Le nuove forze che servono per l’unità della sinistra
Le nuove forze che servono per l’unità della sinistra
di Loris Caruso
Partiti & movimenti. Un nuovo soggetto politico che abbia capacità espansiva non nascerà se non sarà preceduto da una mobilitazione in campo sociale
La situazione della sinistra italiana è diventata abbastanza disarmante anche per i militanti più fedeli. Nella situazione attuale costruire l’unità della sinistra era un obiettivo minimo. Le condizioni c’erano e ci sono, ma l’obiettivo non è stato raggiunto.
L’ennesimo fallimento indica che il problema è costitutivo, risiede nelle forze politiche che hanno sostenuto i tentativi di unità e nei rapporti tra loro. Ora le repliche, ammesso che siano possibili, non è detto che avrebbero spettatori.
Non si può lanciare un j’accuse generico a tutte le forze a sinistra del Pd, le responsabilità sono state precise. Si era arrivati a Novembre con un documento sottoscritto da tutti, premessa per il nuovo soggetto unitario. Subito dopo, il lancio del gruppo parlamentare di Sinistra italiana ha avuto un discreto ritorno in termini di partecipazione e visibilità mediatica. I parlamentari di SI hanno così pensato di poter fare a meno di Rifondazione, L’Altra Europa e Possibile, avendo presenza istituzionale, visibilità mediatica (ora già ridotta), sondaggi favorevoli (già meno) e risorse.
Così si è tornati all’impasse abituale. Diverse sinistre, concorrenti o in attesa dei rispettivi fallimenti, magari per riavvicinarsi (o assorbirsi) prima delle elezioni politiche. Le liste unitarie alle amministrative sono un’eccezione importante, ma parziale: competizione e dissidi tra le diverse forze si spostano dentro quelle liste; difficilmente una frattura nazionale può essere ricomposta dal livello locale.
L’Altra Europa e il Prc continuano a chiedere l’apertura di un processo unitario. Ma al momento è difficile vederne le basi, visto che gli interlocutori stanno facendo un’altra cosa. Dall’altra parte, il lancio di Sinistra italiana (nella versione ‘Cosmopolitica’) avviene attraverso un appello anonimo per una sinistra aperta, innovativa e plurale. Ma l’esito della tre giorni di Cosmopolitica dice che in quel contesto le intenzioni di chi immaginava un soggetto innovativo sono minoritarie: Cosmopolitica è la ricostruzione di Sel, con l’innesto di alcuni ex Pd e del gruppo di Act. Al suo interno ci sono inoltre differenze incentrate su questioni determinanti, quindi difficilmente superabili: la forma-partito, il rapporto con il Pd, il rapporto tra dimensione nazionale e dimensione europea.
Un’iniziativa politica di riunificazione interna a questo quadro, e basata su questi attori, è diventata quasi irrealizzabile.
In Italia non è stato finora possibile seguire nessuno dei tre modelli con cui le sinistre si stanno affermando in altri paesi. Il primo è quello di Syriza, l’unificazione «dall’alto» tra forze già esistenti, ed è quello che in Italia non è riuscito. Il secondo è la nascita «dal basso» di una forza alternativa: è il caso di Podemos. In Italia non è replicabile, perché non si sono verificati processi sociali e mobilitazioni collettive paragonabili a quelle spagnole. Il terzo è quello di Sanders e Corbyn: provare ad assumere la guida del partito di centro-sinistra. Anche questo è legato ai contesti in cui è in atto, e non è trasferibile: si colloca in sistemi storicamente bipartitici, in cui la costruzione di un partito alternativo è considerata irrealistica, e il tentativo di conquistare la leadership del partito mainstream può avere legittimità presso fasce ampie della sinistra politica e sociale, anche radicale. Nel caso italiano, il Pd non è inoltre recuperabile a una causa progressista.
I tre modelli hanno tre aspetti comuni. Il primo è che l’ascesa del nuovo partito o del nuovo leader è preceduta da un’ampia mobilitazione sociale. Il secondo, quasi contraddittorio rispetto al primo, è che queste ascese si affermano su un terreno di rinnovata «autonomia del politico». Hanno all’origine una mobilitazione sociale, ma non ne sono diretta emanazione. Basano l’organizzazione su reti di attivismo civico e sociale, ma agiscono prevalentemente sul piano elettorale e su quello delle rappresentazioni. A questo scopo dispongono di risorse specifiche: una leadership che incarna un progetto collettivo, abilità mediatica, strategia elettorale, capacità di costruire un discorso ideologico. Rapporto con i movimenti e «autonomia del politico» hanno due funzioni diverse. Il primo aspetto serve ad attrarre e reclutare attivisti, il secondo ad affermarsi sul piano elettorale. Ma entrambi sono necessari, senza l’uno non c’è l’altro. Il terzo aspetto comune è che in tutti e tre e i modelli al centro del discorso ideologico c’è la contrapposizione tra popolo e potere, e il linguaggio assume tonalità radicali. Il «popolo» è il soggetto di cui queste sinistre si vogliono riappropriare.
In Italia, un nuovo soggetto politico che abbia capacità espansiva non nascerà se non sarà preceduto da una mobilitazione in campo sociale, perché la sinistra italiana non dispone di risorse politiche sufficienti per fare a meno di questa mobilitazione, di nuovi attori e identità. Si deve sperare che la mobilitazione per i referendum possa costituire un fatto politico importante, che a questa si affianchino nuove mobilitazioni sociali (la Cgil può battere un colpo?), e che da questi due elementi emergano gruppi dirigenti capaci di attivare una nuova iniziativa politica. I partiti e i gruppi politici già esistenti potranno avere un ruolo importante in questa iniziativa, se ci sarà, ma molto difficilmente potranno farla partire. Saranno altri a doversi fare avanti.
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