Noterelle sul De Gasperi di Susta

 

 

 

 

 

 

 

 

Note in risposta a un "delirante" ed impreciso ricordo del deputato europeo del PD Gianluca Susta pubblicato su "il Biellese" a cura di Marco Albeltaro

Ho letto con attenzione l’articoletto di Gianluca Susta dedicato ad Alcide De Gasperi, pubblicato sulla Vostra prima pagina del 22 agosto e debbo dire che ne sono rimasto deluso. Deluso per almeno tre motivi che mi provo ad elencare. Si tratta di appunti che mi sento di muovere a Susta non già sul piano politico ma su quello storico, materia nella quale mi cimento in modo professionale. Propongo dapprima alcune notazioni di merito per concludere con degli appunti di metodo.

1) Leggo che De Gasperi avrebbe «(ri)fondato la democrazia italiana»: giova rammentare che il termine «rifondare», con o senza parentesi, significa riprendere un tema (in questo caso la democrazia) presente prima di un determinato avvenimento storico che l’ha temporaneamente derubricata dallo scenario politico. In questo caso, par di comprendere, il periodo che ebbe in uggia la democrazia è il fascismo e - su questo dubbi non ve ne sono - ma molte difficoltà in più fanno capolino se si ricerca in Italia, prima del fascismo, un sistema di organizzazione statuale pienamente democratico. A cosa si riferisce Susta? All’Italia nella quale le donne non votavano? All’Italia del trasformismo assunto come criterio di autorigenerazione dei ceti politici? All’Italia delle leggi antisocialiste? Attendiamo lumi. Il concetto di «ricostruzione democratica» dell’Italia dopo il ventennio di dittatura fascista, che Susta ampiamente mostra di travisare, sta in realtà a indicare quel complesso percorso che affonda le proprie radici nella «Resistenza lunga» dipanatasi durante la dittatura e sfociata in un tentativo, non pienamente realizzato, di ricostruzione del paese in senso democratico e non già nel senso di una «(ri)fondazione» di una democrazia che non era stata mai fondata.

2) De Gasperi, secondo Susta, diede «la terra ai contadini». Mi pare un’affermazione del tutto imprecisa. I fatti andarono in ben altro modo: furono i «Decreti Gullo», dal nome del ministro comunista dell’agricoltura che li stese, a tentare una ridistribuzione delle terre che andasse a favorire i contadini. Fu poi Antonio Segni, titolare del dicastero di Gullo dopo l’estromissione dei comunisti dal governo ad abrogare quei provvedimenti. Nel ’49 «si generò un tale clamore ed una tale tensione non solo nelle campagne, ma anche negli ambienti politici di Roma che il Governo fu costretto ad intraprendere un’azione per rendere più tollerabile la situazione. Il presidente del Consiglio on. Alcide De Gasperi – scrive lo storico N. Kogan nel suo L’Italia del dopoguerra. Storia politica dal 1945 al 1966 - ed il ministro all’Agricoltura on. Antonio Segni, proprietario terriero e docente universitario sardo, prepararono un progetto di legge per il frazionamento delle grandi proprietà terriere abbandonate. I grandi imprenditori agricoli – spiega Kogan – che impegnavano tecniche avanzate, furono esclusi dalla legge a prescindere dall’estensione delle loro proprietà. Nell’aprile 1949, l’on. De Gasperi propose la ridistribuzione di 37.000 ettari di terre incolte e la proposta di legge fu sottoposta ad una commissione interministeriale. La Confagricoltura – aggiunge lo storico inglese – organizzazione dei grandi proprietari terrieri, esercitò però una tale pressione sui ministeri che il progetto fu insabbiato in Commissione». Così andarono i fatti. Mi permetto di indirizzare quindi a Susta il monito di Harold Macmillan: «Fatti, caro ragazzo, fatti».

