FACCIAMO FRONTE?
Il Manifesto per un nuovo soggetto politico pubblicato qualche giorno fa, ha il merito di aver aperto il dibattito su un problema politico intorno al quale ci arrovelliamo e ci dividiamo da anni. Ne sono indice le reazioni di De Magistris, Castellina, Rossanda e altri, di cui condivido gran parte delle critiche. Non ritengo però che i dissensi debbano oscurare la necessità di discutere del problema centrale posto dal manifesto stesso.
Innanzitutto a me pare necessario costruire un nuovo spazio pubblico della democrazia, che si ponga l’obiettivo di diffondere il potere e non di concentrarlo. Così come ritengo necessario costruire un nuovo soggetto politico – di sinistra – che metta l’accento sull’inclusione, sulla struttura confederale e non piramidale. Ovviamente ritengo necessarie anche tante altre cose: che nell’attuale furibonda lotta di classe scatenata dall’alto occorra schierarsi da una parte; che occorra dar vita ad una soggettività politica che si opponga al neoliberismo con l’obiettivo di uscire da sinistra dalla crisi; che occorre rovesciare il disegno costituente del governo Monti dando vita ad una opposizione costituente. Ritengo cioè necessario costruire una sinistra di alternativa che determini un processo di aggregazione politica ma anche un processo di costruzione di una soggettività di massa, che superi l’atomizzazione e l’isolamento, la disperazione sociale. Non si tratta cioè solo di costruire un nuovo soggetto politico, si tratta di aggregare un sentire comune più largo, un “nuovo movimento operaio”. Esemplificando occorre fare in tutta Italia quello che è stato fatto in Val di Susa, dove l’opposizione alla TAV è stata il punto di partenza per la costruzione di una nuova soggettività sociale e politica che non esisteva prima. Un processo costituente per l’appunto, che uscendo dalla asfissiante dialettica tra berlusconiani ed antiberlusconiani, scompagini le carte interloquendo a 360° con quel 90% di popolazione italiana che viene colpita dalla crisi. Condivido quindi l’esigenza di dar vita ad un processo di aggregazione antiliberista basato sulla partecipazione non burocratica e sul protagonismo dei soggetti.
Una soggettività politica di tal fatta, per essere efficace, deve avere dimensioni quantitativamente maggiori rispetto alle attuali forze politiche di sinistra ma anche caratteristiche qualitativamente diverse dai progetti finora in campo. Anche per questo non può avere le caratteristiche classiche del partito. Oggi i modi e le forme in cui gli uomini e le donne fanno politica è assai variegata e non è possibile ricomprendere questa articolazione attraverso la sola forma partito. Il problema è costruire una forma politica unitaria antiliberista che rispetti i percorsi e le autonomie – individuali e collettive – e le valorizzi costruendo una sinergia tra di esse. Per questo condivido l’idea di una soggettività politica confederata, articolata e - aggiungo io - unitaria. Per centinaia di migliaia di uomini e donne oggi è pensabile far politica solo all’interno di un soggetto che sia percepito come unitario. A me pare che i processi rivoluzionari latinoamericani - che segnano indubbiamente il punto più avanzato di lotta per l’uscita dal neoliberismo - parlino di questo: non l’idea del partito unico ma la costruzione di fronti, coalizioni, convergenze. Lo stesso linguaggio parlano alcune delle esperienze più interessanti che si possano incontrare in Europa: da Izquierda Unida in Spagna al Front de Gauche francese, che si sta caratterizzando come la vera novità politica delle presidenziali d’oltralpe e che fa esplicito riferimento all’esperienza latinoamericana. In tutte queste esperienze – di cui segnalo l'internità all’esperienza della Sinistra Europea - convivono partiti, associazioni, movimenti, singole persone che trovano nella formula del “fronte” una appartenenza non soffocante. Uomini e donne, compagni e compagne che trovano uno spazio comune di cui sentono un grande bisogno, senza che questa appartenenza diventi totalizzante, esclusiva. In qualche modo occorre costruire una forma organizzata che abbia soglie d’ingresso “più basse” di quelle di un partito e possa quindi avere una efficacia maggiore nell’organizzazione di una partecipazione politica di massa.
