Mumbai, il mostro allo specchio. Una riflessione di Arundhati Roy sugli attentati di Mumbai.
Abbiamo perso il diritto alle nostre tragedie. Mentre il massacro di Mumbai infuriava, giorno dopo giorno, i nostri canali di informazione ci dicevano che quello a cui stavamo assistendo era l'11 settembre dell'India. E come gli attori di un film di Bollywood che fa il verso ad un vecchio successo di Hollywood ci si aspetta che noi recitiamo le nostre parti e declamiamo i nostri versi, anche se sappiamo che tutto è stato detto e fatto prima.E mentre la tensione nella regione continuava a crescere, il senatore americano John Mc Cain avvertiva il Pakistan che se non avesse agito in fretta e arrestato gli "uomini cattivi", lui aveva informazioni riservate che l'India avrebbe lanciato attacchi aerei contro i "campi dei terroristi" in Pakistan e che Washington non poteva fare nulla perché quello che era accaduto a Mumbai era l'11 settembre dell'India.Ma novembre non è settembre, il 2008 non è il 2001, il Pakistan non è l'Afghanistan e l'India non è l'America. Forse quello che dovremmo fare è riappropriarci della nostra tragedia, cercare fra le macerie e con i nostri cervelli e i nostri cuori infranti trarre le nostre conclusioni.
E' strano come nell'ultima settimana di novembre migliaia di persone in Kashmir, sorvegliate dalle truppe indiane, si siano messe in fila per votare, mentre i ricchi quartieri della città più ricca dell'India finivano di assomigliare a quelli stravolti di Kupwara, uno dei distretti più devastati del Kashmir. Gli attentati di Mumbai sono solo i più recenti di una serie di attacchi terroristici contro le città indiane condotti quest'anno. Ahmedabad, Bangalore, Delhi, Guwahati, Jaipur, e Malegaon sono solo alcune delle città che hanno subito attentati nel corso dei quali centinaia di persone sono state uccise o ferite. Se la polizia ha ragione, tutte le persone arrestate come sospette, sia musulmani che hindu, sono tutti cittadini indiani, il che significa che qualcosa di terribilmente sbagliato è accaduto in questo paese.Se stavate guardando la televisione magari non avrete sentito che anche molte persone semplici sono state uccise a Mumbai. Sono state sterminate in una stazione ferroviaria e in un ospedale pubblico, i terroristi non hanno distinto tra ricchi e poveri. Hanno ucciso entrambi con lo stesso sangue freddo.I media indiani sono stati fulminati dall'onda di terrore che si intravedeva attraverso le baracche lucenti dell'India scintillante e spargeva la sua puzza sui marmi e le sale da ballo di due incredibili hotel di lusso e in un piccolo centro ebraico.. Ci dicono che uno di questi hotel è una icona della città di Mumbai. Questo è assolutamente vero. E' l'icona della oscena ingiustizia che gli indiani subiscono tutti i giorni. Nello stesso giorno in cui i giornali erano pieni dei necrologi di persone stupende che parlavano delle magnifiche stanze dell'hotel dove erano stati, dei ristoranti che amavano (ironicamente uno di questi si chiamava Kandahar) e delle persone che vi lavoravano, in un piccolo riquadro sulla parte alta delle pagine nazionali (sponsorizzato credo da una compagnia che vende pizze) si leggeva "Hungry, kya ?" ("Fame eh?"). Informava i lettori, sono sicura con le migliori intenzioni, che nella classifica internazionale della fame l'India si trovava dietro a paesi come Sudan e Somalia. Ma chiaramente questa non era quella guerra. Una guerra che si continua a combattere nei quartieri dei dalit dei nostri villaggi, sugli argini dei fiumi Narmada e Koel Karo, nelle piantagioni di gomma di Chengara, nei villaggi di Nandigram, Singur, Chattisgarh, Jharkhand, Orissa, Lalgarh nel West Bengala; e negli slum e bidonville delle nostre magalopoli.
Quella guerra non va in televisione. Non ancora. Così forse come fanno tutti dobbiamo affrontare quella che vediamo.
Il terrorismo e il bisogno del contestoC'è una feroce e indimenticabile frase che ricorre nei discorsi di oggi sul terrorismo. Da una parte (chiamiamola parte A) ci sono coloro che vedono il terrorismo, specialmente quello "islamico", come qualcosa di odioso, insano, un flagello che ruota su un suo asse, in una sua orbita e che non ha niente a che fare con il mondo che lo circonda, nulla a che fare con la storia, la geografia o le politiche economiche. Per questo la parte A, nel tentativo di trovargli un posto nel contesto politico, o anche per provare a capirlo, arriva fino a giustificarlo. E questo è un crimine di per sé. La parte B crede invece che siccome nulla può giustificarlo e spiegarlo, il terrorismo esiste in un particolare momento, posto e contesto politico e rifiutarsi di vedere ciò può solo aggravare il problema e mettere in pericolo sempre più persone. E anche questo è un crimine in sé.
