CIAO PINO

IN RICORDO DI PINO FERRARIS


Nella notte scorsa è improvvisamente morto Pino Ferraris, sociologo, studioso del movimento operaio e dei lavoratori tra i più acuti ed intelligenti. Segnaliamo alcuni interventi che ricordano il suo lavoro. 


Questa mattina alle 7 è morto Pino Ferraris. Per me un esempio di vita, un maestro, un amico e un punto di riferimento politico fortissimo. I più giovani probabilmente non conoscono Pino ma lui è stato uno che ci ha provato davvero e sempre con una costante: l'idea che il socialismo, la trasformazione nascesse dal basso, dall'autorganizzazione consiliare e che questa autorganizzazione doveva esser
e in grado di capire il capitale per poterlo sconfiggere. Senza di lui tutto il ragionamento sul partito sociale non ci sarebbe mai stato. Pino è stato nei Quaderni Rossi, è stato un dirigente della sinistra (PSI, PSIUP,PDUP,DP) per lunghissimi anni. Ha unito studio e passione morale e politica. Il punto su cui tornava sempre era il '69 operaio torinese. Lui era segretario dello PSUIP di Torino e si battè affinchè i Consigli di Fabbrica non diventassero solo organismi sindacali ma diventassero organismi politici, struttura dirigente di un movimento politico di massa contro il capitale. Pino venne sconfitto in quella battaglia che lui ha sempre ritenuto - penso a ragione - decisiva. Dietro quell'aria mite e da studioso, Pino la rivoluzione in Italia ha provato a farla sul serio. Ora non c'è più, compito nostro non disperdere questa memoria. Caro Pino, riposa in pace.
Paolo Ferrero - segretario Rifondazione Comunista

Pino Ferraris lascia un vuoto teorico, umano straordinario. La sua vita è stata ricerca, militanza, passione classista. Ci ha insegnato l’inchiesta operaia e sociale. Ci ha insegnato che l’intervento politico nasce solo dall’analisi della composizione di classe e dallo studio accorto ,puntiglioso della specifica condizione operaia, di lavoro, di vita . Ho conosciuto Pino nel 1970. Ho lavorato con lui dieci anni; mi ha insegnato a non cedere mai a politicismi, a plebiscitarismi, perché le sinistre non possono che fondarsi sulla partecipazione, sull’autogestione, sulla democrazia organizzata e conflittuale. Pino odiava il settarismo e il chiacchiericcio propagandistico. Il suo rovello era il “saper fare società”. La sua sfida è sempre stata contro l’autonomia della politica, contro la politica “senza società”. Non era un anziano e “glorioso” dirigente a riposo Pino. Negli ultimi anni aveva lavorato, anche teoricamente, intorno all’idea del “partito sociale”, per affrontare senza scorciatoie la crisi della rappresentanza e la miseria dei partiti di sinistra ridotti a macchine elettorali. E’ stato bello, presentando il suo ultimo libro(un importante approfondito saggio sulla storia dell’organizzazione operaia e dei lavori),alla Festa di Liberazione, discutere con lui e con le Brigate di Solidarietà di mutualismo, di cooperazione. Quanto, cioè, andrebbe oggi riscoperto degli albori del movimento operaio, della Prima Internazionale. Ancora oggi Pino ci sfida a rimetterci in gioco, superando pigrizie, nel proporre una Confederazione politica delle iniziative sociali. Con una straordinaria capacità di leggere i movimenti per i beni comuni .  Scrive, infatti: ”assieme al conflitto ,dopo lunga eclissi, riemergono le solidarietà, il far da sé cooperativo, la pratica dell’obiettivo. Si va oltre il movimentismo, ci si avvicina alla richiesta di un’altra forma di espressione della società politica”.

