Ci sono due Italie: la più forte vuole cancellare la più debole

Editoriale del direttore del quotidiano "Liberazione"

Se uno vi dice che in una certa parte del mondo c'è un paese dove il capo degli industriali avverte il Parlamento che una determinata legge - che il Parlamento ancora non ha vagliato - dovrà essere approvata e basta, a scatola chiusa, e che non c'è margine per discutere, per modificare, per migliorare, e spiega al Parlamento che il suo compito è dire sì e non impicciarsi di politica, voi cosa direste? Vi chiedereste: in che parte del mondo, e in che tempo possono avvenire queste cose? Forse nell'America Latina degli anni '70 e 80?
E invece no, e lo sapete benissimo. Quel capo degli industriali ha un nome spagnolesco ma è italiano: Cordero di Montezemolo. E il Parlamento a cui è stato ordinato di rinunciare ai suoi poteri è il nostro Parlamento. E sapete anche benissimo che prima di questa intimazione del capo degli industriali, altre intimazioni, analoghe, erano venute dal Presidente del Consiglio, molto infastidito dalle richieste di discussione avanzate dalla sinistra, da alcuni ministri e persino dai sindacati, anzi dai capi massimi dei sindacati (e questa è la cosa che provoca - diciamo così - più stupore e dolore).
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Guardate le cose che sono successe ieri e capirete facilmente che ci troviamo di fronte a due Italie, ma che una delle due vorrebbe imporre la scomparsa dell'altra. Una Italia è quella, per esempio, degli operai metalmeccanici, che nel luogo simbolo della nostra classe operaia - luogo simbolo da più di un secolo: la Fiat - contestano l'accordo governo-sindacati sul welfare, criticano in modo severissimo - anche se molto calmo e civile - i propri dirigenti sindacali, chiedono che l'accordo sia cambiato e domandano ai propri dirigenti perché contro quell'accordo non hanno fatto fuoco e fiamme. E poi, domandano ancora: se quell'accordo fosse stato proposto da un governo di centrodestra, non avreste forse fatto lo sciopero generale?
Poi c'è una seconda Italia che della Fiat Mirafiori se ne frega, ne nega l'esistenza e dice che le decisioni del governo e dei vertici sindacali non si discutono e che una democrazia vera è una democrazia che decide e non una democrazia che discute. Questa seconda Italia è potentissima. Perché tiene insieme Confindustria, vertici sindacali e il gruppo dirigente del principale partito di governo, cioè il Pd, ed è sostenuta in modo abbastanza evidente, anche se non dichiarato, dall'intero schieramento di centrodestra. Non voglio usare parole a sproposito, come spesso si fa in politologia, ma io credo che se la "prima Italia" non saprà resistere alla "seconda", se non riuscirà a restare in piedi, a combattere, a restituire dei colpi, se verrà sconfitta e "spianata", allora non c'è dubbio che in Italia ci sarà un regime. Cos'è un regime? L'abolizione dell'opposizione. Sicuramente oggi - molto più che nel quinquennio trascorso - ci sono forze potentissime che questo disegno lo hanno ben chiaro in mente. Forze dell'impresa, forze politiche. E probabilmente la cosa potrebbe non dispiacere nemmeno al Vaticano.Il mese di ottobre sarà decisivo per far fallire questa manovra, o assistere - disperati - alla sua riuscita. Ci sono molti appuntamenti decisivi. Tre soprattutto. Il referendum sul welfare, le primarie del Pd e il 20 ottobre. Da questo triplo salto può uscire la crisi politica o la tenuta del governo Prodi, ma non è questa l'unica incertezza: se Prodi resterà in sella, a seconda di come andranno le cose - e di come si svolgeranno i tre appuntamenti - potrà essere un Prodi costretto a svoltare a sinistra, sbattendo la porta in faccia a quelle componenti che anelano al regime, o invece un Prodi debolissimo, prigioniero degli industriali e dei settori più conservatori e "regimisti" del Pd.
Più si va a destra, più Prodi è debole, più si sposta a sinistra più si rafforza, anche se rischia i capricci dei vari Dini, i quali però non hanno molte carte da giocarsi salvo quella di minacciare di vendersi a Berlusconi. Operazione assai rischiosa, perchè li taglierebbe fuori dalla nascita del Partito democratico e li vedrebbe emarginati dalla vastissima area di potere che quel partito controlla, restando molto incerto il compenso che Berlusconi potrebbe garantire loro.
