Boicottiamo il 4 novembre! ...giorno della memoria per ricordare una strage e agire per la pace!
Contro la "festa della vittoria" che ricorda la guerra di aggressione dell'Italia contro l'Austria. Contro un massacro che costò 260.000 morti italiani durante la guerra e più di 4.000 soldati italiani fucilati dai tribunali militari italiani o da precessi sommari.
Contro una cultura distruttiva che diede vita non solo agli orrori della Prima guerra mondiale ma anche a quelli dell'espansione coloniale in Libia e nel Corno d'Africa, che spianò la strada al Fascismo e ci gettò nella Seconda guerra mondiale.
Contra la cultura della guerra, che la nostra Costituzione rifiuta come "strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali" (art.11).
Per liberarci dalle scorie nazionaliste e identitarie che dividono i popoli e le persone e li fanno concorrenti e avversari.
Per far crescere una cultura di pace che scelga la convivenza e il dialogo e non debba più "commemorare" l'aggressività e la violenza.
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Commenti
Marco Sansoé (non verificato)
Mer, 29/10/2008 - 16:38
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Né vinti né vincitori. di Lidia Menapace.
daniele (non verificato)
Gio, 30/10/2008 - 06:33
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la lezione di bertinotti
Anonimo (non verificato)
Gio, 30/10/2008 - 16:27
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Il 4 novembre non è una festa ma un lutto!
Il 4 novembre non è una festa!
Per "rielaborare" il lutto leggiamo la "Lettera ai cappellani militari" di Don Milani:
http://www.ital-uil.it/italserciv/documentialtro/lettera-cappellani.pdf
Guardiamoci il film di Rosi "Uomini contro".
Puo essere un modo per non dimenticare e fare "critica della storia".
marco
Anonimo (non verificato)
Gio, 30/10/2008 - 16:49
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4 novembre. No ai soldati nelle scuole!...di Franco Berardi Bifo
Il Ministro della Difesa ha dato disposizione che il 4 novembre in duecento scuole superiori si tengano discorsi di persone inviate dall’esterno per celebrare quel giorno che sui calendari è segnato come il giorno delle Forze Armate, e nella retorica patriottarda viene definito come il giorno della vittoria. Davvero il 4 novembre è un giorno da festeggiare? C’è qualcosa di cui andare orgogliosi in quella orrenda inutile carneficina che fu la prima guerra mondiale? C’è qualcosa della partecipazione italiana alla prima guerra mondiale di cui andare orgogliosi? In quali condizioni quella guerra si svolse? Perché l’Italia partecipò a quella guerra? Perché l’Italia scelse di partecipare dalla parte dell’Inghilterra e della Francia piuttosto che dalla parte dell’Austria e della Germania, con cui aveva da tempo stretto un’alleanza? Quanti italiani morirono in quella bella guerra? E quali furono gli italiani che si arricchirono con quella guerra? E quanti degli italiani che si arricchirono presero parte attiva in quella guerra? Queste sono le domande alle quali il ministro della difesa Ignazio La Russa dovrebbe rispondere. Ma siccome sappiamo che il Ministro non risponderà, siccome sappiamo che gli esperti che il Ministero della Difesa mobiliterà non risponderanno, allora a queste domande dobbiamo rispondere noi. Quando, nel giugno del 1914 uno studente nazionalista serbo uccise l’arciduca Ferdinando, fratello dell’Imperatore d’Austria, l’Europa si trovò di fronte alla prospettiva di una guerra. Il continente era a quel tempo diviso in due schieramenti opposti: in uno di questi si trovavano la Francia la Gran Bretagna e la Russia. Nell’altro si trovavano la Germania l’Austria e l’Italia. Pochi giorni dopo l’assassinio dell’Arciduca l’Austria pose condizioni durissime alla Serbia, e la Serbia le accettò tutte, tranne una: gli austriaci avrebbero voluto entrare in Serbia per arrestare il colpevole, mentre la Serbia rispose lo arrestiamo noi ed effettivamente Gavrilo Prinzip, responsabile di quell’omicidio venne arrestato. Ma all’Austria non bastava, per cui l’Impero aggredì la Serbia. Dietro quella decisione c’era la fragilità dell’Impero