Una "vecchia" poesia

La ballata di Alì

Fagotto gettato

Tela di sacco riempita

di sorrisi sdentati, di occhi

arrossati, ormai miopi

offesi da orizzonti contratti

di angusti spazi

di puzzo invernale, di mani

annerite e tagliate da lame

di fosfati schiumosi e catrami

Mucchio di sogni riverso

sul marciapiede gelato

fumante di fogna

 

L' hanno soccorso cadavere

una mattina di morta:

(dopo otto ore) un lunedì

di sports, di chiacchiere calde al caffè

Hanno detto di lui

(di bocca in bocca): “un coltello

della sua gente

ha reciso la vena"

squarciato il cappotto

donato, strappata la maglia di lana

comprata sui banchi di Porta Palazzo

 

Riverso, tra curiosi e Ufficiali

il ventre sfondato

le viscere nere

ammuffite di dentro

Fu travolto la notte, dal giovane

figlio di un padre, educato

sigillo futuro del rigido

intreccio di vie regolari

(Romano fu il lascito, Sabauda l'inerzia)

L’auto, prodotto lungimirante

non colse, indispettita, lo spazio

bruciato come il potere ereditato

Non guardò indietro, l'altro

passò una mano sulle cosce

fasciate di seta, della donna

scappò un sorriso imbarazzato:

in bocca il sapore non era di cipolle e montone

(ma un alito fresco di fiore)

Su quel grigio straccione

non si è aperta un'inchiesta

: il suo nome era Alì

  "morto di rissa"

Dell'auto non si seppe più nulla

: la comoda pelle e il legno

  i gadgets e le luci sono testimoni 

  del serale fruscio di un potere di seta

Torino, 1991