Prima la salute non il profitto. Documento approvato dalla Direzione nazionale PRC-SE

Prima la salute non il profitto. Documento approvato dalla Direzione nazionale PRC-SE

Prima la salute non il profitto. Documento approvato dalla Direzione nazionale PRC-SE

Documento approvato dalla direzione nazionale del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea riunita il 14 e 15 aprile.

Prima la salute non il profitto. 

La crisi del coronavirus impone rottura con politiche neoliberiste. Indispensabile intervento BCE.

La pandemia del coronavirus ha posto l’intero pianeta e il nostro paese in una situazione drammatica dal punto di vista umanitario e avrà un impatto devastante sul piano sociale e economico.

In questa crisi diventa concreta la possibilità di mettere in discussione l’egemonia delle classi dirigenti espressione del finanzcapitalismo e di incidere sul senso comune.

La genesi della pandemia e l’incapacità di una efficace risposta su scala globale hanno radice nella maniera con cui il capitalismo ha accelerato l’aggressione nel corso degli ultimi decenni degli ecosistemi e delle società umane.

Milioni di persone hanno riscoperto la centralità della sanità pubblica, l’importanza dell’intervento pubblico, le conseguenze negative di due decenni di tagli e si apre lo spazio per una critica di massa del capitalismo neoliberista che ha gestito la crisi del 2008 facendone ricadere i costi sulle classi popolari.

Dopo anni di pensiero unico e culto dell’impresa privata e del mercato di fronte al contagio è stata la sanità pubblica la trincea di difesa della sopravvivenza di tutte/i ed è stata la classe lavoratrice a affrontare il contagio – in particolare gli operatori della sanità e dei servizi essenziali a cui va il nostro ringraziamento più sentito.

Dopo anni di atlantismo acritico i medici cubani testimoniano il valore dell’internazionalismo mentre l’amministrazione Trump dà dimostrazione della crisi del modello nordamericano che aveva ispirato la globalizzazione neoliberista. Lo spreco di migliaia di miliardi in armi di distruzione di massa rende ancor più vergognoso il fatto che mascherine e respiratori siano risultati merce rara e la pianificazione rispetto al rischio pandemico quasi inesistente.

Il palese fallimento della regionalizzazione della sanità rafforza la  possibilità di fermare ogni tentativo di proseguire sulla strada dell’autonomia differenziata, costruendo un diverso modello sociale ed economico che guardi anche al Sud e al Mediterraneo.

Le lotte contro le privatizzazioni, per la centralità del pubblico, della ricerca, della scuola, dell’università, della cultura e la difesa dei beni comuni possono incontrare un terreno assai più fertile. E può essere posta con più forza in campo l’esigenza di cancellare stravolgimenti della Costituzione come il pareggio di bilancio e il Titolo V o a livello europeo di rimettere in discussione i Trattati a partire da Maastricht e le basi stesse di questa Unione Europea. 

È maturata nel Paese soprattutto la richiesta di bloccare ed invertire radicalmente le politiche di privatizzazione e mercificazione della sanità.

L’emergenza ha reso evidente l’insostenibilità del modello sociale liberista. Le difficoltà nell’assistenza e nella prevenzione nelle regioni più ricche d’Italia è conseguenza di anni di tagli alla sanità pubblica e di incentivazione della privatizzazione e della mercificazione della salute.

La contraddizione tra l’ossessivo appello rivolto alla popolazione al rispetto delle misure restrittive per prevenire la diffusione del contagio e la noncuranza protrattasi per settimane rispetto alla condizione di milioni di lavoratrici e lavoratori ha dimostrato quanto rimanga centrale nella nostra società la contraddizione capitale-lavoro.

Le ostentate donazioni di super-ricchi sono delle elemosine che offendono se confrontate alla realtà dell’evasione, della detassazione, dei paradisi fiscali. E’ oggi più che mai centrale la nostra storica rivendicazione di una patrimoniale sulle grandi ricchezze dopo tre decenni di politiche che hanno aumentato le disuguaglianza.

