Ecco i nostri criteri per la definizione delle liste.

L'intervento di Ciccio Ferrara, deputato e responsabile organizzazione di Rifondazione Comunista, fatto al comitato politico nazionale sui criteri che si attueranno per la definizione delle candidature per le politiche del 13 e 14 aprile prossimi.

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Care compagne e cari compagni,
vi presentiamo oggi il percorso che intendiamo fare per costruire una ipotesi di compilazione delle liste che ci consenta di chiudere in tempi rapidi tutti gli adempimenti necessari senza contemporaneamente tralasciare che questi sono anche momenti essenziali della vita democratica del partito, momenti che devono essere vissuti quindi responsabilmente dall'intero gruppo dirigente attraverso una discussione la più chiara, limpida, trasparente possibile. In modo da mettere a disposizione delle strutture territoriali criteri altrettanto limpidi e che portino a proposte condivise. Per questa ragione chiedo alle compagne e ai compagni uno sforzo straordinario, poiché è evidente che le scadenze sono molto ravvicinate. Oggi e domani discuteremo della relazione politica, della bozza di programma e dei criteri che tra poco vi proporrò; venerdì prossimo programmeremo una nuova sessione del CPN per definire la proposta di liste.
Io non voglio aggiungere nulla alla relazione del segretario se non provare a partire dalla sua affermazione, credo condivisa, che siamo in un cambio di fase e da qui ragionare sui criteri che guideranno le ipotesi di proposte. Siamo stati fino a ieri impegnati in una esperienza di governo, una esperienza che si è interrotta traumaticamente, una esperienza sulla quale avremo tempo dopo le elezioni, di fare una più compiuta riflessione e quello sarà il tempo del congresso.
Oggi siamo alla vigilia di una campagna elettorale difficile e del tutto diversa, dove dobbiamo veicolare il messaggio dell'utilità della presenza di una sinistra che eviti che la discussione avvenga solo tra Veltroni e Berlusconi. Impedire che si formi nell'immaginario collettivo del paese l'idea che il voto utile per vincere possa essere - da una parte o dall'altra - solo quello al PD o al PDL. Mettere in campo dunque, non solo una nostra forte opzione politico programmatica, ma anche mostrare una soggettività che sia tale da indurre a un voto che l'elettore possa considerare utile alla sinistra. Sappiamo anche che dopo le elezioni la lista della sinistra l'arcobaleno darà vita a due gruppi unitari alla camera e al senato. Siamo quindi di fronte anche ad un atto in qualche modo fondativo che ci richiede il massimo dell'investimento. Questo porta con se la necessità di un rinnovamento insieme a quella di non vedere esclusi dalla rappresentanza nè territori, né intelligenze, né realtà significative che noi dobbiamo mettere a disposizione del nuovo soggetto, della nuova impresa.
Abbiamo cominciato a discutere con gli altri 3 partiti e nei territori e sappiamo quanto ciò che ci accingiamo a fare sia cosa complessa e difficile. Sappiamo di provenire da culture ed esperienze diverse, ma sappiamo bene anche ciò che ci unisce e stiamo provando dunque a percorrere un itinerario che metta insieme diversità e punti di avanzamento unitario.
E' evidente che non si può dar vita ad un soggetto unitario e plurale se uno dei tre protagonisti è da solo più grande di tutti gli altri, se cioè rappresenta da solo la maggioranza assoluta. Abbiamo convenuto unitariamente, che la nostra forza politica, che da tutti è riconosciuta come maggioritaria, facesse un piccolo passo indietro per non mostrarsi come maggioranza assoluta. Abbiamo convenuto anche che tra le altre forze che concorrono al processo non ci fosse uno squilibrio forte di pesi. Questo è il punto di equilibrio da cui si comincia per determinare il criterio della composizione delle liste sia a livello nazionale che a livello territoriale.
In secondo luogo, si è evidenziata la necessità di evitare che le nostre liste siano la semplice sommatoria dei quattro partiti. Dobbiamo cioè dare anche simbolicamente il messaggio che le liste della sinistra l'arcobaleno sono aperte alla società e alle soggettività sociali, culturali di sinistra. Abbiamo anche aperto un ragionamento sulle teste di lista. L'operazione è complessa come un mosaico: perché deve mettere insieme i criteri nazionali e locali di tutti e quattro i partiti, per questo sarà aperto continuamente un canale di comunicazione tra il tavolo nazionale e le istanze regionali di tutti e quattro i soggetti.
