Il documento delle Sinistre a Prodi

Il Documento presentato dalle quattro forze della Sinistra al Presidente del Consiglio

Una Finanziaria di qualità e giustizia sociale.


Per il lavoro, l'ambiente, il sapere


La sfida per cambiare il Paese che le forze democratiche hanno lanciato all’indomani della vittoria elettorale di un anno fa è tuttora viva nella coscienza delle cittadine e dei cittadini italiani. E’ una sfida che riguarda la qualità dell’ambiente e le condizioni materiali di vita di milioni di uomini e donne del nostro paese, che attiene alla crescita degli spazi di democrazia e di partecipazione mortificati dall’esperienza del governo delle destre.
Noi, le forze della sinistra ed ecologiste dell’Unione, crediamo che tali aspettative debbano corrispondere ad una adeguata azione di governo, i presupposti della quale non sono il frutto di prese di posizione estemporanee o di rapporti di forza da regolare attraverso polemiche e divisioni. Piuttosto, pensiamo che le ragioni e la fonte di legittimazione da cui attingere siano contenuti nel nostro programma elettorale: il programma dell’Unione. Il nostro patto con chi ha voluto, esprimendo il proprio voto, che fossimo noi le forze chiamate a guidare il Paese.

Ribadiamo, quindi, l’esigenza di investire sulla legislatura con questo governo e questa coalizione. Per farlo va recuperato fino in fondo quello “spirito dell’Unione” che ci ha consentito una importante quanto difficile vittoria elettorale. Per farlo va praticata una collegialità che, in troppe occasioni, è stata smarrita. Una pratica di lavoro comune che metta in primo piano l’interesse comune e non le posizioni di parte. Non crediamo che sia possibile identificare una “cabina di regia” che veda come unici attori gli esponenti del costituendo Partito democratico. Per tali motivi chiediamo che il Presidente Prodi rinnovi la sua funzione di garante della collegialità e della coesione dell’intera coalizione.

Il Paese ha bisogno di un grande progetto per rilanciare un modello di sviluppo di qualità. Le nostre priorità devono essere, così come ci eravamo impegnati con gli elettori, l’equità sociale, l’ambiente e la lotta ai cambiamenti climatici, la lotta alla precarietà e gli investimenti nei settori strategici per il futuro, dalla formazione all’innovazione tecnologica. In tal modo, il rilancio dell’azione di governo potrà corrispondere ad un’attesa sempre più diffusa nel Paese. Deludere queste attese produrrebbe un arretramento e una sfiducia e una perdita di consenso non solo nei riguardi dell’azione del nostro governo, ma della politica nel suo complesso, nella capacità che essa può e deve avere di proporsi come leva per il cambiamento e della trasformazione della società. Dai nostri comportamenti dipendono gli esiti profondi di una crisi della politica che si alimenta di passività e delegittimazione della rappresentanza.

La legge finanziaria è un banco di prova imprescindibile nell’ambito di questo progetto più generale. Si tratta di ravvisare e valorizzare i risultati positivi che fin qui abbiamo conseguito e, nello stesso tempo, di non commettere più gli errori che sono stati fatti nel corso della finanziaria approvata l’anno scorso. Il primo passo deve essere una scrittura collegiale di un documento così importante per l’azione del Governo. E’ necessario mantenere una congruità tra quanto scritto nel Dpef , e nelle risoluzioni approvate in parlamento, e la scrittura materiale della finanziaria.

Dopo la stagione del risanamento, oggi le priorità sono date dagli investimenti in un nuovo modello di sviluppo di qualità. Va avviata una fase strutturale di redistribuzione che intervenga in controtendenza rispetto alle disuguaglianze crescenti nel Paese.

La prima disuguaglianza è quella tra chi non paga le tasse e si arricchisce e quelli che le pagano per tutti, che sono evidentemente la stragrande maggioranza del Paese.

Va incrementata la lotta all’evasione fiscale e contributiva, che già sta raccogliendo i primi positivi frutti. Eppure, sul versante delle entrate, i margini di azione sono ampi e praticabili. L’adeguamento della tassazione delle rendite, almeno in linea con i paesi europei, salvaguardando i piccoli risparmiatori è innanzitutto un segno di equità. Le recenti polemiche non hanno tenuto conto del fatto che, non solo tale misura era contenuta nel programma dell’Unione, ma che essa è stata più volte ribadita e solennemente approvata nelle risoluzioni parlamentari in accompagnamento al Dpef.

