INTERVENTO DI CREMASCHI
In realtà oggi sembra ci siano molte posizioni in campo, per cui sento il dovere prima di tutto di ridurre le tante differenze a quella che per me è la sostanza.
Io penso che scelte come quella di Vendola siano alternative alla piazza e alle istanze del No Monti Day. Quella manifestazione ha chiesto prima di tutto una rottura con le politiche economiche e sociali di Monti. Che a loro volta sono la continuità e la radicalizzazione delle politiche liberiste che governano l’Italia e l’Europa da trenta anni.
Monti è il vero Gattopardo della politica italiana. Egli rappresenta la continuità e l’autodifesa di una classe dirigente e di un potere economico che ci hanno precipitato in questa crisi, ma viene presentato come il nuovo: cambiare tutto per non cambiare niente.
Il Pd è l’architrave di questo gattopardismo, che non a caso si è alternato per venti anni con il governo della destra berlusconiana e leghista senza lasciare traccia. Il ventennio passato è stato definito come berlusconiano, ma il centro sinistra e i governi tecnici han governato per più anni del padrone di Mediaset.
Né si vedono novità o rotture con il passato. Il documento di intenti che sottoscrivono tutti i candidati alle primarie del centro sinistra dice chiaramente che tutti gli impegni europei assunti da Monti verranno mantenuti. Col sì al fiscal compact e all’obbligo costituzionale di pareggio di bilancio e con gli allegati piani di stabilità e di privatizzazione non c’è una sola delle controriforme sociali di Monti che potrà essere messa in discussione. Andare oltre Monti? Coniugare crescita e austerità, rigore ed equità? Formulette democristiane che in concreto non vogliono dire nulla.
Il centro sinistra, chiunque lo diriga, andrà avanti sulla via tracciata da Monti e non a caso si pensa di farne il successore di Napolitano.
Quella di Vendola e di chiunque intenda essere la sinistra del centro sinistra, non ho ancora capito cosa pensano al riguardo De Magistris e Landini, mi sembra una politica morta sul nascere, perché la crisi ha messo in mora tutte le vecchie politiche riformiste e tutte le sempre fallite politiche del meno peggio. Un riformista ben più deciso, se non altro per storia nazionale, il presidente francese Hollande, è in caduta verticale di consensi. Nonostante abbia mantenuto la pensione a 60 anni e l’orario settimanale a 35, i morsi della crisi distruggono il suo consenso perché anche egli è costretto ad applicare le politiche liberiste di austerità. Con le quali non c’è accomodamento possibile, o si rompe o si obbedisce.
L’Italia è messa male anche perché l’avanzare della crisi accentua le diversità territoriali. Stiamo tutti sempre peggio, ma intere regioni del Mezzogiorno stanno già come la Grecia. E il governo Monti pensa di affrontare la disoccupazione aumentando gli orari e la flessibilità di chi già lavora, in piena sintonia con Marchionne di cui critica solo gli eccessi controproducenti, ma non la sostanza.
In sintesi il centrosinistra da Casini a Vendola non può che essere la continuità con Monti. La sua unica ragione di consenso sta nel costituire una diversità rispetto alla destra oggi in disfacimento, ma tutta assieme questa alternanza costituisce poco più di un terzo del corpo elettorale.
Il movimento fondato da Grillo esprime una rottura con la classe politica che ha governato il paese in questi venti anni. Ma più passa il tempo più è evidente la difficoltà del movimento ad assumere posizioni chiare che non siano quelle contro la casta.
Ho seguito sulla rete il dibattito che si è aperto tra i 5 stelle di Roma sul No Monti Day. C’erano tre posizioni, chi voleva venire perché condivideva la piattaforma della manifestazione, chi pur condividendola sosteneva che il movimento non si deve mischiare con altri e chi invece diceva che l’avversario è la casta, non Monti che ha salvato il paese. Penso che il movimento 5 stelle non voglia scegliere tra queste diverse posizioni perché assieme gli portano oggi il massimo dei voti. Ma così si condanna in breve a una crisi di efficacia politica di cui già si vedono paure e segnali.
In questo quadro la piazza del 27 ottobre ha rappresentato una forza diversa, che non ha paura della chiarezza. Il punto di vista comune è anticapitalista, non solo per il rifiuto dei costi sociali della crisi, ma perché questo è accompagnato dalla richiesta di rottura con Monti e i patti europei e da quella di politiche alternative a quelle di mercato oggi dominanti. Il No Monti Day riavvicina l’Italia all’Europa in lotta, ove queste posizioni sono in veloce crescita. La piattaforma non è ancora definita con la dovuta precisione, ma i suoi indirizzi di fondo sono chiari e possono essere sviluppati solo in uno spazio politico autonomo.
Quello che vogliamo è già accaduto nell’America Latina, ove i popoli hanno costruito una nuova classe dirigente, che ha rotto con la sudditanza agli Stati Uniti e alle politiche del fondo monetario internazionale. Quelle politiche che via Bce e governi, in primis quello tedesco, vengono imposte oggi ai popoli europei.
La piazza del 27 ottobre, a differenza di altre forze, non può quindi illudersi che la svolta sia dietro l’angolo. C’è una rottura profonda da compiere ed una classe dirigente liberista da mandare a casa. Ma questa prospettiva ha oggi molta più concretezza di quello che può apparire. Come dice Monti l’Italia ha bisogno di soluzioni radicali, non di moderatismo. E se si vuole difendere e sviluppare il meglio dell’Europa nata dalla sconfitta del fascismo, la democrazia avanzata e lo stato sociale, la sola soluzione è la radicale rottura con i poteri e i meccanismi della globalizzazione capitalistica.
Questo impone a noi qui ed ora di organizzarci in una alleanza che non serva solo a portare le persone in corteo, ma che produca programmi e continuità d’azione.
Sia sul piano sociale e sindacale, ove tante lotte e movimenti si vanno organizzando e il collateralismo di Cgil Cisl Uil al centro sinistra e quindi a Monti mostra la sua crescente impotenza e ripropone la necessità di un rilancio unitario di un sindacalismo conflittuale e di classe.
Sia sul piano politico, ove il No Monti Day ha mostrato che esiste una forza di massa che non si riconosce né nel centro sinistra, né nei 5 stelle.
Tutti dovranno scegliere nei prossimi tempi con chi stare, non ci sono oggi in Italia altre forze rispetto a queste tre oggi realmente in campo.
Per consolidare l’alleanza del 27 ottobre ci sono però due condizioni di fondo. La prima è che si definiscano e diffondano a breve i punti di una piattaforma sociale ed economica alternativa al riformismo montiano in tutte le sue versioni. La seconda è che le forze e le persone che hanno costruito il No Monti Day siano consapevoli che contano davvero solo stando assieme.
Sono condizioni semplici, ma niente affatto scontate se si ha presente la storia di questi anni. Sarà la risposta a queste due domande, che deve essere collettiva e non di un persona sola, a chiarire se questa forza riuscirà ad organizzarsi prima delle, ma soprattutto ben oltre le elezioni.
Giogio Cremaschi
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