Dal punto di vista dei numeri abbiamo deciso di utilizzare l'unico punto di riferimento possibile, cioè le elezioni politiche del 2006. La somma di PRC, verdi, PDC (SD, né era presente, né era misurabile), al senato fa l'11,6% e alla camera il 10,2%. Abbiamo deciso di usare questi dati pur ben sapendo che non è assolutamente possibile misurare gli effetti che il rimescolamento delle forze politiche e la nascita delle nuove sigle avrà sull'elettorato. E abbiamo aggiunto il calcolo degli effetti negativi che avrà su di noi il meccanismo del premio di maggioranza, ma speriamo di compensare questo effetto negativo non solo basandoci sulle speranze della volontà di una forte campagna elettorale, ma anche contando sull'insediamento abbastanza capillare e diffuso sul territorio nazionale di SD. Alla fine di tutto il calcolo la scelta è stata di basarci su una proiezione di un risultato medio del 10% che ci consegna una testa di lista di poco meno di un centinaio di donne e uomini tra camera e senato. Quindi avendo noi detto che il nostro partito non può essere maggioranza assoluta nei gruppi stiamo parlando di una testa di lista che va da 40 a 50 compagne e compagni spalmati tra camera e senato e in tutte le regioni d'Italia. Fatti i numeri si tratta ora di rendere questi numeri persone reali. Il primo criterio che ci siamo dati è quello di genere, le nostre liste dovranno essere composte al 50% di donne e al 50% di uomini; poi abbiamo posto le questioni di ineleggibilità e di incompatibilità e ancora il tema dei doppi mandati. Questi criteri sono stati accettati con qualche resistenza, che ho il dovere di segnalare, sul tema della differenza di genere. È inutile dire che noi aderiremo pienamente anche ai dettami della commissione antimafia sulla incandidabilità di indagati eccetera.
A questi criteri generali io credo, che per quanto riguarda la parte della compilazione delle liste che compete a RC, noi dobbiamo rimanere nel solco dell'innovazione lungo il quale ci siamo mossi in questi anni. Qualunque sia la decisione del tavolo unitario la nostra rappresentanza sarà equilibrata al 50% dal punto di vista della differenza di genere, come ci siamo detti a Carrara. Sempre Carrara sarà a guidarci negli altri criteri.
Uno, confermiamo la non candidabilità di sindaci, assessori e consiglieri regionali e questa è anche una parte della nostra risposta a quella crisi della politica e al suo allontanamento dalla società reale. Ovviamente se compagne e compagni con questi incarichi, vogliono essere comunque presenti in lista, per dare il loro contributo di consenso, potranno essere candidati in una fascia della lista che vede l'elezione di fatto impossibile. Queste sarebbero vere candidature di servizio. Pensiamo questa volta di riconfermare con forza l'incompatibilità tra il ruolo di parlamentare e gli incarichi di direzione politica (segretari di federazione, segretari regionali). Ovviamente non è vietato ad un segretario di candidarsi, ma sapendo che al momento dell'eventuale elezione, dovrà fare una scelta.
Sarà argomento di discussione nel CPN, se la stessa cosa si possa fare per la segreteria nazionale. Non vorrei che si pensasse che vogliamo concedere alla segreteria nazionale un privilegio, su questo esiste un ragionamento politico e un'esperienza di separatezza rigida l'abbiamo fatta prima di questa legislatura, ma allora si trattava di avere una rappresentanza parlamentare estremamente ridotta nei numeri. Oggi, se invece alcuni membri della segreteria nazionale diventassero parlamentari io non credo vi sarebbe un problema e anzi si sanerebbe una possibile divaricazione tra gruppi dirigenti e rappresentanza parlamentare. Ma, ripeto, è una questione che pongo alla discussione del CPN e non vi sarebbe alcun problema se collettivamente decidessimo per una incompatibilità rigida poiché è comunque ormai prassi consolidata che la segreteria si riunisce sempre con al presenza dei capigruppo al senato, camera e parlamento europeo. La decisione è nelle mani di questo organismo.
La terza questione è quella dei doppi mandati. Su questo, come ha detto il segretario propendiamo per un criterio di stretta rigidità. Su questo sia lo statuto che la conferenza di Carrara sono chiari. Chiederemo dunque alle compagne e ai compagni che hanno compiuto due mandati nel parlamento nazionale, in quello europeo, o nei consigli regionali, di non essere ricandidati. Di questa regola si sono date moltissime interpretazioni come spesso accade quando si devono compilare le liste. Noi proponiamo una interpretazione che sia non ambigua. Per due mandati noi intendiamo, come da consuetudine, due mandati in RC. Ma anche questo è tema che consegniamo alla discussione di questo organismo che è l'unico che può prendere una decisione definitiva. Dobbiamo essere sicuri che le decisioni che prenderemo le prenderemo in accordo e trasparenza. Dentro questi criteri ci sono poi tre questioni che dobbiamo approfondire.