Le misure assunte dal governo italiano e dall’Unione Europea per fronteggiare la pandemia del coronavirus sono state inadeguate e sovente tardive, sia sul piano sanitario e ancor di più sul piano economico.

La continua rissa tra maggioranza e opposizione di destra tende a occultare le comuni responsabilità e la continuità delle loro politiche. Mentre la Regione Lombardia e il governo si rimpallano la mancata istituzione della zona rossa a Bergamo rivendichiamo con amarezza di averla chiesta inascoltati dall’inizio e denunciamo che la responsabilità è degli entrambi gli schieramenti. E con altrettanta amarezza ricordiamo di aver denunciato la necessità di intervenire la strage di anziani nelle rsa e nelle case di riposo. Sosteniamo la necessità di commissariare le fallimentari gestioni delle regioni Lombardia e Piemonte ma non dimentichiamo che la politica sanitaria dei tagli e delle privatizzazioni è stata a livello nazionale bipartisan.

Il mezzogiorno d’Italia sta vivendo, con la sua composizione di lavoro nero, precario, marginale, non garantito, momenti di crescente drammaticità. Le lunghe fila degli abitanti dei quartieri periferici, in attesa davanti ai caf per la compilazione delle domande di riconoscimento del bonus di 600 euro, o davanti ai centri di distribuzione dei pacchi alimentari, lo stanno a dimostrare.

Non bisogna illudersi che la crisi che stiamo attraversando produca di per sé uno sviluppo positivo dal punto di vista sociale e culturale. Il virus non farà la rivoluzione al posto nostro. Come abbiamo già visto nell’ultimo decennio può anche determinare un’ulteriore spinta a destra, regressiva, intollerante e autoritaria se non si costruisce un’alternativa. E comunque le classi dominanti non si faranno da parte e già sono all’opera imporre di nuovo – come dopo il 2008 – una narrazione egemonica e scelte politiche neoliberiste.

Lo dimostra l’oscena offensiva da parte di Confindustria e dei suoi mille sostenitori nella politica e nel giornalismo per la riapertura delle imprese mentre la realtà è che – a causa delle maglie troppo larghe del decreto – metà delle imprese nel nostro paese non hanno mai chiuso. Persino nelle zone dove più alto è il numero di vittime.

Sarebbe un errore pensare che il capitalismo neoliberista e la governance europea si autoriformino senza conflitto sociale e senza una consapevolezza diffusa nell’opinione pubblica. Lo stanno dimostrando il comportamento di Confindustria in Italia e quello dei governi europei e della Commissione.

E’ evidente che le classi dirigenti non vogliono cambiare né i trattati né l’impostazione di fondo delle loro politiche.

Lo stesso no del Presidente del Consiglio e di parte del governo italiano al MES non si accompagna a una proposta coerente e convive con posizioni molto forti di continuità con il passato e di fedeltà all’ideologia e alla pratica della governance europea soprattutto da parte del PD.

Se la destra cavalca polemiche regressive e fakenews spetta alla sinistra anticapitalista e antiliberista dentro la crisi portare avanti un punto di vista di classe, di genere, democratico e solidale.

Rivendichiamo di aver lanciato subito la parola d’ordine della chiusura di tutte le attività lavorative non essenziali e di aver denunciato la strage in corso nelle zone più industrializzate del paese a causa della subalternità della politica – del governo come della destra – al padronato.

Il sostegno agli scioperi e la denuncia della violazione delle precauzioni indispensabili per evitare il contagio nei luoghi di lavoro è impegno su cui dobbiamo insistere in tutto il territorio nazionale e riguarda anche le attività ritenute essenziali che sono le uniche che dovrebbero rimanere aperte.

Il nostro antifascismo non è solo uno sguardo riconoscente sulla nostra storia ma un impegno per l’attuazione di una Costituzione che per noi non può fermarsi davanti alle porte di aziende, fabbriche, rsa, carceri e cpr. Invece di alimentare guerre tra poveri rivendichiamo il valore dei principi costituzionali e politiche conseguenti.

