LA "LISTA GAY" NON AIUTA I GAY

LE LISTE SONO UNA PRATICA CHE DOVREMMO LASCIARE AI NAZISTI E NON CONDIVEDERLA MINIMAMENTE.

LA LISTA DELLE PERSONE GAY O OMOFOBE CHE E' APPARSA NEL WEB E' UN'OFFESA ALLE PERSONE E ALLA DEMOCRAZIA.

PUBBLICHIAMO UN INTERVENTO CHIARIFICATORE DI :

 

Klaus Mondrian

 Pur occupandomi da anni di diritti civili e soprattutto di liberazione sessuale (le due cose in Italia sono entrambe incompiute e meriterebbero la riflessione del paese intero) resto perplesso di fronte all'iniziativa provocatoria che ha portato alla pubblicazione «dei primi nomi» di presunti politici «omosessuali» e «omofobi».
Da un lato riconosco che l'intollerabile arroganza di chi fa il moralista in pubblico, a danno dei diritti concreti e di principio di tante donne e di tanti uomini sui quali questo moralismo si abbatte senza pietà, meriterebbe la vendetta di chi pensa: come ti permetti di decidere della mia vita se poi tu fai esattamente quello che faccio io?
Dall'altro, però, non posso pensare che la battaglia sui diritti civili e contro l'omofobia passi attraverso uno strumento così violento e rozzo come l'outing, cioè la certificazione forzata di "omosessualità".
Non ne faccio neanche una questione di privacy (il politico indubbiamente ha diritto a meno privatezza rispetto al cittadino comune), ma di inquinamento dello stesso concetto di "omosessualità" come politicamente si è affermato in questi ultimi vent'anni.
Chi è omosessuale? Chi va con una persona dello stesso sesso per un richiamo carnale e basta (avendo magari mogli figli e amanti sparse) o chi piuttosto a questo istinto aggiunge un progetto di vita, una visione del mondo, un'idea affettiva, e non si ferma al suffisso "sessuale" e dà alla parola un senso anche civile e democratico, politico insomma.
Dire perciò che qualcuno è omosessuale solo perché va (solo o anche, chissà) con persone del proprio sesso è quindi svilire l'identità, il pride, cui i gay e le lesbiche tengono moltissimo da qualche decennio.
Si è affermato cioè negli ultimi anni il concetto di "orgoglio" legato all'inclinazione sessuale, e questo concetto include una prospettiva di vita e di società più ampia dell'orientamento sessuale delle singole e dei singoli individui.
Intellettualmente sono per la fine dei "generi" (omo/eterosessuale) che creano solo discriminazione e autodiscriminazione. Il futuro è nogender, senza generi sessuali. Ma, in attesa, dico che proprio chi incita all'orgoglio oggi non può buttare domani dentro la "categoria" dei gay persone che non condividono nulla in termini etici e politici di quel genere, se non la pratica erotica, cioè quello da cui proprio il pride vuole emanciparsi finalmente, per far sì che ognuno si senta portatore sano di diritti e di cittadinanza attiva, indipendentemente dalla propria preferenza sessuale.
Paradossalmente tutti dovremmo definirci cittadini omosessuali, come in passato ci siamo definiti ebrei o palestinesi.
Chi promuove l'outing forzato è infine un moralista; pensa in termini omocentrici, come se la verità di una persona stesse solo nella sua omosessualità, dichiarata o nascosta. Come se l'ipocrisia di chi ha votato contro la legge antiomotransfobia fosse da attribuire ad una zona del cervello dell'omosessuale nascosto e non piuttosto ad un generale oscurantismo politico per niente nascosto, anzi fieramente esibito, che tocca gran parte della destra e parte della sinistra italiana.
Questa lista della vergogna è quindi, tolte le ragioni politiche che non esistono, una deportazione forzata, che ricorda perversamente i lager e i triangoli rosa, ed è dannosa, pur se apparentemente lodevole in quanto, dicono i promotori anonimi, il troppo è troppo: ci odiate in Parlamento o sull'Altare ma poi vi accomodate di notte nei nostri letti.
Ma sempre deportazione è! Perché coatta, perché anonima (anonimato contro anonimato, il sesso come reato finalmente scoperto dagli inquisitori laici), perché segna una linea netta tra omosessualità ed eterosessualità, escludendo a priori che si siano zone grige consapevoli o inconsapevoli in ognuno di noi che possono portarci verso l'omo o la eterodirezione senza che ciò debba essere per forza un marchio vitale definito e definitivo.
Amiamo le zone d'ombra, non solo il sole pieno delle emozioni!
Quando ho letto la notizia dell'outing di stato ho pensato: finalmente, era ora anche in Italia, lo avrete pensato in tanti!
Riflettendo meglio mi sono detto: l'ora ognuno la decide per conto suo! E mai si può attribuire a qualcuno un marchio che non solo non vuole, ma che direi persino non merita, considerando le lotte omosessuali per diritti elementari. Lotte fatte con nomi, cognomi e facce sventolati in piazza, non con lettere anonime.
Dire che quell'ex ministro ha votato contro la legge anti omofobia eppure frequenta gay (a parte l'intromissione alla "Boffo" nella vita delle persone che è una pratica nazista), è un atto che proprio i gay non devono permettersi, perché è una scorciatoia ad uso dei media rispetto ad un lavoro più lento ma più duraturo che include la presa di consapevolezza, soprattutto della nostra classe dirigente di sinistra, che i diritti di ciascuno sono indipendenti dalla sua sessualità e dal suo coming out. Figuriamoci dall'outing.
La lista dei deportati gay, se continuerà il gioco perverso, porterà tutto nel regno del gossip, scatenerà le vendette, allontanerà una legge compiuta nel nostro paese per le persone che amano persone del proprio sesso.
E dico "amano" per dire che questi presunti ipocriti che oggi vengono messi alla gogna, se mai sono andati con altri uomini, non hanno mai amato i corpi che hanno usato.
Ecco: forse nella parola "amare" sta la differenza tra cittadini omosessuali consapevoli e semplici frequentatori sessuali di maschi!

 

 

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