Migliaia in piazza per #PortiAperti, E che se ne traggano conseguenze politiche
Migliaia in piazza per #PortiAperti, E che se ne traggano conseguenze politiche
Pubblicato il 14 giu 2018
Stefano Galieni*
Le manifestazioni che si sono tenute in questi pochi giorni da Milano a Palermo, attraversando grandi città e piccoli paesi, per protestare contro l’infame atto del governo con cui si è negato l’attracco ad un porto Le italiano alla nave Aquarius, dell’Ong Sos Mediterranèe rappresentano una grande ricchezza. Convocate con chi c’era e senza discrimine, con un “#ApriteIPorti” come denominatore comune variamente declinato, hanno portato in piazza uomini e donne decisi a non accettare l’imbarbarimento messo in campo dal governo giallo – verde (prosecuzione iperbolica dell’azione del precedente) e hanno preso parola. Una risposta emotiva e necessaria, carica di solidarietà e di rifiuto di quel clima che sembra essere divenuto dominante nella politica non solo nostrana ma anche europea e che vede nei “migranti”, negli “altri” i nemici da combattere con ogni mezzo e al di là di qualsiasi diritto internazionale. Belle facce e belle piazze, spesso notturne, inclusive e problematiche perché hanno visto, indistinti, coloro che si battono da sempre contro l’alzarsi dei muri della “fortezza Europa” e chi solo dopo la perdita del governo, riscopre semplici principi di convivenza civile.
Una risposta che non permette però di fare confusioni, lo stare in queste ore nelle stesse piazze non può precludere ad alcun altra prefigurazione. Chi sogna di fare di tali momenti – e chissà quanti ne vivremo in futuro – un pretesto per dar vita al “Fronte repubblicano” con gli stessi soggetti che hanno permesso di arrivare ad avere Salvini al Viminale è meglio che cambi obiettivo.
E se è necessario partire dal “fattore umano” per risvegliare coscienze ed aprire un dibattito, ben venga, ma non basta.
Occorre una riflessione politica accompagnata da una propria visione di quanto sta accadendo per ribaltare lo scenario che si è determinato con tutto il suo carico di ambiguità irrisolte.
L’azione dal forte valore simbolico, del governo italiano non aggiunge molto di più di quanto fatto dai governi precedenti ma si inserisce in un contesto notevolmente cambiato. Il governo Salvini (Conte è unicamente una controfigura), nel silenzio imbarazzante del Presidente della Repubblica (preoccupato solo della stabilità dei mercati), si sta adeguando ad una istituzionalizzazione della nuova Europa. Da fortezza continentale realizzata ben prima dell’UE (l’area Schengen si definisce nel 1985), si è passati alle fortezze nazionali con buona pace di chi (anche definendosi di sinistra) auspicava un risveglio sovranista. Dalle frontiere chiuse verso l’esterno si è passati ad un sistema di gabbie dalle sbarre sempre più strette e che riguardano gran parte dei paesi UE. Per ora tutti cittadini degli Stati membri li possono attraversare, gli altri solo se in possesso dei titoli di viaggio, visti, permessi, status economico, in una gerarchia sociale che considera classe e paese di provenienza come prerequisiti indispensabili per muoversi.
E se domani gli stessi requisiti che di fatto rompono l’idea stessa di Europa, dovessero essere modificati in maniera ancora più restrittiva? Già oggi ci sono “comunitari” considerati problematici e guardati con sospetto e la cui circolazione non è totalmente libera ma un giro di vite si potrebbe compiere in tempi molto brevi. O si pensa che l’ondata migratoria italiana verso il resto d’Europa non susciti già problemi e risentimenti?
Ma da noi ci si accontenta di colpire i solidali, di intercettare barconi e Ong, di stringere accordi ancora più vincolanti con Libia, Egitto, Turchia e presto chissà anche Sudan, offrendo competenze per le galere in cambio della speranza (destinata a dissolversi) di non vedere più persone da accogliere.
Nel frattempo le politiche di sfruttamento, di riduzione dei diritti di chi lavora, della crescita esponenziale dei profitti di pochi, continueranno ad andare avanti, a crescere senza ostacoli e frontiere, in UE come nel resto del pianeta, nonostante i dazi doganali.
E l’idea di patria con cui si riempiono la bocca governanti di mezza Europa, indipendentemente dalla collocazione politica, porta a definire il collante ideologico di una mostruosità. Ti chiami Mario Rossi? Con la “flat tax” ti potrai sentire equiparato a Marchione e a Briatore con svariati zero in meno nel tuo reddito mensile e con diverse prospettive per il futuro. Sarai contento di sapere che Mohammed, Fatima, Irina e Pedro, tuoi colleghi di lavoro, i cui figli vanno a scuola con i tuoi, potranno essere cacciati più facilmente via e che i loro diritti saranno meno importanti dei tuoi.
Per quei “negri” che ti danno tanto fastidio, la vita peggiorerà se mai è possibile, ma migliorerà la tua?
Avrai casa, istruzione, sanità migliore, pensione e lavoro decenti?
Difficile perché l’applicazione della flat tax diminuirà sensibilmente il gettito fiscale e per recuperare entrate si dovranno tagliare proprio quei servizi di cui c’è bisogno.
E ti sentirai più al sicuro nella tua “patria” inviolata?
Noi no: “Nessuna persona è illegale”
*Resp. nazionale Pace, Immigrazione e Movimenti, Prc S.E
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