Il tribunale di Genova ha riconosciuto che le vittime
hanno raccontato la verità, a Bolzaneto vi sono state le violenze che abbiamo
ascoltato in questi mesi nelle aule del tribunale ligure . La stessa verità che
da quel maledetto luglio il GSF e tutto il movimento hanno continuato a
ripetere.
Decidendo che le vittime hanno diritto ad un
risarcimento, che sarà poi definito in sede civile, i giudici hanno riconosciuto
come verità giudiziaria quanto fino ad ora era una verità affermata da chi
quelle violenze le aveva subite. Nessuno d'ora in avanti potrà più mettere in
dubbio quello che è accaduto dentro quella caserma trasformata in un girone
infernale.
L'obbligo rivolto ai ministeri dell'Interno e della
Giustizia di partecipare direttamente ai risarcimenti acquista un preciso
significato politico: vi sono anche responsabilità politiche per quello che in
quei giorni è accaduto a Bolzaneto e queste responsabilità vanno ricercate nei
ministeri diretti allora da Scajola e Castelli. Ed infatti l'avvocatura dello
Stato, proprio per evitare di ritrovarsi in questa imbarazzante situazione dai
forti significati politici, aveva dichiarato, durante il dibattimento, di non
voler assumersi alcuna responsabilità nei risarcimenti.
Per questo appaiono ingiustificate le dichiarazioni con
le quali Castelli cerca di far emergere dalla sentenza del tribunale
un'assoluta estraneità ed una piena assoluzione per i vertici politici di
allora.
Ma proprio il fatto che la Corte non abbia messo in discussione le
testimonianze delle vittime rende ancora più inaccettabile la sentenza; appaiono
evidenti le compatibilità dentro le quali si è mossa la Corte ed il loro preciso significato
politico.
I fatti sono veri, le violenze vi
sono state, ma nella maggioranza dei casi non sappiamo chi le ha commesse e
comunque sono episodi che non prevedono delle aggravanti a carico di chi è stato
giudicato colpevole.
Questa in estrema sintesi è stata la posizione del
collegio giudicante; quindi per i giudici il taglio di capelli di Taline Ender e
Saida Teresa Magana, lo strappo della mano divaricata a forza di Giuseppe
Azzolina, il cappellino con falce e un pene al posto del martello fatto
indossare a Thorsten Meyer Hinnric, la testa nella tazza del cesso, le minacce
di morte, di sodomia e di stupro non sono reati gravi, non sono comportamenti
in contrasto con le convenzione internazionale sui diritti umani, non sono
violenze per le quali deve essere contestato il reato l'abuso d' ufficio doloso,
indicato dai pubblici ministeri in sostituzione del reato di tortura non ancora
previsto dal nostro ordinamento giudiziario. Solo ad Antonio Biagio Gugliotta,
ispettore della polizia penitenziaria, infatti, i giudici hanno confermato l'
impostazione accusatoria, confermando il reato di abuso
d'ufficio.
In nessun altro Paese dell'Europa occidentale potrebbero
essere accettate simili affermazioni.
Quando nella commissione Diritti Umani del parlamento
europeo discutiamo ad esempio della Turchia comportamenti simili a quelli
verificatisi a Bolzaneto e nelle giornate genovesi vengono considerati in
contrasto con l'acquis
comunitario (l'insieme dei diritti e degli obblighi dei paesi UE) e
vanno ad aggiungersi ai molti ostacoli che fino ad ora hanno reso impossibile
dare il via libera all'entrata della Turchia
nell'UE.
