitense in Europa. Insomma, dall'imperialismo umanitario di Clinton alla guerra al terrore di Bush, la musica è sempre la stessa: Washington decide in base ai propri interessi e al resto del mondo non resta che raccogliere i cocci.

Non piacerà agli amici dei Clinton ma, in realtà, Belgrado e Baghdad hanno parecchio in comune. I 78 giorni di bombardamento massiccio della Jugoslavia che, nel ‘99, avrebbero dovuto sloggiare il "nuovo Hitler" (Slobodan Milosevic) sono stati il modello del bombardamento "colpisci e terrorizza" con cui, nel 2003, si sarebbe dovuto cacciare un altro "nuovo Hitler" (Saddam). Clinton ha demonizzato i serbi e utilizzato la Nato per aggirare la mancanza del mandato dell'Onu esattamente come ha fatto Bush nel 2003. Clinton ha attaccato l'ex Jugoslavia per espandere la Nato ai confini dell'ex Unione Sovietica, Bush ha attaccato l'Iraq per conquistare l'accesso agli ultimi grandi giacimenti. In entrambi i casi la militarizzazione e il controllo egemonico sono l'obiettivo delle operazioni e, in entrambi i casi, i risultati sono stati simili: la Jugoslavia è stata devastata, frammentata, balcanizzata e riordinata etnicamente in tanti mini-stati facilmente controllabili; l'Iraq è stato devastato, frammentato e spinto verso la pulizia etnica su base settaria e religiosa.

Secondo Hillary Clinton l'indipendenza del Kosovo è un trionfo della democrazia e «un successo della politica estera americana». Questo nuovo Stato "modello" riconosciuto solo da Usa, Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia, secondo Vladimir Ovtchinky, criminologo ed ex capo degli uffici russi dell'Interpol durante gli anni '90, è «uno Stato mafioso nel cuore dell'Europa». Lo governa Hashim Thaci, ex-comunista che, dopo aver abbracciato il socialismo nazionalista, divenne uno dei capi più giovani dell'Uck (l'esercito di liberazione del Kossovo) guadagnandosi il soprannome di "Serpente". Fu Madeleine Albright, allora Segretaria di Stato, a sdoganare il Serpente attribuendogli «il più radioso futuro» fra i kossovari che «lottano per la democrazia». Albright, oggi consulente per la politica estera di Hillary, non si fece problemi a finanziare un gruppo considerato una sorta di al-Qaeda balcanica specializzata in narcotraffico. Con il sostegno dell'intelligence statunitense e britannica, l'Uck venne addestrato dalle forze speciali di Londra mentre istruttori turchi e afgani (pagati dalla Cia) fornivano rudimenti sulle tecniche di guerriglia. Nel 1994 arrivò in Albania perfino bin Laden, e pare che al-Qaeda abbia ancora solide connessioni in loco.

Sul quotidiano russo Ogoniok , Ovtchinky racconta come i clan kosovari abbiano guadagnato il controllo del traffico di oppio e di eroina dall'Afghanistan e il Pakistan attraverso i Balcani fino all'Europa occidentale. Dalla fine degli anni Novanta parte dei proventi del narcotraffico (circa 750 milioni euro) sono stati utilizzati per comprare armi mentre il business del contrabbando si andava diversificando. Secondo l'Interpol e l'Europol, allargando i propri "interessi" anche al traffico di migranti e alla prostituzione su larga scala, le mafie kosovare hanno incassato non meno di 7,5 miliardi di euro solo fra il 1999 e il 2000. Pare che la mafia kosovara sia ormai così potente da indurre Come scrive Escobar: «Il coro autodefinitosi "comunità internazionale" però è improvvisamente ammutolito di fronte alla possibilità dell'indipendenza delle Fiandre dal Belgio, del nord di Cipro, della Repubblica serba di Bosnia e dei baschi di Spagna, per non parlare di Gibilterra o del Kashmir indiano (il Jammu Kashmir Liberation Front, sta già prendendo alcune iniziative)». Ma ci sono anche il Tibet, Taiwan, l'Abkahzia e il South Ossetia (entrambi in Georgia ed entrambi vicini alla Russia), oltre alla Palestina e al Kurdistan. Il Kossovo settentrionale stesso - ormai popolato solo da serbi - e la Macedonia occidentale non sembrano qualificati per diventare indipendenti. Allora perché il Kossovo? Ed ecco che entrano in gioco l'oleodotto Ambo e Camp Bondsteel.

