CUBA SI MONTI NO

Cuba: “Mai più il capitalismo”


Nello scorso fine settimana, alla presenza di oltre 800 delegati di tutto il paese, si è celebrata nella storica cornice del Palazzo delle Convenzioni de La Habana, la Prima Conferenza Nazionale del Partito Comunista Cubano decisa nel VI Congresso dell’aprile scorso. A conclusione dei lavori, il Primo Segretario del Partito Raul Castro Ruz ha rivolto con estrema chiarezza un messaggio a quanti, fuori da Cuba, si illudevano o in maniera non disinteressata auspicavano che la Conferenza segnasse l’inizio dello smantellamento politico e sociale della Rivoluzione reclamando la restaurazione del modello multipartitico.

Tralasciando quindi gli “illusi” e le “illusioni” e analizzando le questioni reali sul tappeto, è bene partire dal dato che la prima Conferenza Nazionale dell’organizzazione è stata pianificata per cominciare una prima verifica sulla concreta attuazione delle linee di perfezionamento socio-economiche adottate dal VI Congresso, a nove mesi di distanza dal suo svolgimento. “La missione di questa Conferenza è riassumere il frutto dei criteri, delle opinioni e dei suggerimenti di centinaia di migliaia di militanti e far sì che si trasformino in obiettivi di lavoro, impegni e orientamenti per garantire il completo compimento degli accordi del VI Congresso del Partito e soprattutto le Tesi di Politica Economica e Sociale del Partito e della Rivoluzione”, ha dichiarato il secondo segretario del PCC, José Ramón Machado Ventura, aprendo l’importante incontro dei comunisti cubani.

Il dibattito ha preso in esame il ruolo del Partito nella direzione e nel controllo sistematico del processo di attualizzazione e di implementazione del modello economico e la necessità di rendere il lavoro del Partito stesso sempre più dinamico, stimolando il confronto ma anche la battaglia politica di fronte a schemi e atteggiamenti burocratici, a vecchi vizi, come l’improvvisazione, il formalismo, la falsa unanimità e l’opportunismo. Nel suo intervento conclusivo, Raul ha ribadito che non è esistita e non esisterà mai una rivoluzione senza errori, perché sono opera di uomini e popoli che hanno dovuto affrontare e misurarsi con enormi e smisurate minacce. Così come non si può pensare che le decisioni prese dalla Conferenza nazionale e dal VI Congresso possano costituire la soluzione magica ai problemi di Cuba e proprio per questo andranno sottoposte a verifica due volte l’anno dal Burò Politico e dei comitati provinciali e comunali dell’organizzazione.

Fondamentale quindi è il lavoro a cui è chiamato il Partito, i compiti nuovi e la necessità di una chiara distinzione dei ruoli nella direzione del Partito, del Governo, dello Stato e delle imprese. La confusione e la duplicazione dei ruoli ha prodotto in passato rallentamenti e difetti sia nel lavoro politico che deve compiere il Partito che nell’autorità e nei compiti dello Stato e del Governo, perché  con questo approccio anche i funzionari finiscono con il non sentirsi responsabili nelle loro decisioni.

Liberare quindi il Partito da tutte le attività che non corrispondono al suo carattere di organizzazione politica, a partire dalle funzioni amministrative. Chiamare ognuno a svolgere i propri compiti in base alla propria collocazione è l’orientamento che è stato assunto dal Congresso e ribadito nella Conferenza, a partire dal maggiore impegno che viene assegnato ai dirigenti delle imprese che in un modello meno centralizzato e legato a specifici obbiettivi di produzione, per contribuire a una maggiore efficienza del sistema economico, dovranno prendere decisioni e assumersi maggiori responsabilità.

Infine è bene ricordare che un importante documento teorico e politico del Partito Comunista di Cuba sulla natura e la funzione di un partito comunista nelle sfide di questa fase storica (che abbiamo tradotto e pubblicato sui nostri siti), è stato posto come base di discussione della Prima Conferenza di organizzazione. La versione iniziale del documento base, è stata discussa in 65.000 riunioni dei nuclei del Partito e nei comitati di base della UJC (Unione dei Giovani Comunisti), ha prodotto più di un milione di opinioni con modifiche e cambi di obbiettivi che sono stati presi in esame dagli 811 delegati della Conferenza.

Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, recita la conosciuta massima, ma avremmo gradito che almeno per una volta, al solito coro dei soliti sordi, non si unisse la sempre più sbandata e confusa informazione di sinistra. E non stiamo parlando del “mitico” Omero Ciai de La Repubblica che di sinistra non è mai stato e che inventa notizie basate sul nulla, come spunto per poter parlar male di Cuba. Questa volta (ne parliamo in un altro articolo su Contropiano) la notizia è la presunta conversione di Fidel Castro alla religione cattolica. Peraltro molti comunisti non solo cubani, ma dell’intero continente latino-americano sono cristiani, cattolici o di altre religioni e non vediamo dove sia il problema.

E’ invece poco sopportabile la continua distorsione dei fatti e delle scelte politiche del PC cubano, che in modo più sottile, indiretto, ma non meno subdolo leggiamo ad esempio sulle pagine del Manifesto. Non si capisce, dato che è lì, a quali fonti attinga il corrispondente all’Avana di questo giornale, visto che contro ogni evidenza continua a raccontarci come ha fatto durante il VI Congresso di un Partito impegnato nell’attuazione di riforme, aperture al mercato, perestroike o al contrario come ci dice oggi a commento della Conferenza Nazionale di mancate aperture, di obbiettivi non raggiunti, della “asfittica economia cubana” o della crisi di egemonia politica nella società.

L’unica spiegazione a tutto ciò va forse ricercata nella disperazione di una sinistra eurocentrica che ha perso la bussola e non sapendo indicare alcuna prospettiva di trasformazione se la prende con chi, anche nelle difficoltà di questa fase, difende e preserva le conquiste della Rivoluzione e del socialismo. In conclusione, non se ne abbiano a male i manipolatori della grande stampa occidentale, continuino pure ad illudere con le loro campagne anti cubane, ma  le scelte e i fatti che giungono dall’isola sono altri e ci sembra molto chiari.

“Rinunciare al principio di un solo partito, ha detto Raul, equivarrebbe, semplicemente, a legalizzare il partito o i partiti dell’imperialismo in suolo patrio e sacrificare l’arma strategica dell’unità dei cubani che ha fatto realtà dei sogni di indipendenza e giustizia sociale per i quali hanno lottato tante generazioni di patrioti, da Hatuey fino a Cespedes, Martì e Fidel.” E’ sempre più viva, quindi, la volontà di preservare la nazione cubana e le conquiste economiche e sociali sul vincolo dell’indissolubile unità tra la Patria, la Rivoluzione e il Socialismo, per “migliorare il sistema socialista e non permettere mai il ritorno del regime capitalistico”.

rete dei comunisti