La prima è che non possiamo costruire una delegazione parlamentare che abbia dentro di se uno squilibrio tra il centro e la periferia. Il messaggio che dobbiamo dare con la nascita del nuovo soggetto unitario e plurale non può essere quella dei gruppi dirigenti nazionali che si auto tutelano. L'equilibrio su questo aspetto credo sia decisivo per l'immagine che dobbiamo dare all'esterno del partito e il messaggio che dobbiamo veicolare al suo interno. Fuor d'ipocrisia sappiamo quanto la cosa sia difficile, ma dobbiamo farla.
La seconda questione, è quella di salvaguardare, anche dentro i numeri più limitati, l'esperienza della sinistra europea e farla vivere anche ai fini della costruzione della sinistra l'arcobaleno. Ovviamente anche a quelle esperienze, a quei movimenti, a quelle soggettività, chiederemo, prima di tutto di condividere i criteri che abbiamo concordato con le altre forze politiche e poi dovremo chiedere anche a loro di pensare ad un ridimensionamento della loro presenza nel futuro gruppo parlamentare, in analogia a quanto facciamo complessivamente.
La terza questione, complessa e delicata, riguarda il pluralismo interno. Anche qui abbiamo bisogno di un ragionamento sincero e trasparente. Noi pensiamo che quei compagni e compagne che non sono d'accordo con la linea espressa dalla maggioranza del partito ma che collaborano in maniera dialettica, sia a livello nazionale che territoriale, alla vita del partito debbano avere una legittima rappresentanza dentro la scelta che facciamo. Penso invece che quelle compagne e quei compagni che non svolgono quel ruolo fondamentale di minoranza ma piuttosto si esercitano in una effettiva opposizione all'impianto complessivo delle modalità democratiche e delle modalità che ci siamo dati sul versante della politica non possano per loro stessa legittima scelta, rappresentare il partito nella compagine parlamentare. Ovviamente è anche questo un punto tutto politico su cui le scelte spettano al CPN.
Infine ancora una parola sui gruppi parlamentari uscenti. Ad oggi, noi siamo rappresentati, sommando a deputati e senatori, anche i compagni e le compagne che hanno lavorato nell'esperienza di governo, da un totale di 78. Vi è un giudizio positivo sul lavoro svolto da tutte le compagne e i compagni e credo che dobbiamo fare il massimo dello sforzo per valorizzare tutte e tutti coloro che in questo scorcio di legislatura hanno fatto questa esperienza. Credo che i criteri che abbiamo appena enumerato, siano il terreno nel quale possa avvenire tale valorizzazione. Sarei ipocrita se dicessi che tutte queste compagne e compagni possano di nuovo stare in parlamento a causa evidentemente del numero ristretto. Ciò nonostante credo che questo lavoro di valorizzazione vada fatto, va chiesto a tutte e tutti di stare dentro questo corso.
Questi sono i criteri che vi proponiamo, questa la discussione che ci accingiamo a compiere in questo CPN; alla fine della discussione i criteri saranno votati da questo organismo dirigente e diverranno i criteri rigidi entro i quali dovrà trovare posto il lavoro nominativo che stiamo facendo e continueremo a fare insieme ai segretari regionali e alle istanze territoriali. Alla fine saremo obbligati a una quadratura rigida. Il 29 febbraio dovremo essere in grado di presentare a questo organismo una proposta nominativa.

