Il 6 ottobre tutt* a Bologna in difesa degli spazi sociali!

Bologna è qui e comincia adesso


Dal Devoto - Oli
ruspa
<rù-spa> s.f.
1. Macchina per l’escavazione superficiale del terreno, che agisce mediante una robusta lama concava, destinata a incidere e asportare spazi sociali per decentrarli o demolirli a seconda della necessità. 2. non com. Rastrellamento del terreno alla ricerca di lavavetri: andare alla r.; arc., anche, il profitto ricavato dal Comune dalla mancata concessione data ai soggetti sociali di liberare qualsivoglia luogo fisico oltre ferragosto. [ Der. di governance | sec. XXI ] PD ©

Ruspe alla mano il sindaco di Bologna ha inteso la partecipazione come strumento di dialogo con se stesso. Credevamo fosse una piccola anomalia locale, capitata più per sfiga che altro…ennesima previsione funesta. In pochi anni un nuovo «modello emiliano» si è diffuso su scala nazionale e da anomalia sta diventando norma.

In superficie, una migrazione «invisibile» di corpi e desideri si lascia alle spalle le mura di una città divenuta incapace di sognare, di agire il proprio presente, di pensarsi diversa.

In mezzo, spazi sociali, spazi liberati, spazi di democrazia. Senza erigere «argini» che delimitassero un dentro/fuori, il linguaggio dei desideri ha continuato a declinare, sottotraccia, un modello di autogoverno della città. Un lessico che parla di beni comuni, di nuova cittadinanza, di un’alternativa possibile.

Sopra, la città degli uffici dove si lavora a progetto e dei ristoranti dove si lavora in nero. La città delle banche che prestano fondi solo a chi lavora a tempo indeterminato e delle imprese che decentrano la produzione all’estero; delle case, vecchie e care, che alimentano la rendita immobiliare e dei centri commerciali dove compri tutto attraverso un’esistenza «a rate»…ma solo all’inizio del mese. La città che ha paura di sé, delle sue trasformazioni e del proprio futuro; che per questo ha bisogno di individuare colpevoli in chi può vedere, indicare e punire «pubblicamente»: il più debole.

Sotto, la città degli spazi «pubblici». Luoghi stratificati dove, attraverso un’assemblea o un dibattito, assumi un’altra prospettiva possibile; dove la redazione di una rivista metropolitana s’incrocia con un mercatino dei prodotti equo & solidali. La città che dibatte, s’incontra nelle differenze, declina un’idea di «comune», parla di libertà, pratica la liberazione. La città dei writers e dei graffiti sui muri, che in Europa vengono esposti nei musei o trasformano la città stessa in un’opera d’arte. La città universitaria, dove nei corridoi, nelle piazze e negli spazi autogestiti, le idee nascono e circolano più che nelle aule, producendo nuovi linguaggi, stili di vita, saperi…ricchezza sociale. La città multietnica, che riempie le strade di colori, suoni e odori diversi tra loro e che ogni tanto, persino a Bologna, ti fa ancora sentire cittadino del mondo.
La città di sotto è questo e molto altro, ma soprattutto, la città di sotto è il «futuro a colori» della città di sopra…

un flusso continuo di desideri che attraverserà le strade di Bologna sabato 6 ottobre

…le strade di Bologna come di Copenhagen, dove nello stesso giorno un altro corteo, sorto dalle macerie dell’Ungdomshuset, aprirà un nuovo spazio da cui far partire nuove storie e nuovi inizi.
Una presa di parola collettiva per rivendicare la città come bene pubblico e come spazio comune liberamente attraversabile e fruibile da tutti/e. Per parlare di forme di autogoverno del territorio da parte dei soggetti che lo vivono e lo attraversano, dei diritti di cittadinanza per un precariato sociale che ancora dalla cittadinanza rimane escluso e di una città accogliente e solidale che mette al bando le forme di razzismo e di criminalizzazione del diverso. Un corteo per parlare di spazi pubblici e spazi sociali come elementi da cui partire per riprogettare le metropoli. Per raccontare e riaffermare la liberazione dei luoghi come pratica di autogoverno della città.
Tutto questo lo diremo con gioia ma anche con rabbia, nella convinzione cha la chiusura degli spazi di conflittualità sociale rappresenti oggi il vero rischio per la democrazia e nella convinzione che da qui ripartiamo per non tornare più indietro.

6 ottobre, Bologna
Per riaffermare la liberazione di spazi sociali come pratica di autogoverno delle città!
Per difendere i nostri desideri e abbattere le barriere del securitarismo!
Per iniziare a costruire un’alternativa possibile!
Perché siamo irriducibili alla miseria del presente!