Hafiz Saeed, che ha fondato Lashkar-e-Taiba (l'armata dei puri) nel 1990 e che appartiene all'ala dura della tradizione Salafi dell'islam, sicuramente va a spostegno della parte A. Hafiz Saeed approva gli attacchi suicidi, odia gli ebrei, gli sciiti, la democrazia e crede che la jihad deve essere portata avanti fino a quando l'islam, il suo islam, governi il mondo. Tra le cose che ha detto: «Non ci può essere pace fino a quando l'India resta intatta. Tagliateli, tagliateli fino a che si inginocchieranno davanti a voi chiedendovi pietà». E ancora: «L'India ci ha indicato questa via. Noi vorremmo rispondere all'India occhio per occhio uccidendo hindu, proprio com'è successo ai musulmani in Kashmir».Ma dove troverà posto nella parte A quanto ha detto Babu Bajrangi di Ahmedabad che si vede come un sincero democratico, e non un terrorista? Egli è stato uno dei principali pilastri del genocidio nel Gujarat del 2002 ed ha dichiarato (in televisione): «Non abbiamo risparmiato un solo negozio musulmano, abbiamo incendiato tutto... abbiamo sprangato, bruciato ... crediamo nel dare loro fuoco in quanto questi bastardi non vogliono essere cremati, hanno paura di questo... ho un ultimo desiderio... condannatemi a morte, non mi importa se mi impiccherete, solo concedetemi due giorni prima di farlo e andrò in Juhapura dove centinaia di queste persone vivono... e li sterminerò... lasciate che ancora qualcuno di loro muoia, devono morirne almeno tra i 25mila e i 50 mila».(...) Naturalmente i musulmani non sono state le sole persone nel mirino della destra hindu, anche i dalit sono stati spesso presi di mira. Recentemente in Kandhamal nell'Orissa, sono stati i cristiani vittime di due mesi e mezzo di violenze che hanno provocato la morte di almeno 40 persone, mentre 40mila sono state cacciate dalle loro case, metà delle quali ora vive in campi profughi.(...) Babu Bajrangi, in ogni caso, è libero su cauzione e vive una vita rispettabile nel Gujarat. Alcuni anni dopo il massacro ha lasciato il Vishwa Hindu Parishad (una delle milizie del Rss, il nucleo ideologico del Bjp, Bharatiya Janata Party, il partito dei fondamentalisti hindu, ndr ) e si è unito al Shiv Sena (un altro dei partiti nazionalisti di destra). Narendra Modi, uno dei maestri di Bajrangi, è ancora il primo ministro dello stato del Gujarat. E' lui l'uomo che ha indagato sul genocidio nel Gujarat, è stato rieletto due volte ed è uno degli uomini più rispettati dalle grandi corporation indiane, come Reliance e Tata. Suhel Seth, un impresario televisivo, ha recentemente dichiarato: «Modi è Dio». I poliziotti che hanno supervisionato e alcune volte aiutato gli assalti delle bande hindu nel Gujarat sono stati premiati e promossi. L'Rss ha 45mila sedi e 7 milioni di volontari che predicano la dottrina dell'odio attraverso l'India. Tra questi ci sono Narendra Modi, ma anche l'ex primo ministro A. B. Vajpayee, l'attuale leader dell'opposizione L. K. Advani, e tanti altri politici, burocrati poliziotti e agenti dei servizi. E se questo non fosse abbastanza per complicare l'immagine della nostra secolare democrazia, dobbiamo anche registrare che ci sono moltissime organizzazioni musulmane che predicano in India la loro chiusa visione bigotta. E quindi, se devo scegliere tra la parte A e quella B io opto per
L'abbraccio mortale dell'odio, la familiarità terrificante e l'amoreIn questo subcontinente nucleare, il contesto è la divisione. La linea Radcliffe che separa India e Pakistan e che divide stati, distretti, villaggi, comunità, territori, acquedotti, case e famiglie venne tracciata virtualmente in una notte. Fu il regalo di addio che
Fu una magnifica promessa, ma i predecessori di Baby Bajrangi hanno lavorato duro e sin dal 1920 hanno istillato veleno nel sangue dell'India, minando quell'idea di nazione prima ancora che nascesse. E nel 1990 erano pronti per prendere il potere. Nel 1992 bande di hindu esortate da L. K. Advani presero d'assalto Babri Masjid (la storica moschea della città di Ayodhya, al centro di una annosa disputa tra musulmani e hindu, ndr ) e la demolirono. Nel 1998 il Bjp era al potere.