Risibile appare l'entità delle condanne attribuite, solo
per fare alcuni esempi, a Perugini e al dott. Toccafondi, se
paragonate con la quantità delle precise e documentate testimonianze a loro
carico. Per non parlare dell'assoluzione dell'allora colonnello della polizia
penitenziaria, oggi generale, Oronzo Doria, non a caso il più in alto in grado tra
gli ufficiali presenti a Bolzaneto. Sono stati condannati, e con il minimo della
pena, solo coloro per i quali non vi era alcuna possibilità di negare le
responsabilità dirette in atti di assoluta illegalità
L'omertà diffusa a tutti i livelli tra le varie forze
dell'ordine coinvolte a Bolzaneto, omertà più volte denunciata dai pubblici
ministeri, anziché essere indicata dai giudici come colpa grave da addebitare
anche ai piani alti dei responsabili dell'ordine pubblico è stata utilizzata per
attribuire trenta assoluzioni.
I giudici, con il già citato coinvolgimento di due
ministeri nell'obbligo del risarcimento, hanno lasciato aperto, ma senza entrare
nel merito, il dibattito su eventuali responsabilità politiche, ma hanno
tutelato in ogni modo tutta la catena di comando delle forze
dell'ordine.
Ed è questo l'aspetto più grave di quanto accaduto
lunedì a Genova e fortemente sottovalutato dagli organi d'informazione. Come
avviene da decenni in Italia ogni volta che sotto processo finiscono degli
uomini in divisa scattano, dentro e fuori dalle aule del tribunale, meccanismi
ormai ben collaudati tesi a negare ogni responsabilità e a evitare ogni
permanenza in carcere, dei poliziotti, dei carabinieri e degli agenti dei
servizi segreti. Potremmo riempire una pagina per ricordare tali episodi: da
piazza Fontana alla morte di Roberto Franceschi, dall'assassinio di Luca Rossi a
quello di Carlo Giuliani e di Federico Aldrovandi, solo per citarne alcuni.
E quando qualcuno tra i tutori dell'ordine finisce in
carcere il più delle volte è per aver perso il confronto interno con una cordata
più forte.
Ma questa volta la partita è ancora più grande; la
sentenza di ieri guarda ostinatamente al processo della Diaz che arriverà a
conclusione tra qualche mese: lì la catena di comando della polizia è
direttamente coinvolta fino al massimo grado. Fino agli
intoccabili.
Coloro che nel luglio del 2001 avevano la responsabilità
massima dell'ordine pubblico a Genova e che poi in questi anni, con la
compiacenza di tutti i governi che si sono succeduti, hanno dispiegato una
ragnatela che non lascia fuori nessun settore delle nostre forze dell'ordine e
dei nostri servizi.
Questa è la linea invalicabile di fronte alla quale si è
fermata la sentenza su Bolzaneto; una sentenza che colpisce pesantemente anche
tutti coloro, e ce ne sono tanti, che nella magistratura o tra le forze
dell'ordine cercano di far rispettare i valori della nostra
Costituzione.
Questa è la linea di fronte alla quale il mondo
politico, quasi nella sua totalità, si arresta impaurito o deferente come si è
potuto vedere per l'ennesima volta in occasione della mancata istituzione della
commissione d'inchiesta.
Questo è un aspetto non secondario della questione
democratica in Italia, che in troppi si ostinano a non voler vedere.
Europarlamentare Sinistra
Europea/Rifondazione Comunista, ex portavoce del GSF a Genova nel luglio
2001
a chi è stato ammazzato "per legittima difesa", a chi è stato torturato, a chi è stato incarcerato, a chi piange ancora oggi, a aidi e giuliano, a chi resiste...
Carlo aveva 20 anni
Decise di andare a marciare
Credeva in un mondo più giusto
Tra uomini che sanno sognare.
Quel giorno eravamo in tanti
Nel tempo di disobbedire
Un grido di sopravvivenza
Un mondo da ricostruire.
Il canto dei pacifisti
Le mani dei lavoratori
La gioia e la tenerezza
L'abbraccio tra generazioni.
Ricordo di averti incontrato
Insieme al tuo amore e al tuo cane
Portavi con te la speranza
L'impegno di chi vuol cambiare.
Sapevi che già nel '60
In piazza i camalli ad urlare
Difesero la resistenza
Da chi la voleva schiacciare.
