Intervista a Mustafa Barghouti. Così sarà la nuova intifada.
Barghouti: così sarà la nuova Intifada.
I diritti di un popolo, la sua lotta e la paura dell'isolamento. Resistenza popolare e nonviolenta: dopo la vittoria di Bilin, porteremo la protesta anti-Muro in altri 70 villaggi. Non vivremo nei bantustan, se Israele continua così si va verso lo stato unico. Si vince solo con la solidarietà: l'Italia stracci il trattato di cooperazione militare con Tel Aviv.
di Michelangelo Cocco
Mustafa Barghouti è il leader palestinese che più di ogni altro s'identifica con la società civile. Il fondatore di Mubadara, che ha ottenuto circa il 20% dei voti alle ultime elezioni presidenziali, ha trascorso un paio di giorni in Italia, dove ha incontrato i principali leader del centrosinistra e preso parte al Comitato centrale della Fiom. La sua visita di ieri alla redazione del manifesto è stata l'occasione per fare il punto sulla resistenza nonviolenta in Palestina, dopo che l'Alta corte israeliana ha dato ragione agli abitanti di Bilin, il villaggio della Cisgiordania dove un'inedita coalizione di contadini, attivisti di Stop the wall, anarchici israeliani e militanti internazionali ha riportato un'importante vittoria: il muro, lungo un tratto di
Perché considerate tanto importante la vittoria degli abitanti di Bilin?
Gaza però sembra intrappolata in una spirale repressione-resistenza armata-repressione. Sì, ma anche la gente di Gaza ammira ciò che stiamo facendo. La differenza tra Bilin e altre iniziative è che altri dicono «la resistenza armata non va bene», ma non forniscono alternative. L'Anp dichiara che la sua lotta è il negoziato, che però non è una battaglia, può essere solo il risultato di una lotta. Noi stiamo dimostrando che esiste una forma diversa di lotta che è tuttavia certamente una resistenza. Tutti hanno visto che le forze d'occupazione ci hanno picchiati più volte, io stesso sono stato ferito in due occasioni da proiettili di gomma. La resistenza nonviolenta è la forma di lotta più efficace, non meno eroica, meno rivoluzionaria di altre.
La gente di Hamas ha partecipato alla resistenza di Bilin? Alcuni, non in gran numero. Ma in altri villaggi, come ad Aboud, ce ne sono di più. Hamas si sta evolvendo. Quando ero membro del Governo d'unità nazionale mi chiamarono a tenere una lezione a Gaza sulla resistenza nonviolenta e l'importanza della Comunità internazionale.
La prima intifada vide come protagonista la società civile, la seconda la resistenza armata. Cosa vede in futuro? La nostra democrazia è in pericolo: Hamas minaccia la libertà d'espressione e d'associazione a Gaza, Fatah chiude le ong in Cisgiordania e restringere le libertà civili. Daremo un ruolo ancora più forte alla società civile. Militarizzare la seconda intifada è stato un grave errore e per questo Bilin è così importante, perché mostra il potere della nonviolenza. Dieci, venti, 70 Bilin, così nascerà la nuova intifada.
Fatah ripete come un mantra: «due popoli, due stati», mentre ormai lo stato palestinese sembra impraticabile. Hamas non esplicita una strategia. In realtà sulla strategia tra i due gruppi c'è una sola differenza, cioè che gli islamisti non vogliono dire che riconoscono Israele fino a quando lo Stato ebraico non accetterà di stabilire i confini dello Stato.
L'Italia è il quarto partner commerciale d'Israele. Ci inviterebbe al boicottaggio? Il boicottaggio è molto efficace da un punto di vista psicologico, più che economico, perché fa sentire isolato il paese colpito. Ma se non si vuole boicottare Israele, un paese come l'Italia, che rispetta i diritti umani e il diritto internazionale, almeno non dovrebbe avere alcuna cooperazione militare con lo Stato ebraico. Perché l'Italia fa compravendita di armi con Israele, che viola il diritto internazionale, pratica l'apartheid e uccide quattro bambini palestinesi a settimana? Almeno smettete di lavorare con questa macchina da guerra e sanzionate l'establishment militare israeliano.
Dove porteranno gli incontri tra Olmert e Abu Mazen che escludono dalle decisioni gran parte dello spettro politico palestinese? Ripetono gli stessi errori di Oslo: un accordo temporaneo che, nel 1999, avrebbe dovuto portare a una soluzione definitiva. Siamo nel 2007, ciò che doveva essere temporaneo è diventato permanente. Israele continua un'annessione territoriale de facto con la costruzione del Muro, l'annessione di terra, l'espansione degli insediamenti. Non è stato rimosso nemmeno un posto di blocco, al contrario sono stati ingranditi. Hanno rilasciato 250 prigionieri e al loro posto hanno messo dietro le sbarre 400 persone.
il manifesto, 12/9/07
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