RENZUSCONELLUM
Raul Mordenti
Non abbiamo lo spazio per descrivere qui (come hanno fatto efficacemente i costituzionalisti presenti all’“Angelo Mai”) tutte le assurdità contenute nella legge elettorale “Renzusconellum”, o “Porcellum-bis”, prima fra tutte lo stupro che essa arreca a tutti i delicati meccanismi di garanzia voluti dalla Costituzione a tutela delle democrazia: con questa legge sarebbe infatti possibile a una minoranza conquistarsi da sola una maggioranza qualificata nel Parlamento ed eleggersi da sola il Presidente della Repubblica, i Giudici della Corte e i membri del CSM, nonché cambiarsi da sola la stessa Costituzione. All’incontro romano Raniero La Valle ha avanzato una illuminante analisi largamente condivisa dai presenti: non è qui in gioco solo una legge elettorale, è in gioco la stessa Costituzione. Al “bipartisimo imperfetto” in vigore fino all’89, sulla base dell’esclusione dei comunsiti, si vuole sostituire ora un “monopartitismo”, altrettanto imperfetto, che mira ad escludere dalla rappresentanza ogni diversità, ogni opposizione e ogni conflitto. Noi dobbiamo allora domandarci: come mai il banchiere Morgan dichiara che la Costituzione italiana va cambiata? Perché la nostra Costituzione preoccupa tanto questo Paperon de’ Paperoni americano? Come mai Berlusconi dà alla Costituzione tutta la colpa dei nostri (e suoi) guai, accusandola di avergli impedito di governare? E come mai la Troika e la BCE hanno voluto imporre la modifica della nostra Costituzione e l’inserimento in essa del pazzesco “pareggio di bilancio” (prontamente obbediti, quasi all’unanimità, dal Parlamento italiano)? Il punto da capire bene è che c’è un rapporto molto stretto fra la legge elettorale “Renzusconellum” e le politiche economiche dei Monti e dei Letta: quelle politiche dettate dalle banche che fanno pagare la crisi solo alle masse popolari non si possono fare con la democrazia! E c’è un rapporto molto stretto fra la legge elettorale “Renzusconellum” e le relazioni sindacali à la Marchionne, cioè l’esclusione dai diritti sindacali dei lavoratori e dei Sindacati che non firmano gli accordi coi padroni. Il rapporto è evidente: la borghesia che ci comanda (senza governarci), la borghesia del capitale finanziario e del “berlusconisno” realizzato, aspira ad una società a-democratica, senza conflitto, o, almeno, senza più legittimità democratica per il conflitto e dunque senza alcuna rappresentanza possibile del conflitto di classe in Parlamento. Se ciò si debba chiamare, oppure no, un nuovo fascismo è questione tutto sommato secondaria. La questione centrale è che questo modello è il contrario della nostra Costituzione e la sopprime di fatto.
Come opporsi a questo disegno, che sembra marciare con il vento in poppa, accompagnato dai cori unanimi dei mass media e dalla regìa del Quirinale? Anzitutto rimuovendo, strada per strada fabbrica per fabbrica, scuola per scuola, l’orrendo “senso comune” anti-costituzionale che si è accumulato in questi anni berlusconiani, a partire dall’irresponsabile referendum Segni-Occhetto. Su questo terreno abbiamo fatto troppo poco e occorre recuperare molto tempo perduto. Si pensi a idee fascistiche come un ”uomo solo al comando”, o come “con tanti galli a cantare non si fa mai giorno”, si pensi all’insofferenza diffusa per i “tempi lunghi” della democrazia e perfino alla polemica veemente contro i suoi costi, che in realtà sono mille e mille volte minori di quanto costano alle masse le banche o le guerre (questi ultimi costi sono sempre taciuti!). Venti anni di esperienze pratiche vanno ormai valutati e rinfacciati ai sostenitori della “governabilità” contro la democrazia. L’ubriacatura della “governabilità” – un tema lanciato da Bettino Craxi e ripetuto ossessivamente da tutti i mass media - era infatti il passe-partout che giustificava la riduzione della rappresentanza; si diceva che era necessario rinunciare alla legge proporzionale (cioè che i seggi siano in proporzione ai voti: tanti voti = tanti seggi), per garantire – si diceva – meno Partiti e maggiore stabilità ed efficienza ai Governi. Molti, anzi moltissimi, hanno creduto in buona fede a questa frottola, e noi ora dobbiamo rivolgerci direttamente a questi cittadini. Vediamo insieme i fatti, che hanno la testa dura: con la legge proporzionale i Partiti in Italia erano 9 al massimo 10 (DC, PCI, PSI, MSI, PSDI, PLI, PRI, PdUP, DP, Radicali) tutti votati in modo trasparente e consapevole dai propri elettori; con il sistema fondato sui premi di maggioranza e gli sbarramenti i Partiti sono arrivati invece ad essere