Per questo ci siamo battuti e ci battiamo perché sia garantita a tutte/i la possibilità di proteggersi dal contagio. E mai come oggi va respinta la barbarie securitaria e razzista della Lega e l’ignavia del governo verso i detenuti nelle carceri o gli immigrati che si trovano nei cpr e nei cosiddetti centri di accoglienza. Chiediamo provvedimenti immediati per la riduzione della popolazione carceraria,  l’accertamento della verità sui morti nelle rivolte e le dimissioni del ministro Bonafede. 

Ci battiamo, dunque, per la regolarizzazione delle centinaia di migliaia di uomini e donne migranti presenti sul territorio nazionale e che in virtù delle leggi vigenti, non solo dei decreti Salvini, sono oggi non solo in condizione di non poter lavorare ma persino di avere accesso completo al SSN e alle forme di sostegno al reddito. Ci battiamo per l’apertura dei porti e perché sia garantito il soccorso in mare – a maggior ragione oggi con il riesplodere del conflitto in Libia – con la stessa determinazione con cui contrastiamo la campagna di Confindustria per la riapertura delle fabbriche.

Ci battiamo per la garanzia di un reddito di quarantena a tutte le persone colpite da questa crisi e per energiche misure a sostegno di tutti i settori sociali, del lavoro dipendente e autonomo. Dentro questa crisi emergono i limiti dello stesso reddito di cittadinanza attualmente in vigore che va riformato come richiesto da un ampio schieramento di associazioni e realtà di movimento e sindacali che condividono come noi la campagna per l’estensione del reddito e la eliminazione delle condizionalità anche oltre l’emergenza.

Ci battiamo perché nella scuola – finito l’insegnamento “a distanza” di cui non tutte/i hanno potuto usufruire – ci sia una drastica riduzione degli alunni per classe, anche per garantire il necessario distanziamento ponendo fine alla lunghissima stagione dei tagli mascherati da “riforme” con assunzione di personale docente e ATA e reperimento di spazi per l’edilizia scolastica.

Dobbiamo contribuire a far crescere la consapevolezza che passata la bufera non si dovrà affatto ritornare alla “normalità”, ma bisognerà mettere mano ad un grandioso piano per il lavoro, sostenuto da un poderoso impiego di risorse, finanziato, guidato, controllato dalla mano pubblica attraverso una radicale riforma della missione della Cassa depositi e prestiti.

Noi puntiamo ad attraversare questa crisi cercando di costruire un blocco sociale di classe, popolare e democratico, che contrasti il tentativo già in atto di farne ricadere il peso per l’ennesima volta sulle classi popolari e di restaurare, in condizioni peggiorate, la cosiddetta “normalità”, ovvero l’egemonia del capitalismo neoliberista.

La crisi evidenzia l’esigenza di una politica di riduzione delle disuguaglianze, di finanziamento adeguato del welfare e di tassazione progressiva secondo il dettato costituzionale. E più in generale ripropone l’urgenza e la necessità di un’alternativa di società. Non è un caso che tornino di nuovo a circolare nel dibattito internazionale e persino sui media mainstream parole come comunismo e socialismo.

La partita più importante oggi è aperta su scala europea.

Sul piano economico per affrontare efficacemente l’emergenza è necessario che l’Unione Europea adotti misure adeguate e una svolta reale. Non possono che essere rigettate come insufficienti le proposte messe in campo nel confronto tra i governi.

La sospensione del patto di stabilità dimostra quanto i parametri e i vincoli che hanno svolto un ruolo antisociale devastante nei paesi europei, soprattutto del sud, non sono sostenibili ed erano frutto solo di decisioni politiche volte a imporre le politiche neoliberiste. Ormai anche i portavoce dell’austerity ammettono che in una situazione come questa il contenimento della spesa pubblica rappresenta l’opposto di quel serve per affrontare la pandemia e la crisi economica. Però continua a pendere come una minaccia il MES e il rischio di prestiti che divengano un cappio al collo per l’economia e la società italiana. E che il conto dello sforamento venga presentato dalle classi dominanti dopo la pandemia in termini di nuovi sacrifici, tagli e privatizzazioni.

