Per abolire l'ergastolo. L'appello per superare l'ergastolo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

L’appello del comitato per l’abolizione

Perché oggi in Italia è necessario superare l’ergastolo

Nell’estate 2006, dopo tanti anni, è stato approvato l’indulto, liberando migliaia di carcerati per far fronte al sovraffollamento delle prigioni. Tuttavia, alcuni (pochi) hanno giustamente osservato che non si sarebbe mai raggiunto un tale sovraffollamento, se la magistratura di sorveglianza avesse applicato diversamente la legge penitenziaria (la Gozzini), e non avesse quasi ignorato l’istituto della libertà condizionata. Ossia, se non avesse lasciato, spesso, solo sulla carta, come specchietto per le allodole, quei benefici promessi dalla legge, pur in una logica strettamente premiale.

In tanti, poi, salvo incredibilmente dimenticarsene o pentirsene il giorno dopo l’indulto, avevano giustamente detto che questo atto doveva essere la condizione materiale per intervenire successivamente su tre leggi (droga, immigrazione, recidiva) varate dal precedente governo Berlusconi, leggi che creavano una situazione insostenibile, ingiusta, inefficace, sovraffollante. Ma le possibilità offerte dall’indulto sembrano già vanificate. Il fatto è che l’Italia, di emergenza in emergenza e in nome della sicurezza, malgrado la stabilità dei tassi di criminalità, è in una condizione di «avanguardia giudiziaria», con pene tra le più alte d’Europa e con il mantenimento indiscusso dell’ergastolo.

Se non si parte da questo problema centrale del sistema penale italiano, persino tutte le proposte fatte intorno all’indulto, per quanto giuste, risultano essere scarsamente rilevanti, poichè non riescono neppure a farsi strada di fronte alle resistenze che incontrano tra le forze politiche di destra e di sinistra.

L’ergastolo, in particolare, nasce come sostituto della pena di morte. Non nasce per ragioni umanitarie ma, come per tutte le altre pene detentive, per ragioni di efficienza: le torture e le esecuzioni, troppe volte promesse, ormai non potevano più essere tutte attuate.

Perciò non facevano più paura, diceva Beccaria. La detenzione invece avrebbe garantito una pena certa in quanto realizzabile, quindi avrebbe svolto una funzione deterrente; e l’ergastolo avrebbe fatto più paura di una incerta promessa di morte e avrebbe segnato una sorte peggiore.

L’ergastolo è, dunque, la nuova «pena capitale». E siccome anche nel regno delle pene, se non cambiano le cose nella «capitale», al centro, sarà poi difficile cambiarle nelle sue province e periferie, ecco che questo ignorato centro determina complessi meccanismi che diventano resistenze e boomerang quando si vuole ritoccare il sistema a partire da qualche punto periferico. L’Europa se n’è accorta e in gran parte ne ha preso atto, non attuando più o abrogando il «fine pena mai» (o meglio «fine pena: 31 dicembre 9999», come dice il computer). L’Italia no. In Italia anzi, con i suoi 1250 condannati, l’ergastolo permette di non mettere in discussione aspetti scomodi del passato e di coprire gli interessi presenti che vi si sono costruiti sopra. Un aspetto utile di queste 1250 persone è quello di mostrare la faccia severa dello Stato, nascondendone un’altra. Gli ergastolani sono i capri espiatori di un sistema che premia e garantisce una relativa impunità (spesso scandalosa) a un numero sempre maggiore di collaboratori di giustizia, i cosiddetti «pentiti ». D’altra parte gli stessi premi ai «pentiti» fanno parte di un più vasto sistema di trattamento simile, riservato a tutti i detenuti dalla legge penitenziaria: come condizione per avere dei benefici sotto forma di premio invece che di diritto.

E’ una macchina che trae storicamente origine dalla volontà di non discutere in sede culturale e politica degli aspri conflitti politico- sociali degli anni ’70 dello scorso secolo, e che i «vincitori» affidarono a 25.000 casi giudiziari, di cui rimangono «testimoni» ancor oggi poco più di una sessantina di ergastolani.

Questo sistema diventato legge penitenziaria nel 1986, venne salutato unanimemente come un grande progresso che va sotto il nome di «pene alternative», nonostante la legge Cirielli ne escluda i recidivi, ossia almeno il 70% dei rei. La pena cosiddetta alternativa e realmente premiale, in realtà, ha aumentato la pervasività del potere giudiziario nella società creando quell’«eccesso di diritto penale» che qualcuno comincia a lamentare. Invece di rivedere le pene a partire dal tetto, le si è aumentate tutte, si sono moltiplicati i fatti che costituiscono reato per aumentare le competenze del potere penale, salvo diluire le punizioni caso per caso in modo iscrezionale.

Che fare allora oggi? Due alternative si presentano: o rivedere il tetto della pena o rivedere la validità dell’idea stessa di pena. In ogni caso, sia i difensoririformatori del penale sia gli abolizionisti della pena detentiva dovrebbero trovare un accordo sul primo punto, abolendo l’ergastolo.

In ogni caso, l’inaccortezza e l’insensibilità dei movimenti che chiedono ancora giustizia solo a partire dai propri orti è ormai qualcosa che non ha senso.

 

Comitato per l’abolizione dell’ergastolo

Adesioni: noergastolo@alice.it