GIOVANI COMUNISTI

UN NUOVO INIZIO È POSSIBILE. DEI GIOVANI COMUNISTI

 

La fine di questo curriculum

 

Apprendiamo da facebook l’uscita della cricca di Simone Oggionni, il “segreto di pulcinella” è finalmente svelato dai suoi stessi artefici. Un piano accurato, tanto progettato quanto noto nel tempo, che evidentemente non rappresenta per i Giovani Comunisti di tutta Italia un fulmine a ciel sereno. 

Da più di un anno è scaduto il mandato di questa dirigenza nazionale, da ormai due anni la nostra organizzazione si è fatta nebbia. I Giovani Comunisti (nel loro livello nazionale, è bene specificarlo) sono spariti completamente dal dibattito politico nazionale, non sono presenti ed organici in alcuna mobilitazione, da quelle sindacali a quelle di movimento, tantomeno comunicano qualcosa di utile alla nostra generazione. Il nostro curriculum è fermo a due anni fa, anzi, è fermo da molto più tempo, non annota nessun successo, nessuna elaborazione e nessuna relazione proficua col mondo esterno.

 

La gestione Oggionni ha di fatto mummificato e seppellito la nostra organizzazione nazionale tanto tempo fa, ha fatto terra bruciata, ha lavorato costantemente alla distruzione di qualsiasi “salmeria”, di qualsiasi eredità a cui i GC potessero fare riferimento. È talmente sotto gli occhi di tutti che basterebbe chiedere ad un qualsiasi dirigente nazionale dei Giovani Comunisti di rendere conto di campagne nazionali organizzate, di posizioni politiche chiare espresse in questi anni, di internità organizzativa a qualsiasi appuntamento che abbia coinvolto il mondo politico giovanile e studentesco. 

 

Il “curriculum” della nostra organizzazione giovanile è segnato al contrario da una passione smodata per le dinamiche interne, da un tatticismo esasperato, dall’emarginazione e dalla diffamazione di chi osa mettere in discussione tutto questo. 

Annullato completamente qualsiasi tentativo di discussione interna nei luoghi deputati, il metodo di confronto e dialettica politica si è spostato sui social network: derisioni, calunnie e falsità grottesche, ridicole “espulsioni” di chi non china la testa anche da questi “luoghi”.

Una gestione della nostra immagine pubblica davvero degna di un sabotatore: dibattiti interni sputtanati su facebook, provocazioni continue e “sparate” di ogni genere ancora visibili sulle pagine nazionali della nostra organizzazione e su quelle di noti dirigenti della cricca, la maggior parte delle quali segnate da continui ed esasperati attacchi al nostro partito.

 

Campeggi nazionali inutili e costosi, esperimenti unitari fallimentari (“Ribalta”, chi se la ricorda?), tutte le energie tolte alla costruzione dei Giovani Comunisti portano la firma e l”elaborazione” dei firmatari della scissioncina d’apparato di oggi. Progetti spesso che hanno davanti il “www” di un sito (RebLab, Ribalta, Essere Comunisti, EsseBlog, Huffington Post, Lavori in corso a sinistra solo per citarne alcuni) o la difesa d’ufficio di qualche cazzata (ormai poco importa se fatta in malafede o per inadeguatezza) fatta a nome dei tutti gli iscritti e le iscritte dei Giovani Comunisti. 

 

Fortunatamente” l’assoluta ininfluenza della nostra organizzazione nazionale non ha cancellato il lavoro dei compagni e delle compagne in tutti i territori d’Italia, i Giovani Comunisti sono spesso dirigenti del partito, contribuiscono e costruiscono conflitto in tantissime realtà, sono un punto di riferimento imprescindibile per quel che resta della sinistra anticapitalista giovanile organizzata. Spesso si sono dovuti far carico degli errori della dimensione nazionale, spesso hanno dovuto reinventarsi, spesso hanno dovuto spiegare al di fuori le famose “cazzate”: che siano stati i viaggi in Israele del coordinatore nazionale alla corte di Generali e politici fascisti o le partecipazioni alle iniziative della “sinistra” del “partito della nazione” (o, come qualcuno direbbe più correttamente, della “ditta”), che fossero gli appelli alla costruzione dei “giovani per la rivoluzione civile” o gli apprezzamenti alle “fabbriche di Nichi” e Gennaro Migliore, i compagni dei territori ne sono comunque sempre usciti con la loro creatività, la loro autorevolezza ed il loro entusiasmo nel fare politica e nel fare i comunisti.