Dal mare odor di tempesta
E l'aria che puoi masticare
Ma i colpi di quei manganelli
Non fanno morire le idee.
Il fiore della ribellione
Tagliato dagli uomini neri
Buttato e lasciato per terra
Il vento l'ha portato via.
Ma il fiore della ribellione
Ha un seme che è volato via
E in qualche altra splendida terra
Un giorno rifiorirà.
_casa del vento_
Una sentenza vergognosa che avalla i comportamenti da Golpe Cileno usati dalle forze del disordine in occasione della grande manifestazione contro i padroni del mondo a Genova. Purtroppo da un paese governato da un inquisito piduista e chi più ne ha più ne metta non ci si potev aspettare molto.
Commenti
roberto (non verificato)
Lun, 21/07/2008 - 22:32
Collegamento permanente
Bolzaneto, tutelata la
Bolzaneto, tutelata la catena di comando
di Vittorio Agnoletto*
Il tribunale di Genova ha riconosciuto che le vittime hanno raccontato la verità, a Bolzaneto vi sono state le violenze che abbiamo ascoltato in questi mesi nelle aule del tribunale ligure . La stessa verità che da quel maledetto luglio il GSF e tutto il movimento hanno continuato a ripetere.
Decidendo che le vittime hanno diritto ad un risarcimento, che sarà poi definito in sede civile, i giudici hanno riconosciuto come verità giudiziaria quanto fino ad ora era una verità affermata da chi quelle violenze le aveva subite. Nessuno d'ora in avanti potrà più mettere in dubbio quello che è accaduto dentro quella caserma trasformata in un girone infernale.
L'obbligo rivolto ai ministeri dell'Interno e della Giustizia di partecipare direttamente ai risarcimenti acquista un preciso significato politico: vi sono anche responsabilità politiche per quello che in quei giorni è accaduto a Bolzaneto e queste responsabilità vanno ricercate nei ministeri diretti allora da Scajola e Castelli. Ed infatti l'avvocatura dello Stato, proprio per evitare di ritrovarsi in questa imbarazzante situazione dai forti significati politici, aveva dichiarato, durante il dibattimento, di non voler assumersi alcuna responsabilità nei risarcimenti.
Per questo appaiono ingiustificate le dichiarazioni con le quali Castelli cerca di far emergere dalla sentenza del tribunale un'assoluta estraneità ed una piena assoluzione per i vertici politici di allora.
Ma proprio il fatto chela Corte non abbia messo in discussione le
testimonianze delle vittime rende ancora più inaccettabile la sentenza; appaiono
evidenti le compatibilità dentro le quali si è mossa la Corte ed il loro preciso significato
politico.
I fatti sono veri, le violenze vi sono state, ma nella maggioranza dei casi non sappiamo chi le ha commesse e comunque sono episodi che non prevedono delle aggravanti a carico di chi è stato giudicato colpevole.
Questa in estrema sintesi è stata la posizione del collegio giudicante; quindi per i giudici il taglio di capelli di Taline Ender e Saida Teresa Magana, lo strappo della mano divaricata a forza di Giuseppe Azzolina, il cappellino con falce e un pene al posto del martello fatto indossare a Thorsten Meyer Hinnric, la testa nella tazza del cesso, le minacce di morte, di sodomia e di stupro non sono reati gravi, non sono comportamenti in contrasto con le convenzione internazionale sui diritti umani, non sono violenze per le quali deve essere contestato il reato l'abuso d' ufficio doloso, indicato dai pubblici ministeri in sostituzione del reato di tortura non ancora previsto dal nostro ordinamento giudiziario. Solo ad Antonio Biagio Gugliotta, ispettore della polizia penitenziaria, infatti, i giudici hanno confermato l' impostazione accusatoria, confermando il reato di abuso d'ufficio.
In nessun altro Paese dell'Europa occidentale potrebbero essere accettate simili affermazioni.
