Per "uscire dalla politica" 2. Se la politica è asociale, di Pino Ferraris
Contro l'autonomia della politica, confederare la società e le sue pratiche. Un contributo al seminario di Firenze.350 a Seattle, settecento a Genova, quattromila e novecento a Porto Alegre...). I movimenti di convergenza nella mobilitazione pubblica insieme alla protesta esprimono crescenti contenuti di proposta. I picchi alti del movimento fanno poi rifluire impulsi di azione, risorse etiche e cognitive che vanno a irrigare il reticolo dell'impegno molecolare della politica diffusa e particolare.L'insorgenza dei movimenti dei primi anni del nuovo secolo mette in luce definitivamente i limiti dell'interpretazione dei movimenti sociali come meri «cicli di protesta». (...)A partire dal 1968 i movimenti più che una addizione separata di «cicli di protesta» si rivelano come un processo storico a spirale che manifesta le metamorfosi di una società che lavora su stessa. Esso rappresenta esattamente l'altro volto di quella contemporanea e parallela tendenza alla emancipazione dei sistemi politici dalla società.Solo mettendo in stretta relazione queste due evoluzioni si può comprendere il fondamento reale dell'emergere della domanda allargata di un'altra forma della società politica.
Se si considera la configurazione che assumono le forme della politica diffusa e parziale, le loro culture che rivendicano la differenza come valore, le tensioni che esprimono tra il globale e il locale la più adeguata logica di raggruppamento mi pare che sia quella basata sul principio delle autonomie confederate. Dai lamenti sulla frammentazione e sui localismi, a mio avviso, si dovrebbe incominciare a operare verso il progetto di una confederazione politica dell'iniziativa sociale. (...)La confederazione è il risultato di un patto tra diversi retto da reciprocità ed equivalenza. Con il patto si definiscono sia gli ambiti e i contenuti che accomunano sia gli spazi propri e autonomi delle «persone parziali» che convergono. Il patto rimanda quindi a un equilibrio tra autorità e libertà che può solo essere realizzato attraverso il diritto, non il diritto statuale, ma il diritto sociale, quello delle associazione che si danno i propri statuti. Il significato letterale di autonomia è dare norma a se stessi. E' vero, la produzione sociale degli statuti e l'effettività della legislazione data a se stessi è in un fenomeno caratteristico dell'associazionismo ottocentesco che è poi decaduto nelle organizzazioni novecentesche. Oggi gli statuti sono poco più di un ornamento che copre la realtà di un imperio dei poteri di fatto espressi dalla divisione tecnica del lavoro politico. Poteri di fatto sono poteri selvaggi da cui traggono origine gli spettacoli di fraterno cannibalismo che esibisce la vita delle organizzazioni politiche.
Io non so se una confederazione politica dell'iniziativa sociale possa osare una propria proiezione nella rappresentanza istituzionale, oppure se debba limitarsi ad agire come gruppo di pressione democratica per rafforzare gli spazi, le risorse del «fare società».
Comunque urge l'iniziativa. Nella scomparsa della sinistra istituzionale, nei vuoti che lasciano i «partiti senza società» agiscono pulsioni regressive, si alimenta una società incivile che prende volto politico e occupa potere.il manifesto, 5/7/2008
Se si considera la configurazione che assumono le forme della politica diffusa e parziale, le loro culture che rivendicano la differenza come valore, le tensioni che esprimono tra il globale e il locale la più adeguata logica di raggruppamento mi pare che sia quella basata sul principio delle autonomie confederate. Dai lamenti sulla frammentazione e sui localismi, a mio avviso, si dovrebbe incominciare a operare verso il progetto di una confederazione politica dell'iniziativa sociale. (...)La confederazione è il risultato di un patto tra diversi retto da reciprocità ed equivalenza. Con il patto si definiscono sia gli ambiti e i contenuti che accomunano sia gli spazi propri e autonomi delle «persone parziali» che convergono. Il patto rimanda quindi a un equilibrio tra autorità e libertà che può solo essere realizzato attraverso il diritto, non il diritto statuale, ma il diritto sociale, quello delle associazione che si danno i propri statuti. Il significato letterale di autonomia è dare norma a se stessi. E' vero, la produzione sociale degli statuti e l'effettività della legislazione data a se stessi è in un fenomeno caratteristico dell'associazionismo ottocentesco che è poi decaduto nelle organizzazioni novecentesche. Oggi gli statuti sono poco più di un ornamento che copre la realtà di un imperio dei poteri di fatto espressi dalla divisione tecnica del lavoro politico. Poteri di fatto sono poteri selvaggi da cui traggono origine gli spettacoli di fraterno cannibalismo che esibisce la vita delle organizzazioni politiche.
Io non so se una confederazione politica dell'iniziativa sociale possa osare una propria proiezione nella rappresentanza istituzionale, oppure se debba limitarsi ad agire come gruppo di pressione democratica per rafforzare gli spazi, le risorse del «fare società».
Comunque urge l'iniziativa. Nella scomparsa della sinistra istituzionale, nei vuoti che lasciano i «partiti senza società» agiscono pulsioni regressive, si alimenta una società incivile che prende volto politico e occupa potere.il manifesto, 5/7/2008
Dove:
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