Quando Basaglia incrociò Foucault e fece la rivoluzione coi matti, di Pierangelo Di Vittorio

                    

Franco Basaglia (1924-1980), psichiatra veneziano influenzato dalla fenomenologia e dall'esistenzialismo, nel 1961 scopre la durezza della realtà manicomiale e diventa il capofila del movimento di lotta contro gli ospedali psichiatrici sfociato nella legge 180 di riforma psichiatrica.
Michel Foucault (1926-1984), filosofo francese celebrato dopo l'uscita di Le parole e le cose e L'archeologia del sapere , intorno al ‘68 scopre la portata politica delle sue analisi sui rapporti tra potere e sapere; nel 1971 comincia a insegnare al Collège de France, sviluppando una serie di ricerche genealogiche (discipline carceraria e manicomiale, perizia psichiatrica, biopolitica, sessualità, arte di governo, liberalismo, tecnologie del sé) pensate come armamentari critici per le lotte concrete della gente.

Foucault e Basaglia, intellettuali le cui vite erano destinate a scorrere parallele, ignare l'una dell'altra. Invece, complice la congiuntura storica degli anni ‘60-‘70, queste vite non hanno smesso di convergere. Due vite che continuano a intrecciarsi nella complessa rete dei loro effetti critici e pratici.


Incontri al buio

Fuoriuscito dai binari della carriera universitaria, Franco Basaglia è un treno carico di curiosità filosofica deciso a comprendere fino in fondo la follia. Prima tappa a Gorizia, un paesaggio da fine del mondo. A volte i pazienti scappano e bisogna recuperarli in Iugoslavia perché il muro del manicomio sorge lungo la linea di confine. Ma di solito i pazienti non scappano. Infatti l'ospedale somiglia a una prigione nella quale vengono ammassati coloro che hanno perso addirittura il diritto a essere chiamati uomini. La prima esperienza di Basaglia è olfattiva, ricordo della prigione dove era stato detenuto durante la guerra per via delle sue frequentazioni antifasciste. Un tanfo di escrementi scuote il giovane direttore dell'ospedale: o faccio qualcosa o scappo anch'io.

In poco tempo è individuato il modello più innovativo di riforma del manicomio. Si tratta della comunità terapeutica realizzata da Maxwell Jones in Scozia. Comincia la sperimentazione, il paesaggio cambia. Vengono abolite le contenzioni fisiche e le terapie di shock, si organizzano le assemblee di reparto e plenarie, si aprono le porte dei padiglioni e i cancelli dell'ospedale.

La libertà circola, i ruoli tradizionali entrano in crisi, le contraddizioni emergono a grappoli.

Soprattutto gli internati prendono la parola e pongono quesiti radicali: contestano gli eccessi di potere all'interno dell'ospedale; contestano la logica di classe che li bolla come matti solo perché privi delle risorse economiche necessarie ad essere curati fuori del manicomio.

Contestano, infine, l'organizzazione sociale che li discrimina e li esclude facendo leva sul giudizio di un'innata pericolosità della loro malattia. La dinamica della contestazione scuote il manicomio dalle fondamenta. Ma piuttosto che essere repressa o manipolata, essa viene accolta dall'équipe di Gorizia e diventa forza collettiva per rovesciare il manicomio. In questo clima effervescente, la cupa realtà manicomiale si trasfigura. D'un tratto emerge il profilo ampio e frastagliato di una critica del manicomio e della funzione socio-politica della psichiatria.

Il 1961 è una data da ricordare: nello stesso anno in cui Basaglia arriva a Gorizia, Foucault pubblica La storia della follia nell'età classica . Sempre nel 1961 Erving Goffman dà alle stampe Asylums, la condizione sociale del malato di mente e di altri internati , mentre Franz Fanon pubblica I dannati della terra . Grazie all'iniziativa di Basaglia, uno squallido manicomio di provincia diventa il punto di collisione di una serie di analisi storiche, sociologiche e politiche, nate da esigenze diverse e condotte in modo del tutto indipendente l'una dall'altra. Il risultato è esplosivo, sia sul versante teorico che su quello pratico. Il volume di Basaglia L'istituzione negata (1968) fa conoscere a un vasto pubblico l'esperienza di Gorizia e consente di mettere la questione psichiatrica all'ordine del giorno delle preoccupazioni di carattere politico.


Il filosofo e lo psichiatra

All'inizio degli anni ‘60, Gorizia è un laboratorio avanzato di trasformazione della psichiatria.

Inaspettatamente si scopre l'esistenza di un network di ricerche e movimenti che convergono lungo l'asse di questa trasformazione. I percorsi di Foucault e Basaglia cominciano a rispecchiarsi. Prima da lontano, poi sempre più da vicino.