 

L’evento (già annunciato) di oggi non può non insegnarci qualcosa, non può lasciarci indifferenti e, come ormai da troppo tempo, silenti nella dimensiona nazionale: le dinamiche correntizie e di area non so più accettabili ne tantomento comprensibili per una generazione che si avvicina alla politica e spesso sono il primo ostacolo alla prima tessera di un giovane comunista (sempre che la tessera arrivi) o la prima motivazione di allentamento da noi. Dobbiamo prendere atto che l’organizzazione nazionale ed unitaria dei Giovani Comunisti non esiste più, non esiste più il portato e l’eredità che ci ha fatto grandi nella stagione dei movimenti, non esiste più l’eredità e la capacità elaborativa che era in grado di mettere in discussione in questo secolo il sistema di cose presenti.

 

L’equazione dev’essere chiara a tutti e a tutte: se è esista la direzione preponderante di Simone Oggionni è perché è esistita la logica pattizia orchestrata dalle aree organizzate. 

 

Un nuovo inizio è possibile per i Giovani Comunisti di Rifondazione Comunista, lo credo fortemente, ma è realizzabile solo se reimpostiamo la nostra organizzazione su nuove basi. Il processo che dobbiamo mettere in atto è quello della rifondazione da zero della nostra organizzazione, non ci serve un congresso che sia un passaggio di incarichi e l’ennesima conta. Quel che ci serve per costruire conflitto ed alternativa è un congresso fondativo, dove il contenuto e la proposta politica siano completamente slegate dalle logiche correntizie e di area. Per poter quindi passare dallo status oggettivo di collettivi autorganizzati e federati con lo stesso nome ad un’organizzazione giovanile comunista unitaria, con un programma di lotta condiviso da Lampedusa a Bolzano, dobbiamo riconoscerci, parlarci, cospirare finalmente insieme, dando spazio alle nostre aspirazioni, alla nostra ricerca di un altro mondo possibile che, ancora e nonostante tutto, chiamiamo comunismo. 

 

Ora tocca a voi, cari compagni e care compagne, tocca a chi in questi anni non ha conosciuto eredità (vere o presunte che fossero), a chi non si è riconosciuto nel chiacchiericcio e nella retorica, a chi non si vuole più prestare a questo gioco, a chi oggi crede necessario dare una prospettiva comunista, rifondata nella teoria e nella prassi, a questa generazione che si affaccia alla politica. Noi non siamo riusciti ad impedire tutto questo, non siamo riusciti ad impedire questo silenzio, questo piano che ha voluto svuotare di mezzi e di contenuto la nostra organizzazione giovanile. Ognuno che lavora nel proprio territorio sa bene quali siano le necessità oggettive, di mezzi e di elaborazione, che servono per ripartire tutti e tutte insieme: solo le vostre assemblee nei circoli, nei coordinamenti territoriali o nei luoghi di studio, lavoro e conflitto (anche se formate da pochissimi compagni) possono ridisegnare e ridare speranza ad un nome che oggi, 26 ottobre 2014, non rappresenta più molto. Solo un’onesta presa di coscienza del problema può aiutarci nella ricostruzione del blocco sociale di cui facciamo parte e che vogliamo rappresentare e far agire; tutto quello di cui non abbiamo bisogno è invece rappresentato dalle ricette preimpostate (le quali non tarderanno a venire) che, anche se mosse da buonafede, non fanno i conti con lo stato oggettivo di smarrimento e smembramento della nostra organizzazione e cultura politica. Dobbiamo ricostruire in primis un senso di comunità, di appartenenza, di orgoglio: su questa base dobbiamo elaborare la nostra proposta collettiva, combattendo anche quella sindrome di inferiorità (provocata in gran parte da questa situazione) che spesso ci fa esitare nell’uscire e nel fare politica da giovani comunisti e comuniste, la stessa sindrome che spesso ci fa rifuggire nel ricordo e nella nostalgia di forme e organizzazioni comuniste del passato (che siano le nostalgie per una piccola FGCI o le caricature di una qualche frazione antagonista degli anni ’70).

 

Quel che sostengo è faticoso, presuppone tempo e dedizione (e forse è anche poco rassicurante), scritto di getto come se partecipassi ad un assemblea con tutti e tutte voi, ma quel che c’è in gioco è la sopravvivenza non a carattere testimoniale di un’organizzazione comunista giovanile autentica, aperta, disponibile, utile ad un giovane con tanta voglia di lottare e sognare insieme. 

 

Non è che l’inizio, continuiamo la lotta!

 

Simone Gimona, coordinamento nazionale GC

 

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