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Ritratto di roberto

Siamo di fronte ad una difficile campagna elettorale, lo abbiamo sostenuto tutti negli interventi di questo CPN. Basta vedere giornali e televisioni per constatare il blackout informativo in atto: dobbiamo sollevare questo problema, non per puro spirito di presenza, per strappare qualche riga in più sui quotidiani o qualche minuto in più sui TG, ma perché si tratta di un problema di democrazia, di rappresentazione di culture ed espressioni di fondo della società italiana. Il sistema mediatico sta divenendo un fattore di mutilazione della democrazia, è veicolo decisivo del modello bipartitico che oscura tutte le altre realtà critiche. Vi sono due uniche posizioni che pesano, tutto il resto è accessorio, "bricolage" complementare e marginale. Il tema vero sono le contese sul governo, mentre scompare la società con le sue problematiche reali. Noi come PRC abbiamo avviato un percorso profondo di rinnovamento politico-culturale e per questo oggi abbiamo accolto le compagne e i compagni che hanno espresso il loro dissenso apertamente, pur non avendo il diritto di partecipare al CPN, dedicando loro ascolto ed attenzione. Ma non torno indietro nel processo unitario che oggi ci viene contestato da questi compagni, anzi lo reputo decisivo. Si pone un problema politico, non di sentimenti, per il fatto che la questione della nostra identità viene posta per meri motivi elettoralistici.: ritengo che la verifica della nostra identità vada fatta socialmente e quotidianamente. Troppe formazioni politiche comuniste si pronunciavano tali, ma non costruivano la loro identità nella società, non tramutavano la loro identità in impegno quotidiano, attuando una divaricazione fra il definirsi "comunisti" ed il metterlo in pratica.
Non mettiamo in discussione il simbolo del partito, abbiamo dato vita ad un simbolo coerente con il progetto che ci siamo impegnati a realizzare: quello della costruzione di una sinistra unitaria e plurale. Può portarci ulteriori consensi e, ribadisco, non è vero che i comunisti in passato si siano sempre presentati con la falce e martello. Questa legge elettorale contribuisce alla falsificazione delle posizioni politiche in Italia. Rivendico la nostra passata intenzione di appoggiare un governo di scopo per la modifica di questa legge elettorale: oggi non saremmo schiacciati nella morsa del voto utile così come vogliono Berlusconi e Veltroni. Ma nella difficoltà, vedo anche delle grandi opportunità in quanto in Italia c'è una forte richiesta di ricostruzione di una sinistra unitaria e plurale. Allora la mia domanda è: qual è il nostro problema oggi? Quello di essere il motore dell'unità a sinistra e di essere andati avanti rapidamente, sulla scia del rinnovamento politico-culturale manifestatosi anche con il progetto della Sinistra Europea? Oppure il problema sono le critiche giuste e fondate di chi, esterno, non si sente ancora pienamente partecipe di questo processo? Non dobbiamo costruire la Sinistra solo per una necessità elettorale, ma perché in Italia c'è bisogno del soggetto unitario e plurale. Dobbiamo includere le associazioni, i movimenti, le esperienze territoriali di conflitto, insomma il meglio di quelle soggettività incontrate nel nostro percorso di innovazione per la creazione di una Sinistra anticapitalista, ecologista, femminista e pacifista. La seconda domanda che voglio porvi è la seguente: se non avessimo avviato, anche se in ritardo, questo percorso unitario ora staremmo meglio o peggio? Io penso staremmo peggio di fronte a questi repentini cambiamenti nella società. Posso accettare la critica di metodo che mi viene posta, ma se essa è strumentale e se cela una differente impostazione di linea politica, chiedo che ciò emerga con chiarezza.
L'editoriale di Polo sul Manifesto pone una critica dura nei nostri confronti, sul nostro operato e sulla natura stessa della Sinistra. Condivido la critica rispetto al ritardo in cui siamo, soprattutto nel non aver fatto ancora emergere con chiarezza l'idea di società che proponiamo anche perché non possiamo essere solo una compagine elettorale, ma dobbiamo far vivere un'idea di sinistra. Per questo, penso che è necessario riattivare la ricerca teorica ed approfondire alcuni temi per noi essenziali. L'uguaglianza, ad esempio, va dialettizzata con la pratica della differenza e va indagato come essa si coniughi con la libertà, intesa come liberazione dei soggetti, come liberazione dall'asservimento psico-fisico, dall'eterodeterminazione dai bisogni, come autodeterminazione dei soggetti e sottrazione dal peso della tecnica e della scienza che colonizza i corpi, i sentimenti, gli affetti: un capitalismo che oggi occupa lo spazio della produzione e della riproduzione fino a manipolare i corpi e non solo la materia. Va analizzata anche la perdita di criticità dei saperi e la ricostruzione di un nuovo sapere critico per la definizione della identità stessa della sinistra. Va indagata quale nuova cultura della trasformazione va costruita, è necessario un punto di vista autonomo del capitalismo contemporaneo. Ecco come immaginiamo l'alternativa di società: la rivalorizzazione del lavoro, del conflitto sociale nelle sue diverse forme parcellizzate e nelle articolazioni con cui si presenta oggi, la critica al modello patriarcale del capitalismo contemporaneo, la critica all'aggressione capitalistica della natura che mette in discussione nel tempo biologico della nostra vita l'esistenza di specie, la critica del primato della guerra sulla pace come risposta alla crisi della globalizzazione. La divergenza con l'editoriale di Polo sta sul fatto che la vera domanda che noi poniamo non è se debba esistere, o meno, una sinistra in Parlamento, ma è se esiste la possibilità di una sinistra politica. Il modello americano contempla una sinistra sociale diffusa con esperienze di conflitto anche aspre e radicali, ma senza incidere mai nelle scelte della politica, scorrendo parallelamente ad essa, senza incrociarla. Il punto, quindi, sta in come noi possiamo dare densità ad una sinistra politica che faccia leva sulle due gambe, quella sociale e quella politica. Una separazione delle due sarebbe del tutto subalterna al modello americano. Il punto, ancora, sta in come ricostruiamo una soggettività politica della sinistra, in quanto il governo interclassista è parte della crisi stessa della politica.
