INTERVISTA A PAOLO FERRERO

 

Rifiuto delle politiche di estrema destra decise da Trilateral e Bilderberg; no al centrismo di Letta & C.; uscire dal bipolarismo; sistema elettorale tedesco, tassa sui grandi patrimoni; come dare 2milioni di posto di lavoro; redistribuzione del reddito; uso maggiore del referendum, non subalternità a nessun programma.

«Noi proponiamo la costruzione di un polo “alla sinistra del centro-sinistra”, non “alla sinistra del Pd”. Vogliamo organizzare una sinistra unita, non subalterna al programma del Partito Democratico, che si sviluppi su un proprio progetto politico». E’ Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione Comunista, che intervistato da IntelligoNews apre il dibattito sulla nuova sinistra italiana. Per Ferrero «i contenuti di questo Pd sono sbagliati. Pd e Pdl sono interni a politiche neoliberiste che sono all’origine della crisi» . E se oggi l’economia «è piegata a favore dei potentati economici e sta producendo una barbarie, è arrivato il momento di scegliere se debba continuare ad essere lasciata in mano ai finanzieri, oppure se deve essere messo al centro il tema del lavoro». Quanto al futuro che vede protagonisti Renzi, montezemoliani, i centristi, tuona sicuro: «Ma quali centristi, quest’aggregazione in verità fa leva su politiche di estrema destra. E’ la continuazione delle politiche neoliberiste applicate dalla Thatcher e da Reagan. Gli ideologi di queste politiche sono dei matti completi. Basta vedere come in Europa, dove si stanno applicando le loro teorie fino in fondo, non si riesca ad uscire dalla crisi».

Partiamo dal ticket D’Alema-Renzi. Esiste questo asse? E tutta questa attenzione verso il sindaco di Firenze collegato ormai al futuro della sinistra italiana, come la valuta?

«Lo decideranno quelli del Pd, tra l’altro non si è nemmeno capito se lo voteranno come segretario. Al di là delle persone, anche se la politica oggi è molto teatro e quindi ci sono molti attori, i contenuti di questo Pd sono sbagliati. Lo si vede dal governo che alla fine hanno rifatto insieme a Berlusconi, dall’austerità e il non fare nulla per i posti di lavoro. Il problema di chi sarà il segretario è un problema dirimente, perché il punto vero è che tutti quanti condividono un indirizzo politico sbagliato».

Cosa succede alla sinistra del Pd? Alcuni dem con Ingroia, Sel e Rodotà guardano oltre l’attuale assetto per ricostruire un polo di sinistra.

«Noi vogliamo costruire un polo “alla sinistra del centro-sinistra”! La domanda vera è: vi sono, oggi, le condizioni per governare nel Pd seguendo una linea politica che voglia uscire dalla crisi? Che metta in discussione le politiche di austerità, che sia in grado di disobbedire alle stupidaggini più grosse che l’Europa ci impone? Che sia in grado di fare una bella tassa sui grandi patrimoni? Ecco la risposta: non ci sono le condizioni. Il problema non è fare “una sinistra alla sinistra del Pd”. E’ costruire una sinistra unita, non subalterna al programma del Pd; che si sviluppi su un proprio progetto politico e da questo tragga la propria forza. Non una sinistra che si allea con i dem e fa arrabbiare la base quando si allinea ai programmi altrui. Il populismo di destra coglierà i frutti di questo casino. Devono capire, tutti, che la gran parte del popolo italiano, in realtà, chiede un cambiamento delle politiche. Pd e Pdl sono interni a politiche neoliberiste che sono all’origine della crisi. Ripeto. Noi ci poniamo contro le politiche di austerità».

A proposito di schizofrenia e disorientamento dell’elettorato. Uno studio Ipsos, poco tempo fa, informava che gli imprenditori hanno abbandonato Silvio per il Pd, che conserva solo impiegati e pensionati, ma perde i disoccupati che hanno preso la strada del Pdl. Il Pd, insomma, è diventato ‘padronale’?