Nel 1971 Foucault rilascia un'intervista nella quale annuncia la costituzione del Gip (Groupe d'information sur les prisons). Incalzato dal giornalista della Presse de Tunisie , che non riesce a capacitarsi di come un filosofo possa aver deciso di gettare la penna per calarsi interamente nei panni del militante, Foucault esprime senza reticenze il contraccolpo traumatico della ricezione della Storia della follia da parte dei movimenti della cosiddetta "antipsichiatria" (Laing e Cooper, Basaglia).

Pur non essendo indirizzato a loro, questi psichiatri hanno visto nel suo libro una giustificazione storica delle loro azioni pratiche e se ne sono impossessati. «Allora diciamo che sono un po' geloso e che adesso vorrei fare le cose io stesso. Piuttosto che scrivere un libro sulla storia della giustizia, che in seguito sarebbe ripreso da altre persone che rimetterebbero praticamente in discussione la giustizia, vorrei cominciare da qui e poi, chissà!, se vivo ancora e non sono finito in prigione, ebbene scriverò un libro».

Alla fine il libro ci sarà. Ma Sorvegliare e punire esce nel 1975, dopo un lungo silenzio editoriale. Con un tono molto basagliano, Foucault insisterà spesso sul ruolo giocato dalle voci dei detenuti nell'elaborazione della sua ricerca.

Grazie alla pubblicazione postuma dei corsi al Collège de France, sappiamo ormai che l'interesse di Foucault per la psichiatria non si è mai spento. Al contrario, il ritorno più deciso e consapevole, dopo il ‘68, a uno stile di ricerca genealogico, che cioè indaga i rapporti tra i meccanismi di potere e le forme di sapere, coincide con i corsi dedicati alla nascita del manicomio ( Il potere psichiatrico, 1973-74 ) e dell'individuo anormale e pericoloso ( Gli anormali, 1975-76 ).

Bisogna inoltre ricordare che Foucault si è concentrato per diversi anni sullo studio della perizia psichiatrica nei seminari ristretti organizzati a margine dell'insegnamento ufficiale al Collège de France.
A un certo punto accarezzò persino l'idea di scrivere un libro sull'argomento, dopo aver promosso un importante lavoro d'archivio su un celebre caso di "monomania omicida" nel XIX secolo, pubblicato nel 1973 con il titolo Io Pierre Rivière, avendo sgozzato mia madre, mia sorella e mio fratello . Tra i nomi degli studiosi coinvolti nella ricerca spicca quello di Robert Castel, che nel 1976 pubblicherà un fondamentale lavoro di sociologia storica intitolato L'ordine psichiatrico, l'epoca d'oro dell'alienismo , salutato da Foucault come un evento.


Manicomi come campi di battaglia

Sul finire degli anni ‘60, Castel era entrato in contatto con Basaglia instaurando con lui, nel periodo triestino, un grande sodalizio umano e intellettuale: La gestion des risques, de l'antipsychiatrie à l'après-psychanalyse , pubblicato nel 1981, sarà dedicato alla memoria dell'amico da poco scomparso.

Castel ha senz'altro giocato uno speciale ruolo di passeur tra il Collège de France e Trieste, fluidificando il corridoio sotterraneo che, nel corso degli anni ‘70, ha messo in circolazione le ricerche di Foucault e gli esperimenti di Basaglia. Basti ricordare che fu proprio Castel, su invito di Basaglia, a domandare a Foucault un intervento per il volume Crimini di pace (1975).
Il saggio di Foucault venne pubblicato con il titolo "La casa della follia". Solo nel 2003, con la pubblicazione del Potere psichiatrico , si è scoperto che il suo saggio non era altro che una versione leggermente rimaneggiata del résumé di quel corso. Ma è soprattutto la lettura del corso che produce un effetto straniante, in particolare per chi abbia condiviso o studiato l'esperienza di Basaglia.

Foucault analizza il dispositivo manicomiale come un campo di battaglia nel quale, attraverso una serie di manovre e di tattiche, si cerca di assoggettare la follia annullando la forza del delirio attraverso la somministrazione intensiva di un principio di "realtà". Non solo, per Foucault il fenomeno isterico è una forma di controcondotta che si pone come la sola possibilità di resistenza nei manicomi ottocenteschi, l'unico modo per sfuggire al destino della demenza. Perciò Foucault saluta le isteriche come i veri militanti dell'antipsichiatria. La vertigine prodotta dalla lettura di questo corso deriva dalle sensazioni contrastanti che suscita: pur consapevoli di essere catapultati agli albori della psichiatria moderna, si è come sopraffatti dalla convinzione che, magari tra le righe, Foucault stia parlando anche dell'esperienza di Basaglia, da Gorizia a Trieste.

