associazioni biellesi contro il daspo
Il Daspo urbano, cioè la possibilità di allontanare da una determinata area urbana le persone non desiderate, è una legge che può ledere il rispetto dei diritti umani e mette in discussione le libertà personali sancite oltre che dall'art. 2, dagli articoli 13, 16 e 17 della Costituzione.
Introdotto dal ministro Marco Minniti, consolidato ed esteso dal ministro Matteo Salvini ha una funzione immediata legata alla ricerca del consenso elettorale. Il richiamo alla “sicurezza dei cittadini” è evidentemente ingiustificato, poiché viviamo in una fase ormai consolidata di riduzione della “piccola criminalità” e le nostre città sono tra le più sicure d’Europa. Ma evidentemente la “percezione della realtà” è più importante della realtà stessa!
La traduzione del Daspo urbano nei regolamenti di polizia locale apre ulteriori contraddizioni e spazi di arbitrarietà. Pressapochismo, vaghezze e l’introduzione del concetto di “decoro”, tanto vago quanto arbitrario, rendono il Daspo urbano uno strumento eminentemente repressivo.
Gli spazi urbani soggetti al Daspo sono quelli pubblici, dove giovani e anziani si ritrovano, dove migranti e senza tetto trascorrono il tempo, in attesa della notte per raggiungere il dormitorio pubblico o ricoveri di fortuna.
Introdurre genericamente il “decoro” o il “disturbo della quiete” quali criteri per far scattare i provvedimenti di allontanamento è improprio dal punto di vista giuridico, facilmente impugnabile per un ricorso al Tar regionale e/o davanti al Giudice di pace (si leggano le sentenze già emesse da diversi Tar). Come incerto è il “diritto” di un Comune di introdurre sanzioni amministrative in presenza di leggi nazionali che già regolano la materia.
E’ chiaro che questi provvedimenti hanno uno scopo: alimentare l’insicurezza (invece di superarla) e così garantire il consenso politico e l’espansione degli strumenti di regolazione e controllo sugli strati marginali, o ostili, della società.
E’ la povertà a produrre l’accattonaggio; è la mancanza di una casa o di un ricovero che induce le persone a trascorrere il tempo su una panchina per socializzare, mangiare, vivere; è la precarietà esistenziale prodotta dalle tossicodipendenze che induce a comportamenti, agli occhi degli ipocriti, poco “decorosi”.
I Comuni con l’applicazione dei criteri del Daspo urbano colpiranno queste persone, i soggetti più deboli della società.
Invece di mettere in moto politiche di lotta contro le povertà, il disagio sociale, la mancanza d’abitazioni, per l’integrazione dei migranti anche il Comune di Biella si inventa un, mal scritto e confuso, regolamento di Polizia urbana nel quale al centro mette il vago concetto di “decoro” e l’incerta ipotesi di “disturbo della quiete”. Nessun riferimento a politiche di rimozione delle cause del disagio o provvedimenti di prevenzione, solo la repressione quale strumento politico amato dalla destra neofascista.
Istituisce “zone rosse” e divide la città in centro e periferie, qui sarà impossibile “bivaccare”(?) mentre a Chiavazza o al Villaggio Lamarmora si potrà fare!
Il Sindaco Corradino, eletto con meno del 25% dei voti degli aventi diritto, con il suo fedele scudiero Moscarola ha scelto: ora si passa dalla lotta alla povertà alla lotta contro i poveri e gli emarginati!
Bene! Lo scontro è aperto.
Ci auguriamo che i Consiglieri comunali dell’opposizione facciano il loro dovere.
Noi saboteremo con ogni mezzo l’azione del Comune e delle sue forze di polizia: agire contro l’ipocrisia della politica, l’inefficacia delle sue azioni, le scelte discriminatorie e l’indecorosa politica della Giunta Corradino è necessario, come disobbedire a leggi ingiuste è un diritto, se teso a salvaguardare la libertà della persona e il suo diritto di vivere una vita!
Biella, 4/12/2019
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