«Nella confusione generale, perché di questo si tratta, la gente si orienta come può. Evidentemente gli imprenditori considerano più affidabile un Pd lettiano ligio a tenere certi indirizzi politici. Sulle questioni del lavoro, ad esempio, sta facendo un’operazione che è addirittura un peggioramento delle leggi fatte da Monti. Abolendo gli intervalli tra un contratto a termine e un altro, di fatto, si consente ai datori di lavoro di assumere persone a tempo determinato in modo continuativo. La verità è che non ci sarà nessun assunto a tempo indeterminato. Ma questo, come capisce anche un bambino, vuol dire che si dà al datore di lavoro un potere di ricatto sui lavoratori semplicemente pazzesco. Più i lavoratori sono ricattati e più le leggi lo permettono, più si abbasseranno gli stipendi e peggiorerà la situazione .E’ matematico. All’origine della crisi è proprio l’abbattimento degli stipendi. In Italia si consuma meno di prima, perché la gente non arriva alla fine del mese».

E allora cosa dovrebbe fare Letta?

«O riesce ad aumentare pensioni e salari o non si uscirà dalla congiuntura economica. Occorre un salario sociale per i disoccupati. Va anche fatta una patrimoniale e va messo un tetto alle pensioni, basta con le spese per i cacciabombardieri. Insomma si deve fare un’operazione di redistribuzione del reddito dall’alto in basso».

La sua valutazione sul decreto Fare?

«E’ un decreto molto articolato. Non ho gli elementi per dare un giudizio definitivo e serio. Ma da alcune cose che si vedono lì dentro hanno infilato alcune porcherie. Per esempio la questione della salute nei posti di lavoro. Tutte le cose buone fatte dal governo Prodi un po’ le aveva già mangiate Sacconi, e un po’ le hanno erose ora. L’idea è sempre quella di togliere i diritti ai lavoratori e rendere flessibile, precario dico io, il rapporto del lavoro per permettere ai datori di fare quello che vogliono. Il punto è che questa idea, e chiedo scusa per il termine, è idiota, perché non siamo più in una fase in cui si poteva pensare che migliorando la competitività si sarebbe venduto di più. Il problema è che non c’è più la domanda. Quando il governo dice togliamo i contributi per le nuove assunzioni, gli chiederei: ma chi è quel proprietario di ristorante che assume quel dipendente perché costa di meno se al ristorante non va nessuno? La gente non cambia la macchina, non cambia più le scarpe. Oggi per dare un calcio alla crisi va redistribuito il reddito dall’alto in basso per far ripartire i consumi».

E quindi qual è la proposta politica? Cosa state facendo voi e cosa deve fare la sinistra?

«Il problema non è che si può o no parlare con il Pd, il senso è una sinistra che sia in grado di porre in modo coerente e chiaro il tema di un’alternativa alle attuali politiche economiche. Allora sì che potremmo dialogare. Noi, nelle prossime settimane, presenteremo una proposta di legge di iniziativa popolare per creare 2milioni di posti di lavoro, in cui sono indicate le risorse e i settori in cui concentrarsi. C’è tantissimo lavoro che andrebbe fatto e non viene fatto. Pensi al riassetto idrogeologico del territorio o allo sviluppo della ricerca scientifica. Qua c’è da scegliere se la politica deve continuare a lasciare in mano ai finanzieri la gestione dell’economia oppure se deve mettere al centro il tema del lavoro, il sociale. L’economia non è una scienza esatta, è piegabile da una parte o dall’altra. Oggi è piegata a favore dei potentati economici e sta producendo una barbarie» .

Renzi e i montezemoliani e quel ritorno al centrismo. Lo valuta negativamente perché ancorato alle logiche liberiste che lei combatte?

