FOIBE: UN NUOVO PASSO VERSO IL REVISIONISMO DI STATO
Il Museo delle Foibe: un nuovo passo verso il revisionismo di Stato
GIORNO DEL RICORDO. Il governo approva il Dl. Sul tema esiste la giornata memoriale che ha lo stesso peso di quella dedicata ai crimini nazisti e le foibe vengono costantemente equiparate alla Shoah.
di Eric Gobetti – il manifesto – 1° febbraio 2024
È notizia di ieri: il governo ha approvato un disegno di legge sull’istituzione di un Museo del Ricordo delle foibe e dell’esodo. Ne è prevista la realizzazione in tre anni, al costo di 8 milioni di euro. Il museo sarà realizzato e gestito da una Fondazione cui potranno aderire «soggetti pubblici e privati», ovvero presumibilmente le associazioni degli esuli che da tempo sono monopolizzate dall’estrema destra governativa o più radicale.
A vent’anni dall’istituzione del Giorno del Ricordo – il 10 febbraio – , a sei dalla programmazione del film revisionista Rosso Istria, a tre dalle Linee Guida del Ministero dell’Istruzione che indicano alle scuole come interpretare la complessa vicenda del confine orientale e a pochi mesi dal mega-finanziamento per le attività delle associazioni degli esuli, questo è un ulteriore tassello sulla strada della costruzione di una «verità di Stato» sul tema.
Approvato in gran segreto, o almeno senza consultare alcuno storico competente, il progetto è ancora sconosciuto all’opinione pubblica e agli addetti ai lavori. Tuttavia è facile supporre, sulla base delle precedenti attività e delle dichiarazioni governative di ieri, quali saranno le modalità e gli scopi di questa operazione. Il museo avrà sede a Roma, poiché, dice il comunicato, si tratta di «una parte importante della storia italiana».
Vale la pena ricordare che si tratta di una storia che si è svolta in un territorio italiano per poco più di due decenni (guarda caso gli stessi del regime fascista), che era abitato anche da centinaia di migliaia di sloveni e croati che in quello stesso periodo hanno subito violenze di ogni tipo e un numero di vittime almeno cinque volte superiori ai 5000 italiani. Dice inoltre il Presidente della Regione Lazio che il museo «ospiterà e farà emergere dall’oblio tutti i ricordi cancellati dalla storia».
Tutti tutti?!, verrebbe da chiedere ironicamente, anche le stragi fasciste di Domenikon in Grecia o di Debra Libanòs in Etiopia? O, per restare sul pezzo, il museo ricorderà anche la strage di Podhum, vicino a Fiume, con cento civili uccisi dalle camicie nere nel 1942, o il campo di concentramento italiano di Arbe, dove morirono di fame e stenti 1500 jugoslavi, di cui 200 bambini? I riferimenti ossessivi, presenti in tutte le dichiarazioni, al «totalitarismo» e al «comunismo» (le due parole quasi coincidono nel linguaggio ministeriale) sembrerebbero far credere il contrario. Ancora più amaramente ironici suonano i riferimenti alla tragedia «inghiottita in un buco nero» (Rauti), alle «pagine di storia strappate dalla memoria comunitaria della nazione» (Mollicone).
Sul tema esiste una giornata memoriale che ha lo stesso peso di quella dedicata ai crimini nazisti e le foibe vengono costantemente equiparate alla Shoah (con un effetto quasi negazionista della Shoah stessa); sono stati prodotti dalla TV di Stato tre film (l’ultimo in uscita lunedì), innumerevoli documentari e programmi televisivi; sono state intitolate vie, piazze, monumenti, lapidi, sculture in ogni più remoto borgo d’Italia. Serve davvero l’ennesimo prodotto propagandistico? Perché, purtroppo, di propaganda si tratta: una propaganda figlia di una visione ideologica e antistorica che ignora il contesto di violenza e i crimini fascisti e nazisti precedenti, attribuisce le uccisioni alla «barbarie slava» e adotta assurdamente la formula della pulizia etnica «anti-italiana».
Non è certo questo il modo di mostrare rispetto verso le vittime ultime della guerra terrificante scatenata e persa ottant’anni fa dai fascismi europei, e da quello italiano nello specifico. Perché se c’è una vicenda storica davvero ancora avvolta nell’oblio, una vicenda che riguarda davvero tutto il paese, e che andrebbe ricordata costantemente nella nostra capitale, è quella dei crimini commessi dal fascismo, dentro e fuori i confini nazionali, per più di vent’anni. La Germania lo fa, da anni, e Berlino è un museo a cielo aperto del nazismo. Da noi invece pare ormai acquisito che il «fascismo ha fatto solo cose buone», dato che di quelle cattive non ci hanno mai parlato.
Possiamo quindi immaginare che si proseguirà con una approccio vittimista e antistorico, volto a veicolare un messaggio in contrasto con i valori fondanti della nostra democrazia. Come già ampiamente dimostrato, ad esempio dalla consegna delle onorificenze ai parenti di alcuni infoibati, il problema è a monte, nella volontà di «conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe», come nelle intenzioni del futuro museo e dell’attuale giornata commemorativa.
Celebrare come martiri del nostro paese «tutte» le vittime della giustizia sommaria partigiana significa includere «anche»coloro che avevano combattuto dalla parte dei nazisti, contribuito alla Shoah o commesso crimini efferati. In definitiva anche Mussolini è stato vittima della giustizia sommaria partigiana: andrebbe per questo onorato dal nostro paese in quanto «martire»? Sembra proprio che la direzione intrapresa sia questa, in assenza di un museo nazionale del Fascismo e di una giornata commemorativa dei crimini fascisti, questi sì davvero avvolti nel più completo oblio.
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