austro-ungarico che cercava con una guerra di rinsaldare il suo potere declinante, e c’era soprattutto la pressione dell’imperialismo tedesco, che voleva modificare l’equilibrio europeo e si proponeva di umiliare la Francia, nemico da lungo tempo del Reich. La Francia e la Russia erano alleate della Serbia, per cui nel 1914 si delineava una guerra franco-tedesca a occidente e una guerra austro-russa ad oriente. Che c’entrava l’Italia? L’Italia era alleata dell’Austria, ma appena la guerra si presentò gli italiani si resero conto che non avevano nessuna voglia di combattere a fianco dei loro alleati. Il patto di alleanza li avrebbe costretti ad intervenire se la guerra avesse avuto carattere difensivo, ma siccome l’Austria aveva iniziato la guerra, ed era dunque il paese aggressore (anche se c’era stata una provocazione di cui la Serbia non era responsabile come stato). L’Italia aveva dunque buone ragioni per non intervenire a fianco dell’Austria. Semmai gli italiani avevano rivendicazioni da avanzare contro l’Austria, infatti l’Impero austro-ungarico manteneva il dominio dei territori del trentino e del triestino. Quando l'Austria dichiarò guerra alla Serbia, sapendo che gli italiani non avevano intenzione di seguirla, pensarono bene di evitare un tradimento completo degli italiani, e offrirono la garanzia che Trento e Trieste sarebbero state restituite alla fine della guerra se l'Italia si fosse astenuta dall'intervenire. La neutralità era dunque la condizione naturale per l'Italia, e Giolitti, che era allora Primo Ministro italiano, fece del suo meglio per difendere questa posizione, appoggiato dai socialisti e dai cattolici che non volevano che il paese venisse coinvolto in una guerra che si annunciava dura, sanguinosa e che per l'Italia sarebbe soprattutto stata inutile. Purtroppo esisteva in Italia una componente nazionalista che univa studenti esaltati desiderosi di menare le mani e borghesia industriale che sperava di poter guadagnare maggiori profitti dall'intervento che dalla neutralità. Inoltre un gruppo politico, guidato da un maestro elementare romagnolo di nome Benito Mussolini cominciò ad acquistare potere dall'incitazione quotidiana alla guerra. I nazionalisti accusarono Giolitti di essere un codardo e accusarono i socialisti di essere "panciafichisti". Solo partecipando alla guerra, secondo le loro menti irragionevoli, si sarebbe potuta realizzare una vera unità nazionale, e solo partecipando alla guerra l'Italia avrebbe conquistato il rispetto delle altre nazioni europee, e avrebbe potuto partecipare alle trattative per la spartizione post-bellica. Dirigenti politici italiani incontrarono a Londra dirigenti francesi e inglesi che promisero mare e monti se l'Italia avesse attaccato da sud l'Austria che fino al giorno prima era un alleato, e che aveva promesso di cedere su tutte le richieste in cambio della neutralità. Nel 1915, i nazionalisti riuscirono a imporre al Parlamento il rovesciamento delle alleanze. L'alleanza con Austria e Germania viene tradita a favore di un'alleanza con Francia e Inghilterra, e la guerra viene preparata apertamente. In parlamento solo i socialisti si oppongono. Filippo Turati dichiara: «Noi restiamo socialisti. Faccia la borghesia italiana la sua guerra, nessuno sarà vincitore, tutti saranno vinti». Ma ormai gli eventi precipitano, il tradimento è compiuto. Il 9 maggio Giolitti commenta le decisioni che si stanno prendendo in un Parlamento ormai succube dei fanatici con queste parole: «Spezzare il trattato adesso, passare dalla neutralità all'aggressione è un tradimento come ce n'è pochi nella storia». E l'imperatore austriaco Francesco Giuseppe dice in un messaggio al popolo, «Il re d'Italia mi ha dichiarato guerra. Un atto di infedeltà di cui la storia non conosce l'eguale è stato perpetrato dal regno d'Italia verso i suoi due alleati. Dopo un'alleanza di trenta anni durante la quale ha potuto accrescere il suo territorio e sviluppare un insospettato benessere l'Italia ci ha abbandonati nell'ora del pericolo e a bandiere spiegate è passata nel campo dei nostri nemici. Noi non abbiamo minacciato l'Italia non