3) Affermare che De Gasperi sconfisse il comunismo significa operare una forzatura inaccettabile sul piano storiografico. Certo la Dc vinse le elezioni del 1948 ma il Pci non fu affatto distrutto da quell’esito elettorale e si dovette attendere più di un quarantennio per vederne l’implosione. In secondo luogo la noterella ove si legge che De Gasperi fu «antifascista perché democratico e, quindi, anticomunista» è molto rozza sul piano interpretativo oltre che beceramente revisionista. Anzi: esprime una vulgata che affonda le proprie radici nelle storture propinate dalla destra più ignorante che continuamente tenta di screditare il contributo dei comunisti italiani alla costruzione del regime democratico in Italia (col più consistente contributo alla Resistenza, ad esempio, oppure con la togliattiana «svolta di Salerno»: do you remember?) al fine di riabilitare il fascismo. Giova rammentare a Susta, che pare affetto dalla sindrome di Forrestal (dal nome del Segretario alla Difesa di Truman che morì gettandosi da una finestra il 22 maggio 1949 per paura di un’imminente «vittoria comunista»), che affermare che anticomunismo e democrazia sono le due facce della stessa medaglia significa operare una stortura ed una mistificazione. In particolare vuol dire sostenere un approccio alla storia accecato dall’appartenenza politica e non già mosso dal bisogno di ricostruzione critica dei «fatti realmente accaduti». È per questo che il monito di Susta «nessuno usi De Gasperi per fini di parte» suona tanto più ridicolo se uscito dalla sua penna. Perché Susta in questo articoletto condensa una sorta di manuale di come non si dovrebbero fare le commemorazioni. Lo scritto è infarcito di errori, come si è visto, ma anche di semplificazioni assai rozze; inoltre lo stile sembra ispirato alle Vite dei santi: «un uomo; uno sposo; un padre; un politico» e ancora: «padre e marito esemplare»...insomma, in una parola: un santo. Questo modo di approcciarsi ai personaggi commemorati produce, caro Susta, l’opposto di ciò che dovrebbe muovere gli intenti di chi scrive o pronuncia una commemorazione. Alla base di commemorazioni come quella abbozzata da Susta dovrebbero esserci la volontà di perpetuare l’insegnamento del commemorato, di vivificarne l’esempio, di metterne a profitto i meriti, così come di verificarne criticamente gli errori. Lo scritto di Susta è invece un’accozzaglia apologetica e piattamente acritica nella quale De Gasperi viene di fatto cavato dall’agone politico e dalla temperie storica nelle quali operò per essere inserito in un fantasmatico olimpo democratico (del Partito, intendo). De Gasperi, afferma Susta, deve essere lodato ed adorato ma non è dato sapere per quali meriti perché egli non si perita di illustrane in modo articolato nemmeno uno, costringendo il lettore ad una sorta di atto di fede. Perché era un buon padre? Un buon marito? Mi pare un po’ poco.

Allorquando si intende riportare alla ribalta un dato personaggio storico e politico – mi sia permesso il consiglio – lo si deve fare mettendo in rapporto dialettico le azioni positive con gli errori; gli slanci di cui serbare buona memoria e quelli invece che, magari, poco onore fanno al personaggio. E dato che De Gasperi, pur essendo stato sempre legato saldamente al Vaticano (che lo protesse e lo nascose durante buona parte del Ventennio fascista) e alla Chiesa, era comunque un uomo in carne ed ossa e non un santo (come invece lo presenta Susta) di errori ne fece. Giova quindi rammentarne alcuni per controbilanciare l’apologia sustiana. Innanzi tutto l’estromissione dei comunisti dal governo che De Gasperi operò all’indomani di un viaggio negli Usa: non vi sono prove che durante i colloqui con gli americani sia stata concordata l’espulsione del Pci dal governo di unità nazionale, sta di fatto che non appena rientrato in patria, De Gasperi li escluse come avvenne analogamente, ad esempio, in Francia. Tale operazione condusse l’Italia verso quella anomalia che ne fece una «democrazia incompiuta» in cui gli interessi nazionali vennero costantemente posti al vaglio ( e talvolta in subordine) degli Usa.

Va ricordato anche il clima di odio che egli contribuì a costruire nei confronti dei comunisti durante la campagna elettorale del ‘48 di cui l’attentato a Togliatti fu l’ultimo cruento strascico. Giova poi rammentare il tentativo di far approvare al Parlamento italiano una delle leggi che ancor oggi vengono additate tra i tentativi di soluzione autoritaria scampati dalla nostra traballante democrazia: la «legge truffa» che fu derubricata dall’agenda politica solo grazie alla mobilitazione istituzionale e sociale delle sinistre. Fu quello uno dei tentativi «riformisti» di De Gasperi cui Susta allude?

È poi divertente – ma questa è una nota di colore - che Susta tra i padri della nostra democrazia inserisca molti esponenti azionisti che come è noto (forse, par di capire, non a tutti) furono duri e ferventi anticlericali e quindi molto spesso espressero giudizi assai duri proprio su De Gasperi e sull’ambiente democristiano. Meno divertente è invece che Susta non inserisca tra i «padri della patria» personaggi come Togliatti, Longo o il biellese Secchia che diedero un contributo alla lotta contro il fascismo infinitamente superiore a quello dei democristiani.

Infine mi sia permesso di rammentare che la colpa più grave di De Gasperi, come ben annotò un grande azionista come Giorgio Agosti nel suo diario, fu quella di aver allevato in seno alla Dc una delle peggiori classi dirigenti che l’Europa abbia mai visto (Andreotti, per esempio: do you remember?);e le colpe dei figli, almeno in politica, ricadono anche sui padri.

Per chiudere non rimane che affermare che la Storia (quella con la S ,maiuscola) è cosa seria. È una scienza. Una scienza non esatta come tutte le scienze umanistiche ma pur sempre una scienza che ha come suo fine ultimo la ricostruzione critica dei «fatti realmente accaduti» e così come la cattedra, come sosteneva Max Weber «non è né per i profeti né per i demagoghi» (Norberto Bobbio era solito ripeterlo ai suoi allievi), la Storia mal si esercita dal pulpito della politica e dallo sgabello dell’apologia. Una raccomandazione quindi: mai subordinare la Storia alle esigenze di parte; mai stiracchiare i fatti; mai cancellare le ombre per esaltare le luci. La dialettica del dispiegarsi storico, caro Susta, è una precondizione irrinunciabile di qualsiasi approccio alla Storia per evitare raffazzonati garbugli apologetici come quello da Lei propinatoci.

 

Marco Albeltaro

Storico

Responsabile cultura e formazione Prc-Se, Segr. Prov.

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