Italia. Che accade nell’estrema destra italiana, xenofoba e razzista, tra i nostalgici di Alleanza nazionale in vista anche del voto europeo e chi cavalca i «Forconi» e il sociale per costruire un soggetto «rivoluzionario»
I confini dell’estrema destra in Italia risultano assai labili e incerti almeno dal 1993, da quando Silvio Berlusconi si schierò a fianco dell’allora segretario missino Gianfranco Fini candidatosi a sindaco di Roma. Per averne un’idea basterebbe guardare agli schieramenti elettorali. Si arrivò addirittura nelle elezioni politiche del 2006 a un sistema di alleanze del centro-destra che dall’Udc di Marco Follini arrivava a comprendere la Fiamma tricolore di Luca Romagnoli, passando per Alternativa sociale di Alessandra Mussolini, con al proprio interno Forza nuova. Non un caso isolato. Così è stato più volte anche per le elezioni amministrative sia a livello regionale sia comunale. Un continuo mescolarsi, con aree e componenti dichiaratamente nostalgiche del fascismo, collocatesi per altro anche direttamente all’interno di Alleanza nazionale, prima, di Forza Italia e del Pdl, poi, come della Lega. Un tratto caratteristico delle destre italiane in nulla assimilabili a quelle conservatrici europee.
Detto questo il quadro attuale delle formazioni dell’estrema destra, pur assai variegato, potrebbe essere ricondotto a due diverse aree: una più classica, si potrebbe dire di stampo politico-istituzionale, e una seconda con esplicite connotazioni antisistema.
Gli istituzionali
Nell’area politico-istituzionale due, al momento, sono i poli che in competizione fra loro si stanno contendendo l’eredità di Alleanza nazionale. Da un lato i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, Ignazio La Russa e Guido Crosetto, con la recente aggiunta dell’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, che insieme hanno costituito Officina per l’Italia, dall’altro La Destra di Francesco Storace postasi a capo di uno schieramento assai composito (Movimento per l’Alleanza nazionale) che spazia dall’ex ministro delle Risorse agricole Adriana Poli Bortone, all’ex capogruppo di An al Senato Domenico Nania, al nipote di Pinuccio Tatarella, Fabrizio, passando per i residui di Futuro e libertà e della Fiamma tricolore (che ha appena assorbito pezzi di Alba dorata Italia). Siamo nel campo dei nostalgici di Alleanza nazionale e ancor prima dell’Msi. L’ipotesi di fondo sarebbe quella di provare a riprendersi, almeno in parte, lo spazio elettorale di un tempo. La posta in gioco fra i due contendenti non verte unicamente sulla leadership ma in misura rilevante sui diritti di proprietà del consistente patrimonio di An, svariati immobili e conti correnti milionari riversati allo scioglimento nella fondazione omonima e mai transitati nel Pdl. Un fondo gigantesco derivante in primis dalle vecchie proprietà missine, frutto a volte di generose donazioni provenienti dalla vecchia nobiltà nera italiana. Ad aggiudicarsi il primo round sono stati i Fratelli d’Italia che, in maggioranza nella fondazione, si sono anche appropriati della titolarità del vecchio simbolo da esibire nelle prossime elezioni europee. Con ogni probabilità, tra contestazioni e ricorsi, il tutto proseguirà in qualche aula di tribunale.
Casa Pound e Forza nuova
Diversa è invece la natura della competizione in corso sull’altro versante dell’estrema destra italiana, quello senza alcuna speranza elettorale (a partire dalle europee), ma che ama presentarsi con un profilo «rivoluzionario» e «antagonista». Anche qui due le sigle a contendersi il medesimo spazio: Forza nuova e Casa Pound.
Più di uno comunque i tratti in comune, più di quanto si pensi, a partire dal modello individuato nel primo movimento fascista del 1919–1920. Da qui l’idea delle «minoranze attive» come possibili protagoniste della storia (una storia magari da forzare con l’uso della violenza), l’avversione alla democrazia e alle istituzioni parlamentari, l’intransigenza, i comportamenti «trasgressivi» e «futuristi», una sorta di identità antiborghese, ma anche il culto della giovinezza.
