L'onda non si cavalca. Oggi Roma, lunedì di nuovo a Biella!

 
Oltre 200.000 student*, precar* della ricerca e insegnanti sono scesi nuovamente in piazza a Roma contro la legge 133 del Ministro Gelmini che taglia oltre agli 8 miliardi di euro alla scuola anche  1,5 miliardi di euro all'Università e alla ricerca.
 
 
Lunedì 17 novembre nella settimana mondiale studentesca  alle 8.30 davanti alla Standa corteo sudentesco indetto da

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Ritratto di Anonimo

Fino a Giugno, protesta continua contro la legge Gelmini.
Ritratto di Anonimo

maroni prevedeva 4000 manifestanti o poco più e per giunta aiutati dai centri sociali. dopo i fatti di piazza navona il ministero incolpava la sinistra. è ora di reclamare a gran voce le dimissioni del ministro per totale incompetenza, con simili personaggi non dobbiamo scandalizzarci se la sicurezza è un fattore k a senso unico.
Ritratto di Anonimo

Perchè vi mette seduti per terra?
Ritratto di roberto

visitate il nuovo straordinario sito del Ministro Gelmini---> http://www.ministeroistruzione.net/

 


 

Ritratto di roberto

di Francesco Raparelli*

Quanto durerà questo movimento? La domanda che ricorre. Eppure oltre ad interrogarne la durata varrebbe la pena coglierne le qualità, le differenze con il passato. L'Onda è un fatto nuovo, il corteo di ieri ne è dimostrazione inequivocabile. Oltre 300.000 studenti hanno invaso la città di Roma e hanno conquistato la possibilità di manifestare sotto Montecitorio. Una conquista non banale, in un paese in cui sembra normale assolvere con formula piena chi ha organizzato e ordinato la mattanza della scuola Diaz. Nel vuoto del diritto e della democrazia fa la sua comparsa il pieno di una nuova generazione che ritiene realistico il cambiamento. Nessuna utopia dunque, ma la concretezza di un desiderio di trasformazione, dall'università alle forme di vita. Quanto è accaduto fino ad adesso e negli ultimi due mesi testimonia una forza straordinaria: per la prima volta un movimento che tiene assieme l'intero settore della formazione, dalle scuole elementari alla ricerca. L'Onda universitaria, da questo punto di vista, non solo è centrale all'interno del processo di mobilitazione, si tratta, più in generale, di un'esperienza tanto potente, quanto inedita. Inedita per il panorama italiano, indubbiamente, meno inedita se estendiaLa realtàmo la cartina al resto d'Europa. Scontato e opportuno, per molti versi, il paragone con il '68: non solo un movimento universitario, ma anche una grande rottura generazionale. Il '68 è mondiale e si gioca nel pieno dell'espansione welfaristica, in questo caso ci troviamo di fronte ad un movimento che seppur provinciale, parla un lessico globale, nell'intensità e nel soggetto. L'Onda anomala che ha sommerso gli atenei e le città ha codificato un punto d'attacco contro la crisi economica globale. Sono di ieri le notizie che parlano della recessione economica: la tendenza si è fatta realtà e a breve si passerà dalle indicazioni Istat alle biografie distrutte dai licenziamenti, dalla precarietà, dalla disoccupazione. Siamo solo all'inizio e questo Berlusconi lo sa ed è per questo che alza il tiro sul terreno dei diritti, della decisione, delle libertà. Cosa accade, infatti, se lo slogan scandito dai movimenti universitari, «Noi la crisi non la paghiamo», diviene linguaggio comune? In risposta ai dati Istat arriva il monito di Napolitano: sacrifici. Anche in questo caso, non poche somiglianze con i movimenti del passato, col '77. Il '77 è stato per molti versi un movimento italiano ed è stato un urlo di rabbia contro la crisi economica e l'etica del lavoro e dei sacrifici. La questione dell'autonomia dei nuovi soggetti sociali e del rifiuto del lavoro ha raggiunto quell'anno un punto di condensazione potentissimo: l'università, da Roma a Bologna, l'epicentro dell'esplosione. Eppure la crisi italiana portava con sé i confini stretti di una ristrutturazione ritardata. Oggi i ritardi sono leggerissimi, se non inesistenti, oggi la crisi italiana è solo qualche mese più in là del collasso statunitense. La crisi è globale e non possono che ambire all'estensione globale i movimenti che la contestano. Il rifiuto dei sacrifici non prevede la divisione delle «due società», ma si colloca al centro del declassamento senza fine del lavoro cognitivo e della crisi profonda dei ceti medi. Il rinnovato riformismo americano di Obama, in questo senso, è del tutto paradigmatico: servizi, dalla sanità alla formazione, innovazione; sostegno alle nuove povertà. La partita politica e sociale all'interno della quale si muove l'Onda anomala italiana è una partita complessa, quanto decisiva: come rispondere alla recessione economica imponendo risorse e sostegno per le nuove forme del lavoro, per la ricerca, per la formazione? Sembra un ragionamento contro-intuitivo, laddove la sua forza realistica sbaraglia ogni finzione liberale: solo un'economia della conoscenza fatta di diritti e di garanzie può mettere all'angolo la crisi. Dunque il no alla 133 diventa immediatamente un discorso d'alternativa. Le caratteristiche di questo movimento ci portano in Francia, senza possibilità d'errore. Le giornate del marzo e dell'aprile francese del 2006 ricordano le manifestazioni selvagge che dalle università italiane invadono le città, bloccano la produzione diffusa e propongono una nuova forma di sciopero. Abbiamo detto in più occasioni, un movimento profondamente politico (senza esitazioni sulla discriminante anti-fascista), ma anche un movimento senza partiti e irrappresentabile, fatto da una generazione post-ideologica, per questo radicale e combattiva. Eppure a differenza del movimento francese il movimento italiano sa accompagnare al pragmatismo una profonda ricerca di autonomia e di progettualità. Sarebbe bello che questa capacità costituente non vada smarrita con il ritorno fantasmatico della vecchia politica e con lo stile d'un tempo, tra mozioni e guerre gruppettare. Questo movimento può durare a lungo e andare lontano, se saprà conservare la gioia e la leggerezza conflittuale delle corse impreviste e non autorizzate tra le strade piene di traffico. Solo questi elementi possono salvare dalla noia e solo senza noia un movimento può farsi realisticamente rivoluzionario. *Dottorando di ricerca in Filosofia politica 15/11/2008

Ritratto di Anonimo

perchè non sa contare.