Noi pensiamo che ci debba essere una sinistra politica in grado di incidere, di contare, in grado di non essere subalterna alla cultura dell'immagine e di avere una relazione con segmenti sociali non in chiave lobbistica e strumentale dove l'unica possibilità di incidenza è su singole specifiche questioni.
Dobbiamo definire un'idea chiara di alternativa di società, a partire dalla campagna elettorale che ci accingiamo ad affrontare. La forza della candidatura di Fausto sta soprattutto nella sua capacità di far emergere questa idea. Posso dire, con certezza, che faremo vivere il soggetto unitario anche dopo il 13 e 14 aprile. Chiedo anche esplicitamente alle compagne ed ai compagni del Manifesto di essere parte in causa e darci una mano a costruire il soggetto unitario e plurale, non rinunciando mai alla critica nei nostri confronti. Alle associazioni, movimenti, realtà territoriali, ecc. dobbiamo aggiungere il fare società alternativo, costruendo esperienze concrete per determinare una mobilitazione di massa, per far vivere in autonomia, in libertà la Sinistra l'Arcobaleno nella prossima campagna elettorale.
Oggi il dibattito politico ha rimosso completamente il giudizio sul governo Prodi. Io vorrei affrontarlo serenamente, dicendo che per me il bilancio complessivo è critico a partire dalla caduta del governo stesso che è avvenuta a causa del trasformismo di forze centriste. Va detto, infatti, che la fine di quell'esperienza è da ricercare nelle resistenze provenienti dal PD nella realizzazione del programma e nella trasformazione della società italiana. Veltroni non può rimuovere questi eventi: ogni volta che noi abbiamo provato a rendere permeabile il governo alle istanze dei movimenti, sull'impostazione strategica adottata a Venezia, segmenti centrali dell'Unione e del PD hanno opposto fortissime resistenze. La permeabilità dei movimenti si è avuta ad inizio legislatura con il pronto ritiro delle truppe dall'Iraq, ma a questo periodo ha fatto seguito un aperto conflitto per i condizionamenti del PD e delle forze centriste. Non possiamo rinunciare all'investimento strategico sui movimenti perché ha permesso la sedimentazione di una cultura politica nuova che oggi ha dato come frutto il soggetto unitario a sinistra. Sui salari c'è stato l'esempio più emblematico: le risorse dell'extragettito non le si è volute destinare al lavoro dipendente perché forti resistenze interne al PD hanno preteso che ciò avvenisse solo in cambio di diverse forme di organizzazione del lavoro, ovvero solo in cambio dell'aumento della produttività e della competitività.
Abbiamo provato a costruire il soggetto unitario sull'onda della manifestazione contro la precarietà del 4 novembre 2006 e di quella del 20 ottobre scorso che chiedeva una svolta nelle politiche di governo e la costruzione del nuovo soggetto. Non è un caso che lo sblocco del processo unitario avutosi l'8 e 9 dicembre sia nato sulla scia della spinta impressa dalla mobilitazione del 20 ottobre. Così siamo riusciti a mettere in campo le dinamiche sociali e i rapporti di forza.
Questo gruppo dirigente, in un momento così difficile, ha avuto il coraggio di proporre un'ipotesi di rinnovamento con i criteri ipotizzati nella conferenza di organizzazione di Carrara.
