Lo scalone deve essere eliminato, non spalmato.
L'andata in pensione deve essere regolata da incentivi e da disincentivi, non da una legge che consideri tutti nella stessa condizione, quando tutti nella stessa condizione non ci sono.
Il ministro Nicolais ha proposto una assunzione per ogni 3 dipendenti pubblici che accettino di andare in pensione. Si è fatto riferimento a prepensionamenti ed incentivi, questo perché il ministro, evidentemente, si trova a gestire due situazioni diverse: un certo numero di dipendenti che ancora non ha maturato i requisiti, ed un altro numero che li ha maturati ma non ha deciso di andare in pensione.
I primi ce li vorrebbe mandare prepensionandoli, i secondi, incentivandoli.
È innegabile che il ministro si trovi di fronte a quanto succede nelle aziende private: riuscirebbe a fornire gli stessi servizi-prodotti con meno di dipendenti (1X3).
Se il ministro Nicolais di questo si è reso conto così bene tanto da avanzare tale proposta, come mai il governo, del quale il ministro fa parte, non capisce che molte aziende private arrivano alle stesse conclusione del ministro Nicolais?
Il governo, inoltre, non fa caso ad un piccolo dettaglio, che mentre il ministro Nicolais, pur dopo aver dichiarato di avere degli esuberi, una volta ricusatagli la richiesta, se ne sta buono in attesa del tempo che passa, il datore di lavoro privato le eccedenze le mette subito in CIG, prima, e le licenzia dopo.
Allora, mentre il governo propone per tutti di andare in pensione a 61 anni, lo stesso governo è poi in imbarazzo perché non ha lavoro da dare a tanti suoi dipendenti che però non hanno ancora maturato i requisiti per andare in pensione, ed inoltre a tanti altri dipendenti che pur avendo i requisiti ed anche 60, 61 anni di età, di andare in pensione non ci pensano per niente.
Quindi, mentre alcuni lavoratori hanno il lavoro assicurato anche quando converrebbe sostituirne 3 con 1, altri vengono puntualmente, inesorabilmente messi in CIG, per poi finire lisci lisci nelle liste di mobilità, dovendosela vedere, magari a 51, 52, 53, 54, 55 anni, con un mercato del lavoro che di questi ultracinquantenni proprio non ne vuole sentire nemmeno parlare lontanamente, NON sa che farsene.
Ora a me risulta chiaro che spostare in avanti di 4 anni la possibilità per andare in pensioni, realizzi due situazioni opposte, contrarie, che non possono essere tenute insieme in nome di una generalizzazione funzionale a non si sa quali altri interessi (Non si sa, ma si sa!): per i lavoratori statali, pubblici, di cui c'è addirittura un certo esubero, questo significherà essere ancor di più giustificati nel rimanere al loro posto per più anni ancora, per i dipendenti privati vorrà dire vedere un approdo che si allontana ancor di più quando già stavano annaspando stremati.
L'accordo o lo scalone sono esattamente la stessa cosa, e questo lo dicono i numeri.
Quanti sono i lavoratori? Diciamo, ad esempio,20 milioni. Quanti andranno in pensione nell'intervallo tra il 2008 ed il 2012? Si tratta di 4 anni, diciamo 3 milioni?
Ebbene, gli altri 17 milioni, più tutti quelli che nel frattempo troveranno lavoro, andranno in pensione a 61 anni.
Quale è allora da prendere come età fissata dal protocollo per andare in pensione?
Quella che riguarderà 3, 4 milioni di lavoratori, o quella che riguarderà gli altri 17 milioni?
Siccome tra dipendenti pubblici e privati c'è un abisso, quanto a questo argomento, l'andata in pensione deve tener conto di queste distanze, ed agire su incentivi e disincentivi. Chi avrà la fortuna di avere un lavoro stabile, come i dipendenti privati, che arrivi pure a 61 anni, chi avrà la possibilità in un'azienda privata di lavorare fino a 61 anni, che vi lavori pure, ma a quelli che si trovassero nella EMME da 3, 4, 5 anni, e nonostante l'impegno dei sindacati, del governo e di tutte le istituzioni locali non dovessero riuscire a trovare uno sbocco positivo alla loro vertenza, ed avessero superato la cinquantina, gli si dia la possibilità di andare in pensione con le regole attuali.
Mettersi in cerca di lavoro in una zona che è andata via via deindustrializzandosi, ad una certa età, quasi quasi si entra in collisione con i figliuoli, che iniziano ad andare in giro per lo stesso motivo. Mentre il padre sostiene sulle spalle un figlio, nella speranza che trovi un lavoro, un'occupazione, ecco che anche al padre viene a mancare il terreno sotto i piedi, e tutti i sacrifici fatti dalla famiglia rischiano di essere compromessi per quel pezzetto di 3, 4, 5 anni che mancava al padre per concludere la sua "carriera" lavorativa.
Inoltre non sono d'accordo sul fatto che votino insieme lavoratori, pensionati e precari su uno stesso pentolone, su uno stesso minestrone.
Questo perché è normale che ognuno guarderà in maniera particolare al proprio interesse mettendo in secondo piano il fatto che questo interesse possa derivare dal sacrificio di altri.
L'aumento di pensione potrebbe essere lo zuccherino "imbonitore" per un certo numero di votanti che non si porranno nessun problema circa il fatto che ad altri venga chiesto di lavorare 5 anni di più.
Così anche a molti lavoratori dipendenti pubblici potrebbe andare benissimo (quelli che Nicolais propone di mandare via) di restare al lavoro altri 4, 5 anni, non preoccupandosi, giustamente dal loro punto di vista, dei lavoratori privati magari in grosse difficoltà. E lo stesso dicasi per i precari, gli invalidi ed i disabili.
Che ognuno voti per la propria parte che lo riguarda.
Si obietterà che l'argomento ha una sua omogeneità, con l'INPS al centro (non i lavoratori!) della questione che in un certo qual modo accomuna tutti.
D'accordo, ma allora perché non far votare anche i disoccupati e gli studenti maggiorenni?
Non sono questi in continuo divenire dei lavoratori?
Non è giusto che anche loro si esprimano su ciò che sarà il loro futuro prossimo?
Non è illegittimo lasciare che un lavoratore che andrà in pensione nel 2008 decida per uno studente che verrà assunto nel 2009?
Quando si votò per l'aborto, non votò, giustamente anche il clero? Non votarono anche gli uomini? O i vecchi che non avrebbero abortito mai?
Quando si votò per il divorzio, non votarono tutti? Anche gli scapoli, e sempre anche il clero?
Ed allora perché gli studenti ed i disoccupati non dovrebbero votare su ciò che li riguarderà quanto ad arco lavorativo e pensione?
Saluti
Commenti
Anonimo (non verificato)
Mar, 25/09/2007 - 18:38
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Lo scalone deve essere