Lettera aperta di Vittorio Armanni
15.03.20) Lettera aperta di Vittorio Armanni chiuso in casa come tutti gli altri
Appartengo alla generazione che ha avuto il previlegio di avere 20 anni negli anni Sessanta del secolo scorso.
E’ stata la generazione dei sogni, perché sognare è stato svegliarsi dentro.
Le manifestazioni operaie e studentesche, il Vietnam , la Rivoluzione Cubana , Che Guevara, i Beatles , Marx, Martin Luter king, Joan Baez, le nostre canzoni, le navi spaziali, Il Partito Comunista Italiano e poi il Manifesto…..
Ci sentivamo promotori dell’idea di una società libera nella quale tutte le persone potessero vivere in armonia e con l’uguaglianza delle opportunità.
”Da ciascuno secondo le proprie capacità. A ciascuno secondo i propri bisogni”.
Eravamo permanentemente svegli.
Le nostre chimere non erano alimentate da droghe ma da utopie.
Tutti i sogni sono la proiezione di un desiderio.
La mia generazione ha desiderato ardentemente di cambiare il mondo, instaurare la giustizia sociale , cambiare il lavoro da impotente alienazione a strumento di possibile dignità e liberazione.
Le nostre proteste erano sovversive .
Il sogno è stato ridotto a pezzi sbattendo contro la realtà.
La risposta, la reazione, la provocazione del “sistema”, i boia della destra economica, hanno lacerato le nostre utopie.
La strategia della tensione, Piazza Fontana, le bombe a Brescia, a Bologna, lungo le linee ferroviarie con i treni colmi di lavoratrici e lavoratori,….
Ciò che era contro si è convertito in dolore.
I nostri calici di vino rosso si tinsero di sangue.
I nostri paradigmi franarono sotto le macerie del muro di Berlino, perché non era il socialismo delle masse, né dei proletari al potere. Era il socialismo di Stato, padre e padrone, avvolto dal paradosso di ingigantirsi in nome della fine della lotta di classe.
L’economicismo, l’assenza di una teoria dello Stato, di una società civile forte e mobilitata, condussero il fiume delle fantasie a straripare sopra i ponti degli ingegneri del sistema .
Il socialismo reale saziava la fame di pane, ma non l’appetito della bellezza.
Distribuiva i beni materiali e privatizzava i sogni. Il capitalismo astuto socializza la bellezza per camuffare la crudele privatizzazione del pane.
Tutti sono liberi di viaggiare, ma solo sulle rotte predefinite.
Liberi di votare, ma non di interferire con il potere.
Il polverone sollevato dalla caduta del muro ancora oggi offusca il nostro sguardo.
La sinistra sembra una donzella perplessa che finita la festa non riesce a trovare il cammino del ritorno a casa.
Molti sono disposti ad accompagnarla ma teme di essere condotta nel letto della violazione.
Si incammina ansiosa nel labirinto dell’elettoralismo e si perde nel gioco degli specchi che alimentano il narcisismo di quelli che si truccano nel riflesso delle urne.
Si lascia travolgere dall’alternativa elettorale dove la caccia di voti e incarichi ben pagati calpestano gli ideali e i programmi. E mentre più si avvicina alle strutture di potere più si distanzia dai movimenti popolari.
La stanza dei bottoni è un miraggio che non aiuta ad uscire dalla palude.
La globalizzazione neoliberale che espelle la cittadinanza, esalta il consumismo, ripudia i diritti sociali, idolatra il mercato , alimenta le ingiustizie, si combatte e si batte con un edificio alternativo e una gestione pubblica che investe in programmi sociali, perfeziona l’accesso alla salute, all’educazione, all’abitare, alla dignità del lavoro e al paniere basico.
In un pianeta atrocemente diseguale la marea sale, i pescatori sono accecati dal riflesso del sole e la piazza vuole selezionare i pesci.
La storia è arrivata alla sua fine?
Cos’altro può fiaccare la giustezza della nostra causa?
Fuori dalla sinistra non c’è uscita per la miseria che devasta il pianeta.
La logica del capitalismo è incompatibile con la giustizia sociale.
Il sistema esige accumulazione, la giustizia è condivisione.
Non c’è futuro per la sinistra senza etica, utopia, vincoli con i poveri e con i valori per dare vita al sogno.
Oggi il socialismo non è solo una questione ideologica o politica.
E’ anche aritmetica.
Senza condividere i beni della terra e i frutti del lavoro umano, la maggioranza degli otto miliardi di passeggeri di questa nave spaziale chiamata terra, sarà condannata ad una fine precoce senza il diritto a godere ciò che la vita esige come essenziale per essere felici.
Memoria, Identità, Partecipazione, Pane, Pace e Piacere.
Sta alla sinistra risvegliare il sogno. (15.03.20, Vittorio Armanni, della segreteria provinciale Prc/Se)
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