«Non mi aspetto nulla. Questo tipo di aggregazione lo si definisce centrista, ma in verità fa leva su politiche di estrema destra. E’ la continuazione delle politiche neoliberiste applicate dalla Thatcher e da Reagan. Gli ideologi di queste politiche sono dei matti completi. Basta vedere come in Europa, dove si stanno realizzando le loro teorie fino in fondo, non si riesca ad uscire dalla crisi. E poi si fa un torto ai democristiani dicendo che questi sono neo-centristi. Io i democristiani li ho combattuti ma erano interpreti di un’idea di sviluppo in cui c’è stato un collegamento, grazie alle lotte operaie, tra sviluppo economico e i diritti delle persone. Sono riusciti a produrre un mercato interno. Tra il ‘45 e il ‘75 c’è stato un progresso. Oggi questi neo-centristi propongono una società in cui nostri figli staranno peggio di noi, un far-west in cui girare con la pistola, dove non essendoci risorse per tutti dovremo tutti difenderci arrivando per primi e magari “eliminando” l’altro. E’ un’idea barbarica della società. E’ una forma di estremismo di destra. E vengono maciullati grazie a questa logica anche i piccoli imprenditori e artigiani. Solo i Marchionne si salvano. E’ un nuovo medioevo. Contro questo serve una sinistra non ammanicata con questi potentati…».

A proposito di ammanicati con i poteri forti, si riferisce a Letta?

«Noi polemizziamo con Letta che faceva parte della Trilateral, che ha partecipato alle riunioni Bilderberg, non tanto per criticare. Quei luoghi di discussione sono esattamente i luoghi di elaborazione di queste strategie sbagliate che stanno peggiorando il mondo».

Dopo il governo Letta Rifondazione Comunista cosa farà?

«Innanzitutto spero che la riforma delle legge elettorale non consista nel doppio turno dei collegi, perché così si impedisce ai piccoli partiti di avere un eletto. Vogliono far fuori chi disturba in sostanza. Oggi c’è la finzione teatrale di chi politicamente si combatte, ma in verità condivide le stesse politiche. Per quanto ci riguarda vogliamo un sistema proporzionale simile a quello tedesco. Noi lavoriamo per aggregare le forze di sinistra che vogliono una sinistra desiderosa di uscire dalla crisi redistribuendo il reddito, il lavoro, il potere. Quindi no al presidenzialismo, ma più possibilità di incidere attraverso il referendum, cioè più potere alla sovranità popolare. Sì, anche, alla riconversione ambientale delle produzione. Ci dicono tutti i giorni che c’è la scarsità allora dobbiamo tirare la cinghia e fare sacrifici. Non è vero, l’unica cosa scarsa è la natura, ne abbiamo una di terra e non va distrutta».

Con chi dei protagonisti dell’attuale compagine politica potreste aprire un dialogo, sulle basi ovviamente di quanto ci ha detto?

«Il popolo che era in piazza con la Fiom e coloro che hanno parlato dal palco sono per noi interlocutori. Diciamo cose molto, molto, simili sul piano dei contenuti a Rodotà, Gino Strada, Landini. Il punto è se si riesce ad uscire da una subalternità al bipolarismo, in cui per forza di cose bisogna essere alleati al Pd, e invece ci si mette in modi non settari a costruire una sinistra».

In che senso costruire una sinistra in modi non settari?

«Grillo ha fatto un errore drammatico quando avendo un peso vero dentro il Parlamento (il 25% di parlamentari), invece che rilanciare un dialogo col Pd, ha respinto al mittente le aperture di Bersani e ha concorso a produrre questo disastro. Quella è una forma sciocca di fare politica. Un conto è costruire un tuo progetto, ma si può riuscire a determinare un compromesso contro-avanzando delle proprie proposte: via finanziamento pubblico ai partiti, via la Tav, a quel punto il Pd avrebbe avuto difficoltà a dirgli di no. Autonomia di progetto sì, ma non l’ “autismo autoritario” di Grillo, così la sinistra può fare il suo mestiere. Come l’ha fatto trent’anni fa, se i lavoratori stavano meglio era perché c’era una sinistra forte»

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