Abroghiamo l'ergastolo e il 41 bis. Diamo dignità di persona ai detenuti!

"Fine pena mai", 41 ergastolani in sciopero della fame ad oltranza.   

di Sandro Padula


Il primo dicembre quasi ottocento ergastolani e 11.500 persone, tra parenti e amici di detenuti, hanno iniziato uno sciopero della fame per l'abolizione dell'ergastolo.
Mentre la maggior parte ha concluso il digiuno nell'arco di una settimana circa, quarantuno ergastolani puntano a condurre tale sciopero ad oltranza. Tutti, però, restano uniti. Chi cessa prima lo sciopero della fame, come il settantaquattrenne Totò nel carcere di Spoleto che per altro è malato di diabete, continua a fare propaganda a favore dell'abolizione dell'ergastolo.
Diversi gruppi sostengono la protesta con manifestazioni e presidi fuori dalle mura carcerarie: ad esempio, collettivi di solidali davanti alle carceri romane di Rebibbia e di Regina Coeli, al carcere torinese delle Vallette e a quello bolognese della Dozza, il collettivo "sprigioniamo diritti" a Biella, i centri sociali a Catanzaro e la Comunità Papa Giovanni XXIII a Spoleto. Su Internet si moltiplicano i siti e i blog dedicati alla lotta contro il "fine pena mai".
Fuori dalle carceri decine di migliaia di persone appoggiano la lotta per l'abolizione dell'ergastolo.
A Parigi il collettivo "99/99/9999", che ha preso questo nome dalla più diffusa "data" informatizzata del "fine pena mai" presente sui certificati di detenzione delle persone ergastolane, ha occupato temporaneamente la sede dell' Ansa a sostegno della lotta contro l'ergastolo.
A Madrid è prevista una protesta di solidali sotto la sede del consolato italiano.
La critica all'ergastolo è già diventata una questione di risonanza internazionale.
La lotta continua, ma serve una maggiore attenzione su di essa da parte della Commissione europea dei diritti dell'uomo e degli organi di informazione.

Di seguito, proprio per correttezza giornalistica, si riporta la lettera aperta al Presidente della Camera Fausto Bertinotti che i promotori dello sciopero della fame hanno scritto il 7 dicembre scorso:
«Gli ergastolani in lotta del carcere di Spoleto Le scrivono a nome degli ergastolani in lotta di tutta Italia. Dal primo di dicembre 2007, 766 ergastolani, 11.541 non ergastolani, familiari, amici, ecc. digiunano, alcuni per un giorno, altri per tre, altri ancora per una settimana e oltre. Invece 41 ergastolani sparsi in tutti i carceri d'Italia lo stanno facendo ad oltranza e alcuni di questi, che hanno più paura di vivere che di morire, lo faranno fino alla morte: non abbiamo scelta, la nostra esistenza non ha più senso.

Domandiamo: se la vita non è eterna perché lo è l'ergastolo? Perché sperare di uscire se non possiamo più farlo? L'ergastolo ci dà solo un senso di inutilità. Non si può attendere un fine pena che non arriverà mai.

Anche noi siamo per la certezza della pena ma non si può rieducare una persona che non uscirà mai. Tutto quello che l'ergastolano ha è solo presente, un lungo eterno presente, non possiamo più andare avanti e indietro, solo futuro di sofferenza e di non vita. Basti pensare che il codice penale francese del 28 settembre 1791, pur prevedendo la pena di morte, avesse abolito l'ergastolo, ritenendolo più disumano della pena capitale.

Le chiediamo con una dichiarazione pubblica una promessa di calenderizzare il disegno di legge per l'abolizione dell'ergastolo presentato dal partito di Rifondazione comunista alla Camera. La vita di 41 ergastolani che stanno digiunando a oltranza è nelle sue mani.

