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Gianluca Schiavon L’emendamento del deputato milanese Emanuele Fiano, depositato ieri sera alla I Commissione Camera, formalizza la proposta della nuova legge elettorale voluta da PD, Forza Italia, Lega e M5S. Il testo è stato annunciato con il coro dei giornaloni che ne cantano già le lodi perché la nuova legge coniugherebbe bene governabilità e rappresentanza in un modello elettorale simile a quello tedesco. Il testo unificato, che da martedì sarà in discussione dell’Aula, è un compendio di norme che intervengono disorganicamente su altre leggi e, anche dal punto di vista della lettura, appare come un opera degna dell’avvocato Azzeccagarbugli. Si tratta di un corpo normativo per nulla chiaro, come dovrebbe essere una legge che disciplina la cessione della sovranità –pur parziale – dell’elettore all’eletto al quale demanda i poteri legislativo, di indirizzo politico e di sindacato ispettivo sul governo e sulla pubblica amministrazione. La proposta di legge oscura e abborracciata contiene una duplice impostura: la prima consiste nell’aver camuffato una legge maggioritaria – quella dell’elezione diretta dei Presidenti della province – sotto l’abito di un sistema proporzionale, la seconda consiste nell’aver blindato l’elezione tra liste bloccate, collegi uninominali e pluricandidature. La proposta non si fa mancare un plateale svarione di diritto costituzionale. Lo sbarramento unico al 5% al Senato è contrario alla lettera dell’art. 57 della Costituzione che dispone quella Camera sia eletta tutta su base regionale. L’interpretazione largamente maggioritaria dei costituzionalisti ha determinato il conferimento dei premi di maggioranza al Senato Regione per Regione e, nel passato più remoto del sistema proporzionale puro, una Camera alta in cui i partiti più forti su base regionale erano più rappresentati. Il nuovo testo, invece, introduce all’art. 16 bis, comma 1 lettera b) del d.lgs. n° 533/1993, il compito di definire le liste che accedono al riparto dei seggi senatoriali all’Ufficio elettorale centrale nazionale in esplicito contrasto alla Costituzione. Ometto volutamente la questione relativa allo sbarramento al 5% del sistema proporzionale che, astrattamente, potrebbe apparire anche equo e giusto per sfavorire l’eccessiva polverizzazione delle liste e la creazione di liste civetta o ulteriori liste personali. Il primo aspetto deleterio è voler far votare sulla stessa scheda il voto del collegio uninominale e il voto più politico alla lista: impedendo il voto disgiunto quindi facendo implicitamente prevalere il voto sul nome del singolo su quello della lista e favorendo il notabile locale e il partito che deve primeggiare nel collegio. Un sistema simile c’era per le vecchie elezioni provinciali, con la differenza che – per quanto ingiusto – in Provincia veniva eletto il Presidente, capo dell’amministrazione, oltre al Consiglio. L’altro aspetto, persino grottesco, è l’impossibilità assoluta da parte del cittadino elettore di votare per qualcuno con certezza. Su questo il M5S e tante anime belle democratiche dovrebbero essere smascherate. La proposta oltre ai collegi uninominali, prevede liste circoscrizionali bloccate e la possibilità di pluricandidature, con opzioni, sia nei collegi che nelle circoscrizioni. La blindatura elettorale per sedicenti leader e loro lacchè è certa. L’articolo 84 del DPR n°361/1957 e l’articolo 17, comma 8 del d.lgs. n° 533/1993 riformati dalla proposta stabiliscono che l’ufficio elettorale proclama eletti in proporzione ai seggi ottenuti: i migliori primi nei collegi uninominali, i capilista nelle circoscrizioni o nelle regioni, di nuovo i primi nei collegi e gli altri candidati nelle liste circoscrizionali. Un sistema più complicato e incerto di selezione della classe dirigente era impossibile da trovare, quindi la norma giuridica voluta anche dall’oligarchia grillina ha fatto evaporare fiumi di retorica rousseiana e anticasta. La legge elettorale non è un tema appassionante a fronte di problemi economici e lavorativi quotidiani. Essa, nondimeno, è un termometro dello stato della democrazia tanto quanto il vergognoso balletto sui voucher. E la democrazia in Italia, nonostante la vittoria del 4 dicembre, è sotto attacco per questo nelle prossime calde ore dovremo mobilitarci come comuniste e comunisti e come donne e uomini di sinistra per far migliorare il sistema elettorale in senso più democratico e rappresentativo.

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