La connessione inscindibile fra poteri e diritti” La lezione di Stefano Rodotà
di Giovanni Russo Spena*
Stefano Rodotà , pur nella sua autonomia , nella sua forte identità indipendente da schemi di partito o di schieramenti parlamentari, ci ha sempre accompagnato nel nostro percorso di attivisti politici, sociali, di comunisti anche. Nelle aule parlamentari come nei comitati, come nei sindacati, come nelle coalizioni sociali. Stefano era un civilista ; non nacque costituzionalista. Ma seppe spezzare l’angustia di un diritto civile costruito intorno alla gabbia ed alla contrattazione privatistica aprendo l’orizzonte dei beni comuni, fornendo una base costituzionale ai valori d’uso rispetto ai valori di scambio. Rodotà è il maestro che ci ha insegnato la connessione inscindibile tra poteri e diritti. Avversava, odiava la rete angusta del formalismo giuridico. La sua bussola è sempre stata il garantismo più rigoroso . Per lui il principio dell’ ” habeas corpus ” era ( ed è ,tanto più in un contesto di autoritarismo statuale sempre più diffuso, da ” Stato del controllo”) il paradigma fondativo dello Stato di diritto . Non a caso Rodotà ha sostanzialmente costruito da solo ruolo e funzioni del Garante della Privacy. Non è mai stato “ascaro ” del potere . Anzi , il suo tratto distintivo , sia scientificamente che culturalmente che politicamente è stato il ” costituzionalismo dei bisogni “. La Costituzione , per lui, non è architettura del potere ma garanzia degli sfruttati; critica del potere , lotta contro l’eccesso , lo sviamento del potere. Anche negli ultimi due anni della sua vita, ci ha guidato, sino allo stremo delle sue forze, nella dura campagna contro la svolta autoritaria renziana contro l’attacco ordoliberista alla Costituzione ” bolscevica “. Perché il fine della sua vita fu la rappresentanza, l’intreccio tra democrazia rappresentativa e diretta, la centralità , quindi, del Parlamento contro la retorica della ” governabilità “. Ha scritto pagine magistrali sul ” diritto ad avere diritti “. Concludo , selezionando trai tanti ricordi . L’ intervento forse più bello che gli ho sentito fare è stato sull’articolo 36 della Costituzione , sulla ” dignità “. Spiegava che i costituenti italiani strapparono la ” dignità ” da una condizione di astrattezza ,fornendole una base materiale : il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla qualità e quantità del suo lavoro e sufficiente a garantire a sé e alla sua famiglia una “esistenza dignitosa “.
*Resp Democrazia, Diritti e Istituzioni Prc S.E.
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