Ovviamente, non pretendiamo da Lei l'abolizione dell'ergastolo ma pretendiamo che i disegni di legge presentati [nel caso specifico da un partito che sostiene il governo] siano discussi [come si usa in uno serio Stato di diritto] senza che questi siano insabbiati. Contiamo sulla Sua umanità e sensibilità [è importante la solidarietà per quelli che lottano]. Grazie dell'attenzione. Gli ergastolani in lotta di Spoleto» .

Nulla d'aggiungere, se non che l'attenzione dei media non è ancora alta, come meriterebbe l'argomento e la forza della protesta. E che i "i fine pena mai" insisteranno. A risentirci presto.


Il 41bis è tortura bisogna abrogarlo.  di Giulio Petrilli*


A volte ci vuole un giudice americano o un articolo reportage su El Pais International per accendere i riflettori sul 41 bis. Una norma dell'ordinamento penitenziario prevista per coloro che hanno procedimenti o condanne per reati di mafia o terrorismo istituita nel 1992. Il 41 bis è applicato attualmente a 560 detenuti e a 5 detenute, in Italia ci sono 13 carceri dove vige questo regime. Di che si tratta: di norme che prevedono un colloquio solo al mese con i parenti più stretti e con il vetro, detenzione in celle piccole e singole, due ore di aria al giorno ed in non più di cinque persone, impossibilità a cucinarsi in cella, censura forte sulla corrispondenza, impossibilità di usufruire di colloqui telefonici, non avere più di tre libri in cella, impossibilità di frequentare qualsiasi corso nelle carceri. E' nei fatti una norma che ratifica l'isolamento, oltremodo c'è una fascia di detenuti e detenute considerati "più pericolosi" ai quali viene applicato in aree chiamate riservate proprio l'isolamento totale che può durare anni, c'è chi da sette otto anni vive in queste condizioni, esiste quindi un 41 bis nel 41 bis, non legiferato ma applicato.

Credo che l'isolamento prolungato sia una forma di tortura, pertanto solo questo sarebbe sufficiente per iniziare una battaglia per l'abrogazione di questo articolo, è veramente strano che poche persone alzino la voce contro questa pratica, molti fanno finta di non sapere, altri addirittura lo condividono purtroppo anche a sinistra, la frase ricorrente e che giustifica questo trattamento è la gravità dei reati commessi da chi vi è sottoposto. Abrogare il 41 bis sarebbe un segnale di civiltà giuridica e anche proprio di civiltà in senso stretto, i retagi di una cultura della vendetta, di una cultura afflittiva della pena purtroppo sono ancora forti.

Non solo la destra, ma anche la sinistra è piena di storia dove la cultura garantista viene affossata.

La corte europea per la difesa dei diritti umani di Strasburgo ha censurato ripetutamente il 41 bis che viola questi diritti nell'art.6, sulla possibilità di una giusta difesa, in quanto c'è l'obbligatorietà per chi è sottoposto al 41 bis di assistere e partecipare al dibattimento solo in video conferenza, che nei fatti limita la possibilità di una corretta difesa, ed il 41 bis è in contrasto anche con l'art.8 che sostiene anche per chi è detenuto il corretto rapporto con la famiglia, il colloquio con i vetri anche con i figli piccoli ne è l'antitesi.

La sinistra dovrebbe essere in grado di dire altro rispetto al carcere, alla pena, al diritto, dovrebbe sperimentare nuove vie, nuove culture anche rispetto a questi terreni. Indulto, amnistia, abolizione dell'ergastolo, abolizione del 41 bis sono tutti tasselli fondamentali, per creare una cultura e una prassi altra, una cultura di libertà che dia anche un segnale di rispetto del diritto. "La civiltà di una nazione si vede dallo stato delle proprie carceri", affermazione veritiera e la durezza delle condizioni di vita nelle carceri non è un bel segnale.

*Gruppo di lavoro naz. carceri Prc-Se

 

Liberazione, 11/12/2007