Per quello che riguarda la tenuta di Prodi, ieri l'Unità sosteneva che il rischio, per il premier, viene dal 20 ottobre. Cioè dalla manifestazione che abbiamo indetto noi insieme a il manifesto e a Carta. Non è così, chiunque lo vede. La nostra manifestazione potrà costringere Prodi a spostarsi a sinistra, ma non è decisiva per la sua tenuta o caduta. Quello che davvero è decisivo è l'appuntamento del 14 ottobre, cioè le primarie e la proclamazione di Veltroni. Ci sono un paio di ipotesi: che le primarie vadano bene al Pd, cioè con molti votanti, quattro o cinque milioni, e con un trionfo di Veltroni. In questo caso la leadership di Prodi sarebbe praticamente azzerata, e si tratterebbe di vedere solo quando e come Veltroni gli subentrerà alla guida. La seconda ipotesi è che le primarie vadano maluccio, cioè con meno di due milioni di votanti, o con un risultato non brillantissimo di Veltroni, e questo provocherà la fine della leadership di Veltroni, e un vero e proprio terremoto nel Pd che si ritroverà di nuovo acefalo. In tutte e due i casi per il governo saranno guai.
Anche gli altri due appuntamenti di ottobre sono incerti. Il referendum, si sa, lo vinceranno i gruppi dirigenti sindacali, ci mancherebbe. Cioè vincerà il si. Il sindacato è una macchina potentissima e ha un grande controllo sulle categorie più numerose, per esempio i pensionati. Però non basterà vincere il referendum, bisognerà vincere anche tra i lavoratori attivi, in particolare nelle fabbriche del nord e tra i metalmeccanici. Altrimenti ci si presenta alla trattativa politica con un "si" giuridicamente inoppugnabile, ma il cui valore morale e politico sarebbe molto ridimensionato.
Infine il 20 ottobre. State sicuri che se la manifestazione riuscirà e sarà grande, porterà molte frecce nella faretra della sinistra. E la sinistra ne ha bisogno, ne ha assoluto bisogno. Perché oggi - lo leggete su tutti i giornali, lo sentite dalle dichiarazioni dei dirigenti del centrosinistra - c'è una opinione assai diffusa che dice che la sinistra seria è quella che soggiace a qualunque diktat del centro, tace e porta voti. A una gran parte del mondo politico economico l'unica sinistra che piace, e che sembra adeguata alla modernità, è la sinistra morta. Se il 20 ottobre sarà molto forte, loro ci resteranno male, noi potremo sorridere.
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Nell'operazione di spostamento a destra del paese - attraverso lo spostamento a destra del partito democratico - i sindaci Ds hanno avuto un gran ruolo. Sergio Cofferati è un po' seccato per il fatto che alcuni suoi colleghi, come Domenici di Firenze e Veltroni di Roma, lo hanno scavalcato in comportamenti moderati e benpensanti. Ed è corso ai ripari. Ieri ha annunciato che denuncerà gli organizzatori della street parade (manifestazione giovanile che si è svolta a Bologna, facendo infuriare Cofferati, il quale vorrebbe ammettere, in città, solo cortei dei cadetti dell'accademia di Marina) e che non parteciperà più a riunioni di comitati per l'ordine pubblico che permettono simili oscenità, come i giovani lasciati liberi per strada. Che volete? Ormai Cofferati è così. Domenica sera è stata leggendaria la sua intervista a Fabio Fazio. Prima Cofferati ha sostenuto che invece di affrontare i problemi grandi - come vorrebbe la noiosa sinistra massimalista - è meglio affrontare tanti problemi piccoli. Perchè tanti problemi piccoli valgono uno grande. Per esempio, invece di misurarsi col complicatissimo tema della speculazione, è meglio prendersela con un piccolo campo nomadi, un gruppetto di giovani che beve birra, qualche lavavetri, un po' di mendicanti, scacciare una decina di senza casa e altre cose così... se poi le metti tutte insieme, queste piccole cose, è come se avessi affrontato un problema grande come la speculazione, e ti senti meglio.
Fazio lo guardava un po' incredulo. E allora Cofferati ha spiegato che lui qualche anno fa, prima di fare il sindaco, faceva un altro mestiere. Ha detto che faceva il capo del sindacato, della Cgil. Fazio si è illuminato. Gli detto: «Ah, ecco: ma allora era lei? Sa che non la riconoscevo più? E' un sacco di tempo che quando la vedo, mi dico: ma io questo già l'ho visto da qualche parte...» . Cofferati sembrava soddisfatto e annuiva. Forse, preso nella sua parte di sceriffo, neanche s'è accorto della presa in giro.

Piero Sansonetti
02/10/2007