nell’ultimo Parlamento circa 30, che è perfino difficile nominare e computare: PdL, PD, Lega Nord, MpA, Unione di centro, Italia dei Valori, Iniziativa responsabile, Popolo e Territorio, Futuro e Libertà, Liberal-democratici MAIE, Repubblicani-Regionalisti-Popolari, Repubblicani-Azionisti, Centro Democratico, Noi Sud per la Libertà, Popolari di Italia Domani, Lega Sud Ausonia, Fare Italia per la Costituente popolare, Liberali per l’Italia, Grande Sud, Radicali, a cui bisogna aggiungere i vari transfughi va-e-vieni alla Scilipoti, Lanzillotta, Calearo, Tabacci, Misiti, Pionati, Guzzanti, Moffa, Barbareschi, Versace, De Gregorio, Mastella, e così via. La DC ha governato per 40 anni, e Bettino Craxi ha battuto tutti i record di durata di un Governo, mentre vigeva la legge elettorale proporzionale. Di che “ingovernabilità” vanno cianciando? Con il sistema fondato sui premi di maggioranza e gli sbarramenti, invece, sono caduti come birilli i Governi di Berlusconi, poi di Prodi, poi ancora di Prodi e ancora di Berlusconi e infine di Monti. E il motivo della instabilità è proprio la stessa legge elettorale perché, per sfuggire allo sbarramento e cercare di arrivare “primi”, forze politiche diversissime sono costrette a coalizzarsi fra loro al momento del voto ma poi si separano, in base agli interessi particolari di questo o di quel personaggio, che nulla hanno a che fare con il Paese reale e gli interessi delle masse. Basti dire che nel corso della Legislatura 73 deputati hanno abbandonato Berlusconi, 14 il PD, 2 la Lega Nord, 14 l’IdV, 8 Futuro e Libertà, etc. e un totale di ben 114 deputati ha cambiato la sua casacca nel corso della stessa partita. Ci dicono che il voto di preferenza rafforza la mafia, un’obiezione oltraggiosa per noi che siamo gli eredi di Pio La Torre e di Peppino Impastato. Ma i Dell’Utri, i De Gregorio, gli Schifani, i Cosentino (per non dire delle Minetti) non sono stati affatto eletti con i voti di preferenza bensì in base alle designazioni nominative dei loro Partiti, che gli elettori non hanno potuto sindacare in alcun modo. E soprattutto è giunto il momento di affermare con forza che la nostra Costituzione disegna una Repubblica parlamentare, e non presidenziale, cioè che i cittadini per Costituzione eleggono un Parlamento, non un Capo, e neppure un Governo, e che – grazie alla politica, sì alla politica! – i Governi sono poi il frutto del dibattito parlamentare. Per questo l’idea del “sindaco d’Italia” (cara a tanti compagni del PD) è una sciocchezza, una sciocchezza eversiva e pericolosssima: che cosa sarebbe successo se Berlusconi fosse stato eletto direttamente dal popolo e avesse potuto vantare una tale investitura per il suo potere? Per fortuna i padri e le madri Costituenti, consapevoli della necessità di evitare i rischi di una nuova dittatura personale, hanno visto lontano scegliendo per l’Italia il modello di una Repubblica parlamentare e non presidenziale! Così come è una sciocchezza l’altra idea – tante volte ripetuta – per cui occorre conoscere la sera stessa del voto il nome del premier. E perché mai? In Germania sono passati due mesi di dibattito politico e programmatico dal giorno del voto a quello dell’investitura della Merkel e del suo Governo di coalizione, e non risulta che siano successi disastri a quel Paese e alla sua economia. Insomma, compagne e compagni, rimbocchiamoci le maniche e conduciamo una campagna capillare per la Costituzione e per la legge elettorale proporzionale, due cose che oggi sono una cosa sola. Oggetto di questa campagna debbono essere naturalmente anzitutto i compagni e gli elettori del PD che – ne siamo certi – non possono condividere le scelte irresponsabili del loro pavido gruppo dirigente, oggi compatto solo nella passiva obbedienza a Renzi, cioè a Berlusconi. Dobbiamo riuscire a fare qualcosa di simile alla grande campagna popolare che nel ’53 portò alla sconfitta della Legge-truffa (questo “Renzusconellum”, o “Porcellum-bis”, è mille volte peggio!). Sorgano in tutta Italia Comitati unitari come quelli già costruiti a Pisa o a Parma o (da pochi giorni) a Roma. Facciamo funzionare la rete e, soprattutto, le nostre voci e la nostra fantasia per convincere uno per uno i democratici di questo paese, ovunque si trovino e qualsiasi Partito abbiano votato in passato. Bombardiamo pacificamente, noi tutti/e insieme, i parlamentari chiamati a votare l’obbrobrio partorito da Renzusconi e Berluschenzi. Non c’è più un solo giorno da perdere. E l’11 febbraio tutti e tutte davanti al Parlamento!
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