Caso Sky: la borghesia italiana si è spaccata?
Editoriale di Piero Sansonetti su "Liberazione" 4.12.08
Lo scontro tra Berlusconi e Sky, e poi - soprattutto - quello tra
Berlusconi e i direttori del Corriere della Sera e della Stampa,
segnala che è successo qualcosa di molto importante, e della quale non
ci eravamo accorti, nel Gotha della borghesia italiana.
Sin
dall'inizio dell'era Berlusconi - che data da prima del 1994, cioè da
prima del suo diretto impegno politico - la borghesia italiana si era
spezzata in due tronconi. Cioè aveva perso la sua caratteristica di
classe "unica", con fortissima leadership torinese e agnelliana. E
aveva visto sfibrarsi il suo monolitismo, la sua compattezza.
Berlusconi si era messo alla testa di una fronda, che poi era diventata
sempre più forte e alla fine aveva conquistato la leadership,
emarginando la cordata torinese e mettendo in ombra, per la prima
volta, Agnelli e il suo carisma. Questa rottura aveva provocato molte
altre rotture al vertice del paese. Secondo me anche Tangentopoli è
stata in parte un effetto delle divisioni della borghesia e della
conseguente perdita di prestigio e di autorità, e del dissolversi del
blocco di potere (politico, economico, ma anche giudiziario e
informativo) che aveva dominato l'Italia nel dopoguerra.
Questa
divisione nella borghesia, con la sconfitta dell'ala agnelliana e il
prevalere sempre più netto dei «berluscones», ha raggiunto l'apice
nella famosa riunione di Confindustria a Vicenza, all'inizio del 2006,
quando lo scontro tra Berlusconi e Montezemolo fu esplicito e
durissimo, addirittura platealmente rissoso. Sul piano politico la
divisione ha avuto molti effetti. Uno dei quali è stato l'avvicinarsi
della parte più grande del centrosinistra alle idee e alla cultura (e
all'amicizia) dell'ala prima agnelliana e poi montezemoliana della
borghesia. Avvicinamento dovuto allo sbando delle forze riformiste, sia
in seguito al terremoto dell'89, sia, ancor di più, al momento della
fine del clintonismo e alla disfatta di quella che è stata chiamata la
terza via. Il partito democratico è nato così: dalla fusione tra forze
moderate, centriste e riformiste, che rinunciavano all'opzione
socialdemocratica e accettavano di mettersi sotto l'ala della borghesia
torinese, e del suo modo di vedere le prospettive e gli interessi del
paese.
Poi però le cose sono cambiate. E sono cambiate durante i due anni del
governo Prodi. Quando i poteri forti si sono in modo compatto schierati
contro il governo del professore, e alla fine i montezemoliani hanno
rinunciato alla propria autonomia e si sono piegati al berlusconismo.
Walter Veltroni, che aveva puntato molto sul nuovo volto interclassista
e ipermoderato del Pd, ha visto franare la base sociale e "storica"
della sua ipotesi politica, e il partito democratico è rimasto senza
terra sotto i piedi, specie dopo la sconfitta elettorale. E, seppure in
modo impercettibile, si è spostato a sinistra.
Bene, le cose stanno
cambiando di nuovo. La saldatura tra borghesia torinese e berluscones
si è già rotta. E' durata poco. La gravità della crisi economica -
insieme alla fine delle certezze politiche, per esempio quelle che
venivano dall'America di Bush - ha spinto ciascuno a chiudersi nei suoi
interessi immediati e a vedere i suoi alleati come concorrenti e
nemici.
Non credo che l'attacco di Berlusconi a Murdoch possa
essere stato casuale. E' chiaro che è avvenuto dentro un'idea di guerra
di interessi molto più grande. In altra sede si può fare un'analisi
della ragione o del torto, in questa vicenda specifica. Cioè se è
giusto o no tassare la Tv a pagamento imponendo un'Iva in linea con
quella di altri prodotti di consumo. Quello che mi preme dire è che
questo conflitto si è innestato in un conflitto più grande, e lo
dimostra lo scontro campale che si è aperto tra i giornali più vicini
alla borghesia montezemoliana e il premier. Le parole usate l'altra
sera da Berlusconi contro i direttori del Corriere della Sera e della
Stampa sono di incredibile violenza. A memoria, non riesco ricordare un
episodio simile di scontro tra il governo e i due giornali più
importanti della borghesia italiana. Credo che bisogna risalire agli
anni venti, quando in un clima ben diverso, si arrivò alla resa dei
conti tra Benito Mussolini e il direttore del Corriere Luigi Albertini.
Ora ci sono due domande. La prima è: cosa ha provocato questa rottura?
La seconda è: quali conseguenze avrà?
Non
ci sono risposte nette e scontate. Sicuramente - questa è una delle
cause della rottura - la borghesia italiana non è in grado di governare
passaggi così difficili come una crisi «di fase» del capitalismo. La
divisione al momento del pericolo e della decisione, è un'ulteriore
conferma della sua debolezza. E non escluderei che in parte sia
originata anche da fattori politici. Per esempio il probabile
indebolirsi delle ricette «populiste», che sono state il carburante
della destra in questi ultimi 15 anni. E questo indebolirsi - forse - è
anche dovuto alla vittoria di Obama, e dunque al cambio del «vento»,
alla modifica dell'immaginario collettivo che l'obamismo ha prodotto
non solo in America.
Quali conseguenze avrà questa "frattura" lo
vedremo presto. Per ora ha spinto di nuovo il Pd tra le braccia del
montezemolismo. Che si è arricchito di una componente, come dire,
"murdocchiana". La battaglia appassionata del Pd a favore di Murdoch è
la prima battaglia seria che questo partito ha avviato da quando è
all'opposizione. E questo, ovviamente, fa un po' impressione e
preoccupa, getta un'ombra sul futuro del partito. Non credo però che le
conseguenze si fermeranno qui. Avranno ripercussioni pesantissime anche
nell'altro campo, nella destra. Che da oggi è molto meno sicura di
prima che il suo periodo d'oro debba durare a lungo. Molto presto
potremmo trovarci a discutere di una cosa che ormai ci sembrava
fantapolitica: la crisi della destra.
04/12/2008
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