Ambo sta per Albanian Macedonian Bulgarian Oil, entità registrata negli States per costruire un oleodotto da 1,1 miliardi di dollari (noto anche come Trans-balcanico) che dovrebbe essere ultimato entro il 2011 e portare il petrolio dal Mar Caspio a un terminal in Georgia. Da lì verrebbe trasportato via nave attraverso il Mar Nero fino al porto bulgaro di Burgas per poi attraversare la Macedonia fino al porto albanese di Vlora. La guerra della Nato voluta da Clinton contro la Jugoslavia era cruciale per l'accesso strategico a Vlora, dove il greggio verrà imbarcato sulle petroliere dirette alle raffinerie statunitensi sulla West Coast. Va detto che lo studio originale di fattibilità dell'Ambo, che risale al 1995, è stato condotto dalla Kellogg, Brown and Root, una sussidiaria dell'Halliburton, compagnia notoriamente vicina al vice-presidente Dick Cheney. L'Ambo si accorda infatti con la griglia energetica perseguita dal vice presidente (e, prima di lui, dal ministro per l'Energia di Clinton Bill Richardson) che dovrebbe assicurare agli Stati Uniti anche il petrolio delle ex-repubbliche sovietiche. Naturalmente la cosa può funzionare solo militarizzando massicciamente il "corridoio energetico" che parte dal Caspio e attraversa i Balcani, e isolando le potenze confinanti, ovvero Russia e Iran.

Ecco il perché di Camp Bondsteel, la più grande base statunitense oltreoceano dai tempi del Vietnam, costruita dalla stessa compagnia che ha progettato l'oleodotto (Kellogg, Brown and Root) su 400 ettari di terra (agricola) vicino al confine con la Macedonia. Camp Bondsteel è una specie di Guantanamo a cinque stelle, completa di campo da golf, centro di massaggi tailandesi e tonnellate di cibo spazzatura. Secondo quanto ha scritto Chalmers Johnson in "The Sorrows of Empire" «I veterani dicono scherzando che ci sono solo due artefatti che possono essere visti dallo spazio, la Grande muraglia cinese e Camp Bondsteel». Non sarà più una battuta quando verrà ultimato il raddoppio che trasformerà la base nell'Abu Ghraib del Kosovo: la più grande prigione del paese dove le persone possono essere detenute senza bisogno di formalizzare le accuse. Amputato dalla Serbia, il Kosovo non sarà altro che un protettorato europeo: i funzionari di Bruxelles confermano che migliaia di burocrati e ufficiali di polizia saranno schierati a fianco di più di 17 mila militari della Nato. Parecchi analisti europei (per non parlare di quelli russi) hanno paragonato la situazione attuale con i giochetti balcanici che, nel 1914, portarono allo scoppio della Prima guerra mondiale. Proprio come un secolo fa, l'Europa centrale, la Russia e i musulmani si scontrano nei Balcani, ma questa volta la sceneggiatura è statunitense.

Il primo contraccolpo l'hanno assaggiato i curdi iracheni, indotti a credere che il Kosovo fosse un precedente per la nascita di un Kurdistan indipendente. Esattamente come in Kossovo, anche nel Kurdistan iracheno al centro della scena c'è il petrolio (Kirkuk e i suoi oleodotti) e l'occupazione militare del territorio. Per spegnere sul nascere i sogni dei curdi, immediatamente dopo la proclamazione dell'indipendenza kossovara Ankara ha spedito 10 mila soldati oltre confine con l'aiuto dell'intelligence statunitense, per una campagna lampo terminata con il ritiro del 29 febbraio. Inizialmente le proteste del Governo regionale curdo di Ibril si sono fatte sentire. Il presidente Barzani ha scritto a Bush per chiedergli di fermare l'invasione. Durante i primi giorni dell'invasione il Governo regionale sottolineava gli sforzi fatti per «limitare le attività» dei ribelli del Pkk (il Partito dei lavoratori del Kurdistan). Il Pkk è solo una scusa, dicevano i leader curdi, perchè la Turchia vuole solo «impedire la nascita di uno stato indipendente».

Poi la musica è cambiata. Il primo ministro del governo curdo Nechirvan Balzani ha cominciato a sostenere che - malgrado i video e le numerose testimonianze - i turchi non hanno attaccato né le infrastrutture né i villaggi. In realtà l'invasione è stata una dimostrazione di forza - una specie di "colpisci e terrorizza" al rallentatore - da parte di un paese membro della Nato. Obiettivo della Turchia era minare la credibilità del governo regionale curdo e mostrare quanto sarebbe facile controllare la regione ricca di petrolio di Kirkuk. Così finisce il sogno dell'indipendenza del Kurdistan, sia per i curdi iracheni che per i 12 milioni che vivono in Turchia. Il premier del governo regionale curdo Balzani e l'attuale presidente dell'Iraq Talabani, ex signori della guerra perennemente in competizione, hanno già venduto il Pkk 15 anni fa, durante un'offensiva condotta insieme all'esercito turco. Entrambi promisero che non sarebbe più accaduto e invece è successo di nuovo: per i civili curdi, come i per civili kossovari, la vera indipendenza resta un sogno.

Liberazione, 19/3/08

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Ritratto di Anonimo

sabina sei grande...da taranto