Lo stesso intervento della BCE è per ora insufficiente per evitare la speculazione sui titoli di stato e l’azzeramento dello spread in maniera definitiva.

Per questo abbiamo avanzato come centrale la rivendicazione che la Banca Centrale Europea assuma il ruolo che colpevolmente le classi dirigente europee hanno finora negato.

Non basta il no indispensabile al MES, è indispensabile che la BCE finanzi un piano europeo per affrontare l’emergenza, in grado di rilanciare l’occupazione e garantire la riconversione ambientale e sociale delle produzioni e dell’economia. 1000 miliardi di finanziamento annuo a tasso zero, con scadenza a 100 anni per attuare – magari attraverso la BEI – un Piano di riconversione ambientale delle produzioni e dell’economia (comprese le garanzie di ammortizzatori sociali e reddito) e un piano sanitario europeo che potenzi la sanità pubblica costruendo un diritto europeo alla prevenzione e alla salute.

Il divieto di vendita dei titoli allo scoperto deve essere reso strutturale. In una situazione di forte speculazione sui mercati è necessario che le autorità pubbliche intervengano per bloccare le contrattazioni ogni volta questi manifestino un carattere speculativo e attuino un forte controllo del movimento internazionale dei capitali.

La rivendicazione dell’intervento della BCE può diventare punto unificante di tutta la Sinistra Europea e del Gue/Ngl e di tutte le soggettività politiche, sindacali, sociali e culturali che a livello europeo si battono per la difesa delle classi lavoratrici e contro il neoliberismo.

In questa fase così drammatica mantenere un’attitudine militante e che il partito dia il massimo contributo nell’intervento politico, culturale e sociale. I limiti imposti dalla situazione, anzi ci impongono un salto di qualità nella capacità di comunicare e costruire campagne.

Come sinistra antiliberista e anticapitalista dobbiamo in tutti i modi lavorare per dare centralità alle questioni concrete evitando che lo scontro tra governo e opposizione di destra monopolizzi l’attenzione a scapito del confronto sui nodi centrali e i problemi reali. Ringraziamo tutte le compagne e i compagni che in queste settimane si sono impegnate/i in attività di informazione, denuncia, inchiesta, elaborazione, mutualismo, negli sportelli sociali, nel lavoro sindacale, negli enti locali, nelle reti di movimento e nell’associazionismo.

Invitiamo alla convocazione di attivi e riunioni telematiche degli organismi regionali, provinciali e territoriali perché proprio dentro questa situazione eccezionale c’è bisogno dell’intelligenza e dell’impegno di tutte/i nel costruire reti di solidarietà, pratiche sociali, sviluppare intervento politico, fare inchiesta e denuncia. per essere all’altezza della situazione che viviamo e contribuire a cambiare anche il nostro partito. Altrettanto è importante il coinvolgimento costante della DN e la convocazione in tempi stretti del Comitato Politico Nazionale (ovviamente per via informatica) e allargare e creare nuovi gruppi di lavoro.

Questa emergenza impone un salto di qualità, un cambiamento di passo a tutta la sinistra anticapitalista, alla sua capacità di prendere l’iniziativa, di abbandonare atteggiamenti autoreferenziali e di unire le forze sociali e politiche su obiettivi comuni.

Lavoriamo con convinzione per determinare la più larga collaborazione con tutte le realtà politiche e sociali per allargare la mobilitazione – nelle forme possibili nelle attuali condizioni – sulle emergenze sociali aperte e per proporre alternative concrete dentro la crisi.

In queste settimane, collaborando con tante realtà sindacali e di movimento, abbiamo costruito una piattaforma di proposte su cui è doveroso incalzare il governo e il parlamento come abbiamo già fatto nelle scorse settimane.