abbiamo toccato il suo prestigio non abbiamo intaccato il suo onore e interessi, noi abbiamo seguito i doveri dell'alleanza e abbiamo offerto il nostro scudo quando è scesa in campo. Abbiamo fatto di più: quando l'Italia ha spinto il suo sguardo avido oltre i nostri confini ci eravamo decisi a grandi e dolorosi sacrifici per mantenere la pace e salvare l'alleanza. Ma l'avidità dell'Italia non poté essere placata perché pensava di poter sfruttare il momento». Come negare che Francesco Giuseppe avesse qualche ragione? I nazionalisti italiani si resero in quel momento odiosi a chiunque non fosse indegno come loro. Odiosi agli austriaci e ai tedeschi traditi, ma anche odiosi per i francesi e gli inglesi, che usarono dei servigi militari (scarsissimi) che gli italiani poterono offrire, ma non li considerarono mai alleati bensì soltanto - qual erano - servi. E dimostrarono di disprezzare gli italiani quando, dopo la fine della guerra, al Congresso di Versailles, le richieste italiane vennero trattate con assoluta indifferenza da francesi inglesi e americani, che si consideravano ed erano i veri vincitori e consideravano gli italiani per quello che erano: degli utili traditori. Chi pagò per quella guerra? Ma chi pagò per quella guerra inutile? Come sempre nella guerra pagarono coloro che non c'entravano niente, coloro che non avevano nulla da guadagnare dalla guerra e che non l'avevano voluta: i contadini meridionali che non sapevano neanche cosa fosse l'Austria e gli operai che avevano manifestato sotto le bandiere pacifiste contro il nazionalismo. La conduzione della guerra fu un esempio di viltà di incompetenza da parte di coloro che avevano trascinato il paese nell'abisso. A Caporetto i morti italiani furono 11 mila i feriti 19 mila, i prigionieri 300 mila, 400 mila furono gli sbandati. Ancor più grave fu la battaglia di Gorizia, che costò 40 mila morti italiani. Nel frattempo però la Francia e l'Inghilterra combattevano contro i tedeschi sul fronte occidentale, e gli americani si preparavano ad intervenire, dopo che i russi, in seguito alla rivoluzione comunista del 1917, avevano deciso di abbandonare la guerra. L'intervento americano fu decisivo e accelerò i tempi della sconfitta degli austro-tedeschi. Non ci fu dunque nessuna vittoria italiana. Ci fu una vittoria degli alleati occidentali contro l'alleanza austro-tedesca. E i nazionalisti italiani- traditori che avevano sulla coscienza la morte di decine di migliaia di soldati, si fecero belli di una vittoria che non esisteva. Al Congresso di Versailles la falsità di quella vittoria imbecille risultò chiara. I francesi e gli inglesi si rifiutarono persino di stare ad ascoltare le richieste di Salandra e Sonnino, il nuovo primo ministro e il ministro della difesa del Regno d'Italia. Quei due rappresentanti di un paese straccione e codardo che aspirava ad essere un paese imperialista ed aggressore, volevano la Dalmazia, l'Albania l'Etiopia e chissà cosa d'altro. I paesi imperialisti e aggressori veri, coloro che nel crimine e nella sopraffazione erano dei professionisti risero dei dilettanti italiani e Salandra Sonnino lasciarono il Congresso senza neppure essere salutati. Nasceva così il mito della vittoria mutilata, da cui trasse energia il partito nazionale fascista fondato da Benito Mussolini sull'onda dell'umiliazione e del rancore.
Da Liberazione, 30/10/08
Anonima (non verificato)
Gio, 30/10/2008 - 16:50
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Boicottiamo!
roberto (non verificato)
Ven, 31/10/2008 - 12:32
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Riceviamo da Aldo Fappani
Anonimapresente (non verificato)
Ven, 31/10/2008 - 14:42
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No al 4 Novembre!
Aldissimo (non verificato)
Mar, 04/11/2008 - 18:50
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Il cuore dov'è?
Anonimo (non verificato)
Mer, 05/11/2008 - 13:04
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Non è una questione che
Daniele (non verificato)
Gio, 06/11/2008 - 14:37
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scelte prive di azioni e di ricadute amministrative