QUELLO CHE NON DICONO SULLA CRISI
chi l’ha causata, chi ci guadagna, chi la paga, come se ne esce…
Quello che non dicono sulle cause della crisi. La crisi è la conseguenza delle politiche degli ultimi 30 anni. In nome del mercato si è tolto ogni vincolo ai capitali consentendo le delocalizzazioni, precarizzato il lavoro, privatizzato banche e industrie. E’ cresciuta un enorme concentrazione di potere nelle mani di poche grandi finanziarie e multinazionali ed un’economia di carta. A causa di queste politiche il lavoro ha perso potere e reddito: la ricchezza trasferita dal 1976 al 2006 dai redditi da lavoro a profitti e rendite, è pari a dieci punti di Pil nei trenta paesi Ocse, in Italia a 15 punti. Un’enormità. Produttività e produzioni sono cresciute ma le merci non si vendono: l’economia è bloccata dai bassi salari e dalla crescita delle disuguaglianze.
Quello che non dicono su chi guadagna nella crisi. Le elitè economiche e finanziarie continuano ad arricchirsi: nel 2010, l’1% della popolazione mondiale si è accaparrata il 39% della ricchezza. In Italia l’1% ricchissimo possiede un patrimonio immobiliare e finanziario pari a quello del 60% della popolazione.
Quello che non dicono sul debito. Dal 2008 gli Stati Europei hanno messo a disposizione 3000 miliardi di euro per salvare il sistema finanziario. Ora l’Unione Europea ha deciso di impegnarne altri 1000. E’ il salvataggio delle banche che ha fatto crescere il debito degli stati. Poiché niente è stato fatto per imporre regole al sistema finanziario, la speculazione non solo non viene fermata, ma è alimentata: perché le grandi banche usano queste risorse per speculare sugli stati e non per sostenere gli investimenti e l’economia.
Quello che non dicono sulla speculazione. La speculazione funziona così: le grandi banche e le finanziarie giocano al “ribasso”, cioè vendono i titoli degli stati o non li acquistano fino a che i tassi di interessi non raggiungono livelli altissimi. A quel punto comprano, lucrando su interessi da usura. Per pagare gli interessi, gli stati si indebitano sempre di più.
Quello che non dicono sul perché la speculazione attacca l’Europa. L’Europa è la più grande economia del mondo e il suo livello di indebitamento è nettamente inferiore a quello degli USA e del Giappone. La speculazione si concentra sull’Europa perché la Banca Centrale Europea è la sola che per statuto non può comprare direttamente i titoli degli stati membri. Se lo facesse, sarebbe contrastata la speculazione.
Quello che non dicono sull’Euro Austerity. Invece di fermare la speculazione, l’Europa, sotto il diktat delle banche tedesche, fa politiche che distruggeranno ogni diritto sociale e del lavoro: per l’Italia si tratta di 40 miliardi di tagli l’anno per 20 anni e della richiesta di ridurre salari e diritti. Ma tagliando ancora i consumi popolari, la crisi non può che aggravarsi, in una spirale sempre più grave. Come in Grecia.
Quello che non dicono sul governo Berlusconi. Il governo Berlusconi è il peggior complice delle politiche europee. Dopo aver tagliato scuola, università, sanità e pensioni, regioni ed enti locali, dopo aver approvato l’articolo 8 che cancella il contratto nazionale e i diritti del lavoro, ora il governo vuole la totale eliminazione dell’articolo 18: per cacciare dai luoghi di lavoro chi si batte per i diritti e la dignità del lavoro. Vuole nuove privatizzazioni dei servizi pubblici locali e di quel che resta dell’industria pubblica. Vuole licenziare i lavoratori pubblici e distruggere lo stato sociale.
USCIRE DALLA CRISI SI PUO’. CAMBIARE SI DEVE.
1. La BCE deve essere obbligata a comprare direttamente i titoli degli stati europei. Vanno tassate le transazioni finanziarie e bloccate le vendite allo scoperto. Se questo non avviene l’Italia deve ristrutturare il proprio debito, garantendo per intero il piccolo risparmio e abbattendo unilateralmente le cifre da restituire alle banche estere che stanno speculando.
2. Ci vuole una patrimoniale sulle grandi ricchezze, una vera lotta all’evasione fiscale, una sovra tassa sui capitali scudati. Vanno tagliate le spese militari e le grandi opere inutili come la Tav in Val Susa.
3. Ci vuole un nuovo intervento pubblico, nel credito e nelle politiche industriali. Ci vuole un piano per creare occupazione nei settori del risparmio energetico, delle fonti rinnovabili, della mobilità sostenibile, del riassetto del territorio, della cura delle persone, del sapere e della cultura. Per un diverso modello di sviluppo.
4. Vanno difesi i diritti del lavoro: va cancellato l’articolo 8 e contrastata la precarietà. Ci vuole un reddito sociale. Ci vuole una legge per la democrazia nei luoghi di lavoro.
In democrazia decide il popolo.
Facciamo un referendum sulle politiche economiche!
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