Ecco il contesto storico del terrorismo in questo subcontinente e dei recenti attacchi di Mumbai.
(...) Così come fece dopo l'attacco al Parlamento nel
Al giorno d'oggi provare a identificare la provenienza di un attacco terroristico e isolarlo entro confini ben precisi di una unica nazione è un po' come provare a identificare la provenienza delle finanze delle grandi corporation. E' quasi impossibile. In circostanze come queste, raid aerei per eliminare i campi dei terroristi potranno cancellare i campi, ma non elimineranno certamente i terroristi. E non ci riuscirà neanche una guerra. Proviamo con un sforzo morale a non dimenticarci che il movimento di liberazione delle Tigri del Tamil, del vicino Sri Lanka, uno dei gruppi più micidiali tra i terroristi, fu addestrato dall'esercito indiano.
Liberando FrankensteinGrazie in larga parte al ruolo che ha dovuto giocare come alleato dell'America, prima nella guerra a sostegno degli islamisti afghani e poi in quella contro di loro, il Pakistan, il cui territorio vacilla grazie a queste contraddizioni, sta scivolando verso una guerra civile. Come reclutatore di agenti per la jihad americana contro l'Unione Sovietica, l'esercito pakistano e l'Isi hanno nutrito e deviato fondi verso le organizzazioni fondamentaliste islamiche. Dopo aver dato la carica a questi Frankenstein e averli lasciati liberi nel mondo, gli Usa pensavano di poterli controllare come e quando volevano. Sicuramente non si aspettavano di vederli arrivare al cuore del sistema l'11 settembre. Così ancora una volta l'Afghanistan andava violentemente rifatto. Ora le macerie del ri-devastato Afghanistan sono finite sui confini del Pakistan.Nessuno, nemmeno il governo pakistano, nega che siamo davanti ad un paese che rischia di implodere. I campi di addestramento per terroristi, il fiato dei mullah, e i maniaci che credono che l'islam debba, o dovrebbe, regnare sul mondo sono il detrito di due guerre afghane. Gli effetti di tutto questo ricadono sul governo pakistano e sulla sua popolazione, così come sull'India.Se ora l'India decidesse di andare alla guerra forse il precipitare di tutta la regione nel caos sarebbe completo. Le macerie di un Pakistan distrutto e alla bancarotta arriverebbero sulle coste dell'India mettendoci in pericolo come mai siamo stati. Se il Pakistan crollasse, possiamo prevedere che avremo come vicini milioni di "non-state actors" con un arsenale di armi nucleari a loro disposizione. E' difficile capire perché coloro che sono al timone dell'India siano così propensi a replicare gli errori del Pakistan e invitino gli Stati Uniti a continuare ad immischiarsi in modo goffo e pericoloso nei nostri molto complicati affari. Una superpotenza non ha mai degli alleati. Ha solo dei servitori. Inoltre andare in guerra oggi è il modo migliore per l'India per evitare di affrontare i seri problemi che si stanno presentando sul fronte interno.Gli attentati di Mumbai sono stati trasmessi in diretta (e in esclusiva!) su tutti o quasi i nostri 67 canali di informazione e dio solo sa da quanti a livello internazionale. I conduttori televisivi dai loro studi e i giornalisti a "ground zero" hanno inondato l'etere di commenti. Per tre giorni e tre notti abbiamo guardato stupefatti come un piccolo gruppo di giovani uomini armati di fucili e cose simili abbiano tenuto in scacco la polizia, l'elite delle guardie della sicurezza nazionale, i commandos della marina di quella che dovrebbe essere una minacciosa potenza nucleare.