Se questo è vero, è necessario rivolgere questa proposta politica al complesso dei soggetti che in questi anni si sono mossi a sinistra. Sul piano sociale penso ai lavoratori e alle lavoratrici che hanno animato in conflitto di classe in Italia. Penso al popolo dell’acqua pubblica e dei beni comuni. Penso ai precari del movimento No Debito come al popolo NO TAV. Così come sul piano politico penso alle forze politiche che si oppongono al governo Monti, dall’IdV a Sel alla Federazione della Sinistra e a tutte le formazioni alla sua sinistra. Per costruire un nuovo soggetto politico che non sia l’ennesimo partito tra gli altri, occorre allargare la sfera dei soggetti sociali e politici a cui la proposta è rivolta. Non può lasciare fuori dalla porta la questione di classe e la Fiom, così come non può non coinvolgere le forze politiche che oggi fanno politica a sinistra. Se il punto fondante di un nuovo soggetto è la densità partecipata di un nuovo spazio pubblico, le modalità della sua costruzione non possono che essere coerenti con questo principio. Sottolineo il carattere radicalmente democratico che dovrebbe contraddistinguere una soggettività politica come quella che propongo. Le centinaia di migliaia di uomini e donne che potenzialmente potrebbero ritrovarsi in un soggetto unitario della sinistra antiliberista devono poter decidere sul serio, sulla base del principio "una testa un voto" e anche attraverso strumenti di democrazia diretta come il referendum sulle scelte fondamentali.
Da ultimo il problema del pluralismo nella costruzione del nuovo soggetto politico. Come ho sottolineato, condivido il punto centrale della proposta pur senza condividere il manifesto nel suo insieme. Voglio però sottolineare che le differenze che vedo – e anche quelle che intravedo – sono molto rilevanti ma non tali da indurmi a ritenere impossibile il progetto di un percorso comune nel suo carattere partecipato e quindi unitario. La scommessa che abbiamo di fronte oggi non è quella di mettere insieme chi la pensa nello stesso modo su tutto. Questo ha dato vita ad una miriade di organizzazioni ad al contemporaneo ridursi degli appartenenti alle stesse. La scommessa odierna è quella di costruire – sulla base di una prospettiva antiliberista - uno spazio pubblico plurale in grado di portare al confronto e all’impegno politico quelle centinaia di migliaia di persone che oggi vogliono impegnarsi. Non vedo contraddizioni al fatto che a questo processo possano partecipare gli iscritti e le iscritte a Rifondazione Comunista, i sindaci e i movimenti No Tav della Val di Susa, i compagni e le compagne delle diverse sinistre sindacali o gli scout che hanno partecipato alla campagna per l’acqua pubblica. Occorre costruire un progetto unitario a cui ognuno ed ognuna possa partecipare a partire dalla propria esperienza e della propria organizzazione. Da comunista mi sono battuto contro la liquidazione di Rifondazione Comunista; lavoro per lo sviluppo del suo progetto politico, per la sua qualificazione e per la crescita della sua dimensione di partito sociale. Non vedo contraddizione tra questo impegno e la possibilità di portare il nostro punto di vista dentro una soggettività più larga. Il punto di fondo oggi consiste nell’accettazione della parzialità di ogni nostra esperienza politica e quindi la comprensione della necessità della coalizione, dell’aggregazione plurale, che definisca l’essenziale che ci unisce per lasciare fuori dalla porta quello che ci divide. Sottolineo questo aspetto perché sono troppo numerosi i tentativi falliti di costruire il soggetto politico “nuovo” per poi riprodurre il peggio dei vizi politici che vogliamo superare. Io penso che il difetto stia nel manico: solo una forma politica articolata e rispettosa delle differenze – di posizioni ma anche di modi e ambiti di fare politica – può oggi determinare un processo di aggregazione antiliberista. Ogni altro processo che si ponga in modo esclusivo e non inclusivo come il “vero” soggetto nuovo ed unitario, è destinato a ricostruire recinti che producono frustrazioni più che liberare soggettività.
A partire da queste considerazioni la proposta che avanzo è quella di aprire una discussione tra i promotori del manifesto, i soggetti politici esistenti e tutti i compagni e le compagne interessati ad una prospettiva unitaria. Ritengo infatti che la cosa più ridicola che può succedere a sinistra sia la proposizione di diversi progetti unitari tra loro in concorrenza. Guardo con speranza alle esperienze del Front de Gauche o di Izquerda Unida e mi piacerebbe pensare che qualcosa di simile sia possibile farlo anche in Italia.
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