Giovanni Russo Spena - Direzione Nazionale PRC

Ho conosciuto Pino quasi per caso, leggendo  un suo scritto pubblicato da “Alternative per il socialismo” del febbraio 2008. Per me quell’articolo fu come una manna dal cielo in uno dei momenti più difficili della storia della sinistra italiana. Pino  ha avuto lo straordinario merito di riprendere il filo di un discorso storiografico sul movimento operaio, considerato da molti  come eretico.  Mi diceva  che a lui piaceva raccontare la storia degli sconfitti e non di chi aveva vinto. Come scrive nell’introduzione al suo ultimo lavoro ( Ieri e Domani – edizioni dell’Asino)  Pino ha  studiato il lavoro di Gnocchi Viani rispetto a Turati, parlare di De Pepe e non di Babel, dare rilievo a Pelloutier  piuttosto che a Guesde. Pino è andato a fondo nel suo lavoro  facendo i conti fino in fondo con la storia del movimento operaio,  riportando ai giorni nostri  un tema che nessuno aveva avuto la volontà di immettere nel dibattito pubblico della sinistra. Lo ha fatto con impressionante umiltà e dedizione.  Senza il suo lavoro l’irruzione del tema del partito sociale nella discussione a sinistra sarebbe stata impossibile, e molte di questi spunti sui quali oggi lavoriamo sarebbero andati persi.  Quando lo incontrai per la prima volta in una casa piena di libri, rimase colpito del lavoro dei GAP, delle casse di resistenza, delle pratiche di intervento diretto con i braccianti immigrati, altrettanto quando gli dissi che alla base di tutto questo lavoro c’erano le sue riflessioni. L’ultima volta che abbiamo avuto modo di parlare mi diceva che stava lavorando sul movimento degli Indignados. Era sempre attento e lucido sulle nuove forme di iniziativa politica e sui nuovi processi comunicativi introdotti dalla rete.  Pino ci ha insegnato  con una lucidità impressionante che la sinistra è sociale o non è, denunciando la scissione tra partiti e società  e il ribaltamento tra l’idea originale di un socialismo dal basso ed il suo rovesciamento prodottosi  nel corso della storia europea. Il suo lavoro  ci fornisce piste utilissime per concepire nuove forme del “fare politica solidale” nella fase della ristrutturazione e concentrazione del potere capitalista. La sua è una ricerca  che fornisce ad ogni militante sociale gli strumenti adeguati per affrontare il terreno della crisi, che è anche e soprattutto il terreno della crisi della politica.

Grazie Pino, riposa in pace.

Piobbichi Francesco  - Cpn PRC

Qui di seguito alcuni articoli di Pino Ferraris, e l'introduzione di Walter De Cesaris al suo ultimo lavoro 

IERI E DOMANI
Domande di oggi al movimento operaio delle origini

Pino Ferraris, nei tre saggi in cui è composto questo suo bel libro, ci porta alla riscoperta della storia dispersa del mutualismo operaio delle origini.
Un intento di scavo storiografico non fine a se stesso. “Ogni crisi di rifondazione chiama ed esige il recupero del proprio punto di vista genetico. Oggi, è la radicalità della crisi del sindacato e del sistema politico dell’Europa che ci costringe a scavare dentro le origini.”
Si parte con un interessantissimo saggio sul sindacalismo europeo delle origini (Le lezioni di Campinas) che fornisce le coordinate fondamentali del percorso storico: il primo associazionismo operaio, la mutualità, le esperienze di autogestione; il passaggio dei primi congressi della II Internazionale, in cui la partecipazione di sindacati e formazioni politiche era ancora indistinta; la formazione delle differenti esperienze del sindacalismo europeo; la straordinaria stagione dei grandi scioperi generali agli inizi del 900; la tendenza alla statizzazione del sindacato e la prevalenza del partito, come esito della gerarchizzazione del conflitto di classe (con la prevalenza, quindi, del modello tedesco); la funzione costituente delle guerre del 900 (la guerra civile europea del periodo che va dallo scoppio della 1° guerra mondiale alla fine della 2° e poi la guerra fredda). Le lunghe guerre del 900, in cui si analizza il ruolo avuto dalla politica interna a ciascun Paese per favorire tale esito, svolgono un ruolo decisivo per forzare lo sviluppo del movimento operaio dentro lo schema rigido della gerarchizzazione e statizzazione. Rovesciando la famosa formula, è la politica che, nel 900, si fa prolungamento della guerra con altri mezzi.
Attraverso la vicenda di Osvaldo Gnocchi Viani, un protagonista dimenticato del movimento operaio italiano, si ricostruisce la fase epica della costruzione, nell’ultimo decennio del 1800, delle prime Camere del Lavoro e dell’orizzonte politico e culturale che esprime quella grande intuizione. Un processo pressoché coincidente, per molti versi conflittuale, con la contemporanea formazione, sotto la guida di Turati, del primo partito politico dei lavoratori che poi si trasformò nel Partito Socialista. Turati e Viani si opposero fortemente e la sconfitta di quest’ultimo ne determinò l’oblio successivo.
L’ultimo saggio, infine, Politica e società nel movimento operaio e socialista, da un quadro complessivo di una esperienza originalissima del movimento operaio europeo, la formazione e l’affermazione, tra la fine del 1800 e la prima guerra mondiale, del Partito Operaio Belga e della Carta di Quaregnon (1894) , come alternativa al Programma di Erfurt della socialdemocrazia tedesca.
Il valore eccezionale dell’esperienza del Partito Operaio Belga (non causalmente infrantasi contro lo scoglio della guerra e della militarizzazione del conflitto sociale) sta nell’affermazione di un modello confederativo, in cui il partito, in quanto tale, non è altro che la federazione di forme dell’autorganizzazione operaia e popolare: cooperative, case del popolo, centri di vita associata, ecc.
Le frasi finali del libro “il vecchio modello del partito di massa, gerarchico e omologante, non serve; il nuovo modello del partito delle cariche pubbliche va in tutt’altra direzione”, danno la cifra del percorso che, attraverso la rigorosa ricostruzione storica, propone Ferraris.
Il contrasto dentro il movimento operaio europeo può, quindi, essere letto attraverso un’altra lente interpretativa, oltre quella del dissidio tra radicali e riformisti.
Lo possiamo fare attraverso binomi che rappresentano coppie di opposizione: il binomio mutualità – resistenza, in cui con mutualità si intende un associarsi per realizzare l’obiettivo dal basso e con resistenza, un associarsi contro; il binomio associazione – organizzazione in cui per associazione si intende il raggruppamento volontario secondo uno statuto di uguaglianza tra i soggetti (potremmo dire con un linguaggio attuale, a rete) e per organizzazione, una struttura fondata sulla divisione del lavoro tra dirigenti e seguaci; centralismo – confederalità, in cui nell’elemento della confederalità si esprime il riconoscimento dell’autonomia dei soggetti; statizzare – socializzare in cui socializzare esprime un elemento di partecipazione e controllo diretto da parte dei lavoratori che non è implicito (anzi, spesso è stato negato) dalla statizzazione.
Nel ragionamento di Ferraris, non c’è alcuna semplificazione, alcun meccanicismo, non si propongono modelli, anche se si rifiutano decisamente scorciatoie consolatorie, come quella del partito degli eletti (noi, con un salto logico di cui ci assumiamo la responsabilità, diremo la deriva delle primarie).
Quelle domande di ieri, rimaste senza risposta e dimenticate dentro la temperie del 900, sono fondamentali per riprendere un cammino dopo la sconfitta storica del movimento operaio con cui sempre il 900 si è concluso. E’ qui, “quell’ieri” che si può congiungere con “il domani”, in quanto quelle esperienze mettono al centro dilemmi che avevamo eluso o rimosso.
Riemergono dall’attualità dei conflitti di questo inizio secolo, le solidarietà positive, il far da sé cooperativo, la pratica dell’obiettivo, ci si avvicina alla richiesta di un’altra forma di espressione della società politica.
Grandi e piccoli fatti ci parlano di questa ispirazione: dall’irruzione del movimento dei movimenti, alla straordinaria esperienza dell’acqua pubblica.
Nel piccolo, anche le esperienze che crescono nelle forme di socializzazione della politica e di neomutualismo del conflitto sociale, come per esempio la R@P (Rete per l’Autorganizzazione Popolare) possono iscriversi in questa prospettiva di lungo periodo di rifondazione di una nuova cultura e pratica della trasformazione sociale. Assumerne pienamente la consapevolezza è un grande merito che diamo a questo lavoro di Pino Ferraris