I criteri che vogliamo adottare ci permetteranno di continuare nell'innovazione politica: quello della rappresentanza di genere al 50% sarà una vincolo per il partito e cercheremo di farlo adottare anche alle altre forze della Sinistra, poi ci sono quello della territorialità e del rinnovamento. Ci sarà una coerenza fra programmi e candidature, fra volti e contenuti. Emergerà un'idea chiara di moralità. In Calabria siamo passati all'opposizione a fronte di un degrado morale dilagante ed in Campania sollecitiamo a sbrigare le urgenze e ad andare al voto anticipato.
Fausto ha sostenuto che nelle liste del PD fra Colaninno e l'operaio della Tyssen Krupp, uno è di troppo. Veltroni ha replicato che non siamo più nel '53 e che questa obiezione è vetusta. Io dico a Walter che è vero, siamo nel 2008 e 2milioni e 700mila persone lavorano con un contratto a termine, 3milioni e mezzo a nero e molti altri precari si nascondono dietro finte partite IVA: tu cosa proponi a questi lavoratori, le magnifiche sorti della flessibilità per caso? O proponi, come sostiene Ichino, l'abolizione dell'art. 18 e la maggiore facilità di licenziamento? Noi vogliamo la stabilizzazione di questi lavoratori dopo un massimo di 36 mesi, mentre l'associazione di cui è stato presidente Colannino è da sempre contraria a questa impostazione. Caro Walter, tu cosa proponi? Hai ragione tu, siamo nel 2008 e come nel '53 lo facevano gli operai ed i braccianti, ancora oggi, ogni anno, dal Mezzogiorno scompare un'intera città di giovani diplomati e laureati, circa 100mila, che vanno a fare la fortuna dei tanti nord del mondo. Che proponi a questi ragazzi? Li mandi tutti a lavorare per costruire il ponte sullo stretto o la TAV in Val di Susa? Noi proponiamo un salario sociale per sottrarli ai ricatti di tanta parte del padronato, noi investiamo sulla loro terra, sul Mezzogiorno, sulla tutela del territorio, sulle risorse di memoria e di natura affinché queste ragazze e questi ragazzi possano stare con i piedi ancorati sulla loro terra a fare lavori gratificanti e non precari. Caro Walter non siamo più nel '53, da allora le donne hanno insegnato a tutti noi, con pratiche femministe che hanno cambiato le nostre culture, l'idea di libertà e di autodeterminazione dei soggetti ed hanno conquistato diritti, primo fra tutti quello all'aborto. Possiamo dire che in merito alla fecondazione assistita vogliamo cancellare quella legge medievale per garantire maggiori diritti. Ce la fai Walter a fare lo stesso? E ce la farai a riconoscere giuridicamente le coppie di fatto di qualunque orientamento sessuale esse siano ed a condannare giuridicamente l'omofobia? Noi ce la facciamo. Si può fare di più e questa è la nostra sfida: l'alternativa di società che vogliamo proporre in campagna elettorale per farla vivere nella società italiana in una sfida a chi interpreta meglio l'alternativa alle destre. Noi siamo incompatibili con le larghe intese, la grande coalizione sul modello tedesco o francese è un rischio reale per il paese. Essa si propone come unica risposta politica, nel quadro delle compatibilità confindustriali, alla crisi americana, a quella finanziaria, a quella delle risorse energetiche anche in vista di una crescita dimezzata per l'Italia che fa presumere un'imminente pressione fortissima sul mondo del lavoro e che, per questo, spingerà per una maggiore produttività e competitività. Più forte sarà la sinistra, meno possibili saranno le larghe intese, più forte sarà la sinistra, più facile sarà aprire le contraddizioni interne al PD. Il nostro voto è utile e necessario: utile per gli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori, necessario per ricostruire la sinistra. Chiediamo a tutti di partecipare con passione a questo confronto elettorale. Dobbiamo dar vita ad una mobilitazione, costruiamo le case della Sinistra, facciamo vivere un'idea di comunità altra, un'idea di politica nuova. Sento forte una responsabilità: siamo di fronte ad un passaggio decisivo. Questo simbolo allude ad un progetto in campo di alternativa di società, non rimuove le ragioni del conflitto di classe, del rapporto con il lavoro, ma parla del pacifismo e dei diritti civili.
Guai se vincesse l'impostazione populista e liberista delle destre, guai se ci fosse in campo solo una risposta centrista, tecnocratica e confindustriale, guai se a contrastare le due opzioni ci fosse solo una risposta residuale ed identitaria. Dobbiamo costruire una sinistra unita e plurale che sia spendibile sul terreno della politica, sulle condizioni individuali e collettive. La sinistra o è di massa o non è. In questo passaggio difficile dobbiamo esserci tutti con forza, convinzione e passione.