Mentre facevano questo, hanno massacrato indicriminatamente delle persone disarmate nelle stazioni ferroviarie, negli ospedali e hotel di lusso, incuranti della classe sociale, casta, religione o nazionalità. (...) La noncuranza con cui uccidevano questi terroristi ragazzini, e il disinteresse rispetto alla possibilità di essere uccisi, hanno colpito l'intera platea internazionale. Hanno inviato un messaggio assai diverso dai soliti attentanti suicidi e attacchi missilistici a cui la gente è ormai assuefatta. Qui c'era qualcosa di nuovo. Die Hard
Danni collateraliQuando diciamo "Nulla giustifica il terrorismo", quello che molti di noi pensano è che nulla giustifica la perdita di una vita umana. Diciamo questo perché rispettiamo la vita, perché pensiamo che è un bene prezioso. Quindi cosa dobbiamo pensare di coloro ai quali non importa nulla di togliere una vita, nemmeno la propria? La verità è che non abbiamo la più pallida idea di cosa fare di costoro, perché sentiamo che ancora prima di morire, queste persone sono andate in un altro mondo dove noi non possiamo raggiungerli. Un canale tv (India Tv) ha trasmesso una conversazione telefonica con uno dei terroristi che si faceva chiamare "Imran Babar". Non posso garantire sulla veiridicità della conversazione, ma le cose che ha detto erano uguali a quelle contenute nelle e-mail che erano state inviate prima di altri attacchi in India. Cose di cui non vogliamo più parlare: la demolizione di Babri Masjid nel 1992, il genocidio di musulmani nel Gujarat del 2002, la brutale repressione in Kashmir.
«Siete circondati» gli ha detto il conduttore, «morirete quasi sicuramente. Perché non vi arrendete?». «Moriamo ogni giorno» ha risposto in modo strano e meccanico. «E' meglio vivere un giorno da leoni e morire in questo modo». Non sembrava che volesse cambiare il mondo. Sembrava che volesse portarselo giù con lui. Se vermente questi uomini erano membri del gruppo Lashkar-e-Taiba, perché non gli importava nulla del fatto che una larga parte delle vittime fosse musulmana, o del fatto che le loro azioni avrebbero determinato dei seri contraccolpi per la comunità musulmana in India per cui sostenevano di combattere? Il terrorismo è una ideologia senza cuore, e come tutte le ideologie che hanno occhi solo per il Grande Obiettivo, gli individui non entrano nei loro calcoli se non come danni collaterali.
E' sempre stato parte, e spesso anche obiettivo, della strategia terrorista di esacerbare una brutta situazione al fine di esporne i lati nascosti. Il sangue dei martiri irriga il terrorismo. I terroristi hindu hanno bisogno di hindu morti, i terroristi comunisti hanno bisogno di proletari morti, i terroristi islamici hanno bisogno di musulmani morti. I morti diventano la dimostrazione, la prova del vittimismo, che è centrale nel progetto. Un singolo atto di terrorismo non ha l'obiettivo di conquistare una vittoria militare: vuole essere un catalizzatore per innescare qualcos'altro, qualcosa di molto più grande dell'atto in sé, un movimento sismico, un riallineamento. L'atto in se stesso è teatro, spettacolo e simbolo e oggi il palcoscenico sul quale mettere in scena quest'atto di bestialità è
(...)
Il mostro allo specchioDetto questo, cosa dobbiamo fare degli attacchi di Mumbai?Qualcuno sostiene che la strategia Usa ha avuto successo rilevando che gli Stati Uniti non hanno subito nuovi attacchi sul loro territorio dopo l'11 settembre. Ma qualcuno potrebbe dire che l'America oggi soffre molto di più.Se l'idea dietro agli attacchi dell'11 settembre era quella di spingere l'America a mostrare il suo vero volto, quale miglior successo potevano augurarsi i terroristi? L'esercito americano è impantanato in due guerre che non si possono vincere e che hanno fatto degli Stati Uniti d'America la nazione più odiata del mondo. Quelle guerre hanno contribuito pesantemente alla crisi economica americana e chissà, forse dell'impero. Centinaia di migliaia di persone, tra cui migliaia di soldati americani, hanno perso le loro vite in Iraq e in Afghanistan. Gli attentati terroristici contro alleati/servitori degli americani e i loro interessi sono aumentati in modo drammatico dopo l'11 settembre. George W. Bush, l'uomo che ha guidato la risposta Usa agli attentati dell'11 settembre, è l'uomo più disprezzato nel mondo ma anche tra la sua gente. Chi può onestamente sostenere che gli Stati Uniti stiano vincendo
Terroristi come quelli che hanno attaccato Mumbai difficilmente si fanno disinnescare dalla prospettiva di essere arrestati senza possibilità di cauzione o essere condannati a morte. Anzi è quello che vogliono. Quello che stiamo sperimentando oggi è un contraccolpo, un risultato complessivo dei decenni di facili soluzioni e sporchi accordi. Il tappeto scricchiola sotto i nostri piedi.
L'unico modo di contenere, sarebbe naif dire "porre fine", al terrorismo è guardare il mostro che è nello specchio. Siamo arrivati ad un bivio. Un segnale dice "Giustizia" l'altro "Guerra civile". Non ci sono altri segnali e non si può tornare indietro. Scegliete.
Commenti recenti