Già da questa Finanziaria bisogna prendere di petto la questione degli sprechi e dei costi della politica. Il confronto tra l’Italia e i principali paesi del resto d’Europa è insostenibile. Anche qui proponiamo un drastico allineamento agli standard europei.

Sul versante delle entrate bisogna avere maggiori elementi di chiarezza. L’extragettito, che periodicamente viene rivelato, non corrisponde a ciò che noi riteniamo essere necessario, ovvero una programmazione ed una revisione congrua delle risorse disponibili.

La finanziaria dovrà intervenire con decisione sulla dimensione globale degli allarmi ambientali e della qualificazione energetica e dei modelli di consumo. La destinazione del 40% delle risorse per le nuove iniziative previste tra le spese eventuali (indicate dal Dpef in 10 miliardi annui) a favore di interventi per la completa applicazione del protocollo di Kyoto per promuovere una politica energetica basata sulle rinnovabili, un potenziamento del trasporto pubblico sostenibile nelle città, interventi di risparmio ed efficienza energetica nel campo dell’edilizia e garantire la tutela degli habitat e della biodiversità attraverso adeguato sostegno economico alle aree protette e a quelle istituende. Obiettivo di rilevanza strategica per favorire una crescita economica sostenibile e per recuperare il ritardo accumulato dal nostro paese sul complessivo taglio delle emissioni che costerebbe all’Italia circa 3,8 miliardi di euro all’anno.

Il governo italiano negozi con l’Europa l’esclusione dal patto di stabilità delle spese per contrastare i cambiamenti climatici e per la ricerca.

Non possiamo proseguire nella rincorsa alle sempre più onerose richieste di contribuire alla compressione del costo del lavoro che vengono dai settori più conservatori dell’impresa. Le risorse immesse per la riduzione dell’Irap, il cosiddetto cuneo fiscale, sono state il più imponente finanziamento pubblico al sistema delle imprese degli ultimi anni. Oggi, anche per competere sulle fasce alte dello sviluppo, è necessario investire su ricerca, formazione e innovazione. Si metterebbe così a valore la nostra più grande risorsa, le nuove generazioni.

Ma proprio le nuove generazioni sono sottoposte ad una clamorosa inversione storica: prima l’aspettativa era quella di stare meglio dei padri, oggi è il contrario. Contribuisce a ciò un’organizzazione del lavoro che si fonda sulla precarietà e sulla incertezza. Lottare contro la precarietà, a partire da ciò che l’ha generata strutturalmente come i contratti a termine, è un nostro preciso dovere.

Va invertita la tendenza negativa di questi anni a comprimere la spesa sociale. In Italia, infatti, la spesa sociale è di 1,5 punti percentuali al di sotto della media dei partner europei. Mentre la spesa sociale è diminuita, i poveri invece sono aumentati. La strutturale carenza di case a costi accessibili, sia per l’affitto che per l’acquisto, è diventata uno dei fattori più devastanti di ineguaglianza e disagio sociale su cui si rende urgente intervenire; così come contro la carenza di risorse per i non autosufficienti, che mina alla radice il nostro patto di convivenza sociale.

Le migrazioni vecchie e nuove indotte dagli squilibri, dai conflitti e dai processi di spoliazione del sud del pianeta chiedono rinnovate politiche di accoglienza capaci di fare da collante per una costituzione interculturale dell’Italia e dell’Europa. I sentiti allarmi per la sicurezza devono trovare adeguata risposta attraverso interventi volti a favorire processi di inclusione sociale e convivenza civile.

Per un futuro di pace e solidarietà diventa imperativo fermare l’esplosione globale della spesa militare, indirizzando nuove e più ingenti risorse alla riforma e al sostegno del settore della cooperazione internazionale allo sviluppo e della protezione civile.

Occorre che l’Italia si opponga allo scudo spaziale che trascinerebbe in una escalation verso il riarmo in tutta Europa e che si opponga nettamente ad ogni ipotesi avventuristica di guerra all’Iran. Con queste motivazioni aderiamo unitariamente alla marcia per la pace Perugia-Assisi.

Rifondazione Comunista_Federazione dei Verdi_Sinistra Democratica_Comunisti Italiani

 

Roma, 19 settembre 2007