"Le ragioni dell'aragosta" da giovedì 20 a Biella

Da Giovedì 20 settembre e fino a domenica 23 presso il Cinema d'essai "Verdi" di Candelo sara proiettato in anteprima locale il nuovo film di Sabina Guzzanti. Di seguito un'intervista alla brava ed impegnata attrice-regista.

 

«Le mie aragoste dicono dal basso si può fare»
di Roberta Ronconi da "Liberazione"

Perché Michael Moore va in concorso a Cannes (e vince) e Sabina Guzzanti invece è ospitata a Venezia dal - meritevolissimo, per questo ed altro - spazio collaterale delle Giornate degli autori? E' la prima domanda urgente che ci viene da porre dopo aver guardato Le ragioni dell'aragosta , ieri in anteprima nazionale - e, ovviamente, mondiale - qui al Lido di Venezia. Un film non solo di grandi meriti, ma che se presentato in concorso avrebbe avuto anche il pregio di risollevare l'immagine decisamente sbiadita, sinora, della presenza italiana al Festival.
La seconda domanda è: quali sono le ragioni del gustoso crostaceo?
Alla prima, Sabina Guzzanti non è in grado di darci una risposta («Due anni fa con Viva Zapatero! sono arrivata a Venezia quasi clandestinamente, quest'anno invece gli Autori mi hanno invitata in modo ufficiale. E sono già molto contenta così»).
Alla seconda questione, quella sulle aragoste, la risposta è un po' più composita. E ci porta nel vivo di questa strana avventura sulle coste occidentali della Sardegna, paese di Su Pallosu, dove un gruppo di pescatori rischia di vedere cancellata la propria ragion d'essere (e la propria fonte di sostentamento) per mancanza di materia prima: le aragoste in quel pezzo di mare infatti non si riproducono più. Non ne hanno il tempo, per via della mancanza di regolamentazione nella pesca a traino e a causa degli agenti inquinanti che bruciano la vita del mare.
Un problema piccolo piccolo, che coinvolge qualche centinaio di persone. Ma che Guzzanti decide di utilizzare in chiave allegorica: magari, ragionando un attimo, parlando con il presidente della regione Soru da una parte e i pescatori dall'altra, una soluzione si trova. Basta trovare il tempo di parlarsi, basta usare un po' di raziocinio. Basta, soprattutto, avere ancora la voglia di impegnarsi, di mettersi in gioco per qualcosa. Fossero anche due ceste di crostacei e quattro pescatori immalinconiti. Da qualche parte bisogna pur cominciare. O no?
Non è un documentary, né un mockumentary, né tantomeno un rockumentary. Le ragioni dell'aragosta è un film dall'inizio alla fine, pura fiction e con una struttura di ferro. Vera la premessa dei pescatori in crisi con le aragoste, falso tutto il resto. Falso lo spettacolo al centro del racconto, una sorta di happening che Sabina mette in piedi chiamando tutti i suoi ex compagni di "Avanzi" a raccolta per sostenere la lotta dei pescatori; falsa la messinscena; false le premesse e anche le conclusioni. Falso come un reality show, ma con l'obiettivo di scoprirne le carte. Lo stesso meccanismo usato da Brian De Palma nel suo Redacted qui a Venezia in concorso. E lo stesso obiettivo: usare la distorsione del racconto televisivo per riappropriarsi di ciò che è nostro, di ciò che è reale, anche se mediato da una finzione.

Guzzanti, passiamo ai fatti. Come ti è venuta in mente un'idea del genere? A quale bisogno avevi urgenza di rispondere?
Dopo Viva Zapatero! e soprattutto la fine traumatica di "Raiot", mi sono trovata circondata da un numero impressionante di persone che chiedevano a me, una comica, cosa potevano fare loro, cosa si poteva fare insieme per cercare di cambiare le cose. Su tutti aleggiava un senso di impotenza e allo stesso tempo di urgenza di fare qualcosa in prima persona. Ma cosa, come, dove? Le ragioni dell'aragosta partono da qui.

Il film sembra avere una struttura tonda, a lungo studiata. Come hai proceduto nella lavorazione e nella scrittura?
In realtà i pezzi si sono incastrati strada facendo. Ho iniziato lavorando singolarmente con gli attori, Loche, Reggiani, Leone, Masciarelli, Fassari, che avevano un compito estremamente difficile: recitare se stessi. Ed essere, ciascuno, portatore di una crisi. Intorno al loro lavoro ho iniziato a scrivere la sceneggiatura, di cui però i protagonisti non sapevano assolutamente nulla.
E' come se avessi voluto mettere in scena la crisi che ciascuno di noi vive oggi nell'impegnarsi ancora, nel credere che si possa ancora fare qualcosa, partendo dal basso, magari da una situazione piccola e apparentemente insignificante.
E' esattamente quello che intendevo fare. La crisi dei personaggi è anche la mia che ogni volta che mi impelago in un impegno politico poi mi domando: ma chi me lo fa fare, tanto non serve a niente... Invece non è vero, serve. E il film lo dimostra.

Già, perché la cronaca ci racconta che poi quei pescatori hanno ricevuto una sovvenzione straordinaria dalla regione. Merito tuo?
Non credo proprio. Però è un fatto che quando di un problema parlano i media e si fa un po' di rumore magari qualcosa accade. Il problema è che i media non parlano più di nulla.

Tra i protagonisti del film c'è Gianni Usai, personaggio vero, ex operaio di Mirafiori poi fondatore di una cooperativa di pescatori in Sardegna.
Conosco Gianni da moltissimi anni. La sua figura nel film è fondamentale. Non solo perché è pescatore, ma anche perché è stato operaio alla Fiat. E quella storia lì, di quelle battaglie e del sindacato, è fondamentale nel mio racconto. Lo sintetizza bene Trentin quando dice: quando i padroni avranno licenziato tutti i sindacalisti non ci sarà più nessuno a saper portare avanti una trattativa, a saper dire di no. E' esattamente quello che è successo.

Ti sei scelta come direttrice della fotografia Caroline Champetier, ex operatrice per Godard, per Straub. Una scelta non da poco.
Avevo bisogno di lei, del suo sguardo, proprio per quella necessità di recuperare la realtà dalla finzione. E lei è una che ci crede, che guarda dentro la macchina fino a che non vede trapelare dalle immagini la verità delle cose.

Nostalgia dei tempi di "Avanzi"?
No, anche se a quei tempi potevamo fare cose che ora non ci sognamo nemmeno. Nessuna nostalgia, ma una constatazione. Qui oggi con me ci sono attori e comici bravissimi che lavorano solo a qualche fiction. L'Italia è il paese dei talenti mandati al macero, l'unico paese in cui, se sei bravo, ti vengono segate le gambe subito. Ma oggi preferisco guardare avanti e, come dice la morale delle mie "aragoste", provare ancora ad esserci e ad agire.


05/09/2007