Quando nella commissione Diritti Umani del parlamento europeo discutiamo ad esempio della Turchia comportamenti simili a quelli verificatisi a Bolzaneto e nelle giornate genovesi vengono considerati in contrasto con l'acquis comunitario (l'insieme dei diritti e degli obblighi dei paesi UE) e vanno ad aggiungersi ai molti ostacoli che fino ad ora hanno reso impossibile dare il via libera all'entrata della Turchia nell'UE.
Risibile appare l'entità delle condanne attribuite, solo per fare alcuni esempi, a Perugini e al dott. Toccafondi, se paragonate con la quantità delle precise e documentate testimonianze a loro carico. Per non parlare dell'assoluzione dell'allora colonnello della polizia penitenziaria, oggi generale, Oronzo Doria, non a caso il più in alto in grado tra gli ufficiali presenti a Bolzaneto. Sono stati condannati, e con il minimo della pena, solo coloro per i quali non vi era alcuna possibilità di negare le responsabilità dirette in atti di assoluta illegalità
L'omertà diffusa a tutti i livelli tra le varie forze dell'ordine coinvolte a Bolzaneto, omertà più volte denunciata dai pubblici ministeri, anziché essere indicata dai giudici come colpa grave da addebitare anche ai piani alti dei responsabili dell'ordine pubblico è stata utilizzata per attribuire trenta assoluzioni.
I giudici, con il già citato coinvolgimento di due ministeri nell'obbligo del risarcimento, hanno lasciato aperto, ma senza entrare nel merito, il dibattito su eventuali responsabilità politiche, ma hanno tutelato in ogni modo tutta la catena di comando delle forze dell'ordine.
Ed è questo l'aspetto più grave di quanto accaduto lunedì a Genova e fortemente sottovalutato dagli organi d'informazione. Come avviene da decenni in Italia ogni volta che sotto processo finiscono degli uomini in divisa scattano, dentro e fuori dalle aule del tribunale, meccanismi ormai ben collaudati tesi a negare ogni responsabilità e a evitare ogni permanenza in carcere, dei poliziotti, dei carabinieri e degli agenti dei servizi segreti. Potremmo riempire una pagina per ricordare tali episodi: da piazza Fontana alla morte di Roberto Franceschi, dall'assassinio di Luca Rossi a quello di Carlo Giuliani e di Federico Aldrovandi, solo per citarne alcuni.
E quando qualcuno tra i tutori dell'ordine finisce in carcere il più delle volte è per aver perso il confronto interno con una cordata più forte.
Ma questa volta la partita è ancora più grande; la sentenza di ieri guarda ostinatamente al processo della Diaz che arriverà a conclusione tra qualche mese: lì la catena di comando della polizia è direttamente coinvolta fino al massimo grado. Fino agli intoccabili.
Coloro che nel luglio del 2001 avevano la responsabilità massima dell'ordine pubblico a Genova e che poi in questi anni, con la compiacenza di tutti i governi che si sono succeduti, hanno dispiegato una ragnatela che non lascia fuori nessun settore delle nostre forze dell'ordine e dei nostri servizi.
Questa è la linea invalicabile di fronte alla quale si è fermata la sentenza su Bolzaneto; una sentenza che colpisce pesantemente anche tutti coloro, e ce ne sono tanti, che nella magistratura o tra le forze dell'ordine cercano di far rispettare i valori della nostra Costituzione.
Questa è la linea di fronte alla quale il mondo politico, quasi nella sua totalità, si arresta impaurito o deferente come si è potuto vedere per l'ennesima volta in occasione della mancata istituzione della commissione d'inchiesta.
Questo è un aspetto non secondario della questione democratica in Italia, che in troppi si ostinano a non voler vedere.
Europarlamentare Sinistra Europea/Rifondazione Comunista, ex portavoce del GSF a Genova nel luglio 2001
Anonimo (non verificato)
Mar, 22/07/2008 - 08:15
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a chi è stato ammazzato
Aldo (non verificato)
Mer, 23/07/2008 - 15:27
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Ecco il nuovo fascismo