E’ indispensabile sviluppare tutte le forme di interazione, di dialogo, di confronto, di proposta; evitare che l’emergenza si trasformi in una stasi del pensiero, in una colonizzazione dell’immaginario sociale, in un ripiegamento della vita nella sfera puramente privata; affermare il valore della solidarietà e lo spirito di comunità come antidoti contro la paura, l’individualismo, la solitudine.

La pandemia ha evidenziato le tante contraddizioni di una società sottomessa alla logica dell’accumulazione capitalistica e di una costruzione europea progettata per imporre lo smantellamento del modello sociale conquistato con lotte secolari dalle classi lavoratrici.

Negli ormai prossimi 25 aprile e Primo Maggio raccogliamo l’appello dell’Anpi a cantare Bella Ciao dai balconi e sventoliamo accanto ai tricolori le nostre bandiere rosse e quelle arcobaleno della pace.

Rilanciamo in nostro impegno nella solidarietà concreta a Cuba e contro il blocco criminale da parte degli Stati Uniti che colpisce l’isola e il Venezuela bolivariano anche durante la pandemia.

La direzione nazionale dà mandato alla segreteria di proseguire il lavoro di costruzione di relazioni unitarie e di convergenza su campagne con tutte le soggettività disponibili su obiettivi condivisi  di pari passo con le iniziative del partito.

Dall’inizio della crisi siamo stati molto impegnati sul terreno dell’emergenza e, nonostante prime risposte da parte del governo come il blocco dei licenziamenti, ci sono molte questioni su cui va proseguito l’intervento e la convergenza con altre soggettività innanzitutto sul piano della sanità e del contrasto del contagio, a partire da tra gli altri:

-         requisizione delle cliniche private, commissariamento delle regioni Lombardia e Piemonte, tutela dei degenti in case di riposo e rsa;

-   difesa del diritto alla salute di lavoratrici e lavoratori attraverso il fermo delle attività non essenziali, e condizioni di sicurezza per chi lavora;

-  estensione del reddito di cittadinanza e garanzia subito di un reddito di quarantena;

-      sostegno agli enti locali e sospensione del patto di stabilità interno;

-      diritto alla casa, blocco degli sfratti, sospensione e contributo per gli affitti;

-  amnistia e/o provvedimenti per ridurre sovraffollamento carcerario;

-      regolarizzazione migranti e riapertura porti;

-  sostegno alla campagna della rete pro choice, per l’autodeterminazione delle donne, applicazione della 194 e possibilità di accesso all’aborto farmacologico senza degenza ospedaliera.

La partita decisiva è quella della risposta all’emergenza economica e alla crisi. Quelli che sono improvvisamente diventati sostenitori dello “sforamento” e della crescita del debito pubblico per sostenere le imprese rimangono pericolosi sostenitori di quelle regole che poi tornerebbero a imporre tagli e sacrifici.

Per questo la Direzione Nazionale impegna tutto il partito nella campagna USARE I SOLDI DELLA BCE con la relativa petizione europea e nel rilancio della nostra piattaforma incentrata su patrimoniale sulle grandi ricchezze, imposizione fiscale fortemente progressiva, tassazione rendite finanziarie e multinazionali, taglio delle spese militari a partire dagli F35, stop alle grandi opere inutili come il tav in Val di Susa, lotta all’evasione fiscale e ai paradisi fiscali.

Prima la salute non i profitti, è una parola d’ordine che ha valore ben oltre l’emergenza. E’ il “prima le persone” che abbiamo mille volte ripetuto contro il capitalismo neoliberista.  La crisi creata dalla pandemia conferma la necessità di una rottura e di una svolta. Occorre impedire, quando finirà il contenimento, che il ritorno alla “normalità” coincida con la semplice restaurazione, in condizioni peraltro peggiori, dello sfruttamento delle classi lavoratrici e del saccheggio dei beni comuni e dell’ambiente.

 

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