 

Radicalismo etico e politico

L'originalità di Basaglia è di aver investito sulla forza della follia piuttosto che neutralizzarla attraverso vecchi e nuovi stratagemmi. Questo approccio rese possibile un'inedita alleanza tra i tecnici e le voci radicali degli internati che cercavano di uscire dall'inferno ponendo il problema politico del modo in cui venivano governati, e a quale prezzo, nelle nostre società.
In tal senso, l'operazione di Basaglia fu una contromanovra esemplare rispetto non solo alla logica manicomiale, ma più in generale alla storia della gestione medico-politica della follia, dall'alienismo alla comunità terapeutica.

Senza saperlo, tra il 1973 e il 1974, Michel Foucault ha offerto al pubblico del Collège de France l'intimo resoconto dell'esperienza in fieri di Franco Basaglia.


Due specchi per un'immagine

Una certa idea di radicalità è il punto in cui i percorsi di Foucault e di Basaglia, confondendosi, delineano un unico movimento che fa segno verso un nuovo modo di articolare la dimensione etica e quella politica.

La fine degli anni ‘70, con il riflusso dell'impegno politico e l'avanzata del modello neoliberale, li coglie in situazioni molto diverse, la qual cosa rende particolarmente significativa la loro ultima e definitiva convergenza. Il primo è reduce dal reportage in Iran e dalla svolta che lo porterà, negli anni successivi, ad occuparsi essenzialmente di etica. Il secondo ha invece riportato il successo della legge 180, ma non si stanca di denunciare le insidie dei nuovi dispositivi biopolitici di salute mentale.

Entrambi rifiutano sia il modello rivoluzionario che quello riformista, vedendovi due modi diversi di squalificare e mettere sotto tutela le lotte concrete della gente. Questo rifiuto non coincide però con una flessione dell'impegno politico a favore di un atteggiamento più pragmatico. Se entrambi insistono sulla dimensione soggettiva del militantismo è perché ritengono importante caratterizzare un aspetto fondamentale delle lotte specifiche degli anni ‘60-‘70.

La radicalità del movimento antistituzionale italiano, per esempio, non va cercata tanto a livello delle sue opzioni ideologiche o delle sue credenziali politiche, quanto a livello delle sue implicazioni etiche. Non c'è trasformazione - dice Basaglia in una delle conferenze tenute in Brasile nel 1979 - se questa trasformazione non è anche una trasformazione di sé.

Nel momento stesso in cui Foucault prova a pensare una nuova forma di spiritualità politica, Basaglia non rinuncia genericamente alla rivoluzione. Cerca invece di salvarla, mentre vede richiudersi gli spazi di manovra aperti negli anni ‘60-‘70. Si pone delle domande che, qualche anno dopo, riecheggeranno forti e chiare nel corso di Foucault L'ermeneutica del soggetto (1981-82).

Come si diventa militanti? Quale percorso soggettivo bisogna compiere per convertirsi alla rivoluzione? Alla fine, i due specchi comunicanti hanno cominciato a riflettere la stessa immagine. Le loro domande illuminano i contorni di un work in progress che è anche la chance di un nuovo soggetto etico e politico.

Questo saggio è stato pubblicato sulla rivista on line www.diogenemagazine.com

Commenti

Ritratto di Bea

La cultura italiana insieme ai "meccanici" del settore devono compiere un opera appofondita direi quasi di filologia per metter alla luce cosa veramente accadeva in quelle strutture;poichè sappiamo benissimo tutti noi che quelli erano luoghi creati ad hoc per tenere fuori dalla visione della società il malato, il pazzo, colui che destava vergogna, paura, emerginato.Ora appurata questa dimensione di pura esigenza "sociologica" di creare questi luoghi dobbiamo sapere cosa venisse fatto oltre all'elettro-shock. Sono sicurissima anzi ne ho avuto conferme dirette,che in quei luoghi, non si poteva parlare di conservazione dei diritti fondamentali e inalienabili dell'uomo, questi concetti erano ben lontani dalla realtà. Questo ci deve fare riflette su cosa intendevano psichiatri come il Chiarugi, per cura del malato, anzi per malato stesso. dietro all'iposcrisia di tante conferenze e tanti meeting di luminari del tempo c'era una costante aberrazione del sè umano, della ragione se così la possiamo appelare in quei luoghi, ma comunque ragione è; prprio per questo trovo paradossale la non-ragione della psichiatria-psicologia del tempo attuata negli ospedali psichiatrici; tantochè tale "disciplina" la considero meramente vaga e distante da qualsiasi fonte di verità...ed anche oggi molto spesso lontana e evaniscente in molti contesti. la psicologia risiede in ognuno di noi sta a noi darne una giusta struttura.