Diverso è semmai il modo di rideclinare il tutto nel presente. Più rozzo e di tipo organizzativistico il tentativo messo in atto da Forza nuova, più attento alle suggestioni culturali quello di Casa Pound.
Forza nuova ha cercato in questi ultimi anni, con pochissimi successi, di relazionarsi perfino con movimenti e proteste sociali, provando, tra l’altro, anche a entrare nel comitato a sostegno del referendum per l’acqua pubblica e addirittura nelle lotte del movimento No-Tav, venendo sempre respinta.
L’unico vero risultato è stata, prima, una marginale presenza, due anni or sono, nell’originario movimento dei Forconi, quindi una partecipazione alle mobilitazioni del dicembre scorso, finite con una rottura: da una parte
Forza nuova con il leader siciliano Mariano Ferro, dall’altra il resto del comitato promotore con Casa Pound. Il fiasco della manifestazione nazionale indetta a Roma per il 18 dicembre ha per il momento raffreddato gli animi.
La Lega della terra
Dal canto suo Forza nuova, puntando sempre a un riscontro di tipo movimentistico, ha anche dato vita alla cosiddetta Lega della terra, null’altro che un’associazione collaterale, guidata dall’ex coordinatore di Pavia del partitino di Roberto Fiore, Daniele Spairani.
Il piano per l’agricoltura che è stato alla fine elaborato dalla Lega della terra è stato denominato «Piano Fenice», dal simbolo de La Fenice, sempre caro a tutti i neofascisti, significativamente già utilizzato dai colonnelli golpisti in Grecia nel 1967, raffigurante il mitico uccello che «rinasce dalle proprie ceneri».
Lega della Terra, guarda caso, è la traduzione letterale di Landbund, dal nome del partito agrario tedesco che avversò la Repubblica democratica di Weimar e successivamente sostenne il Partito Nazionalsocialista (ossia Hitler) alle elezioni tedesche del 1933.
Vale la pena ricordare che il nazismo ebbe fra i suoi miti anche quello della ruralità, basato sul principio dei legami fra Sangue e Suolo, Blut und Bund.
Walther Darré, il teorico di questa «ecologia razzista» viene così oggi riscoperto da Forza nuova. Sembrerebbe sia la Sicilia il territorio ove Forza nuova intenderebbe in questo momento concentrare i propri sforzi.
«Fuori gli immigrati»
Casa Pound, invece, dopo le cocenti sconfitte elettorali del febbraio scorso, in particolare nel Lazio e a Roma (poco meno dello 0,8%), dove puntava a un risultato significativo, se non l’elezione di un proprio rappresentante in Campidoglio, ha virato recentemente con decisione verso lidi ancora più radicali.
Due gli avvenimenti: un incontro ufficiale a Roma con una delegazione di Alba dorata greca e l’immersione nel movimento dei Forconi partito il 9 dicembre. Riguardo all’incontro con Alba dorata va rilevato come l’iniziativa nel dicembre scorso sia stata preparata in pompa magna con l’affissione di migliaia di manifesti nella Capitale e che da parte del vicepresidente di Casa Pound Andrea Antonini (150 i presenti nella sede centrale di via Napoleone III) si sia sottolineata la condivisione in toto del «programma politico di Alba dorata». Programma che al primo punto, come è stato detto nell’incontro dallo stesso Apostolos Gkletsos del comitato centrale di Alba dorata, recita senza equivoci: «Fuori gli immigrati!».
Ancora qualche mese fa Alba dorata aveva cercato un rapporto politico con Casa Pound, assai tentennante, a differenza di Forza nuova, ad allacciare una relazione dato il profilo neonazista dell’interlocutore greco. Ora sembrerebbe che non vi siano più difficoltà. Uno scenario nuovo.
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