Walter De Cesaris

Dove:

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Ritratto di Aldo Fappani

La improvvisa scomparsa dell'amico e compagno Pino Ferraris è una grave perdita non soltanto per coloro che l'hanno conosciuto e con lui hanno lottato in vari modi per la costruzione graduale di un'altra società e un mondo nuovo. Era un intellettuale raffinato di vasta cultura, un capace militante politico e un profondo conoscitore e studioso del marxismo e del movimento operaio e sindacale e dei movimenti di base. Con i suoi scritti e le sue battaglie - per altro mai interrotte - con coerenza ha lasciato un ricordo indelebile in Italia e anche nel nostro Biellese dove fu un attivo protagonista e propugnatore della lotta di classe anticapitalistica specie negli anni Sessanta. La sua vita è stata fulgido esempio e preziosa testimonianza che parla ancora alle nostre intelligenze e alle nostre coscienze. Infatti, il suo impegno e le sue ricerche ed analisi ci possono aiutare ancora a capire e ad agire in una società mondiale sempre più complessa e ingiusta. Grazie Pino.

Ritratto di Aldo Fappani

La improvvisa scomparsa dell'amico e compagno Pino Ferraris è una grave perdita non soltanto per coloro che l'hanno conosciuto e con lui hanno lottato in vari modi per la costruzione graduale di un'altra società e un mondo nuovo. Era un intellettuale raffinato di vasta cultura, un capace militante politico e un profondo conoscitore e studioso del marxismo e del movimento operaio e sindacale e dei movimenti di base. Con i suoi scritti e le sue battaglie - per altro mai interrotte - con coerenza ha lasciato un ricordo indelebile in Italia e anche nel nostro Biellese dove fu un attivo protagonista e propugnatore della lotta di classe anticapitalistica specie negli anni Sessanta. La sua vita è stata fulgido esempio e preziosa testimonianza che parla ancora alle nostre intelligenze e alle nostre coscienze. Infatti, il suo impegno e le sue ricerche ed analisi ci possono aiutare ancora a capire e ad agire in una società mondiale sempre più complessa e ingiusta. Grazie Pino.