20 OTTOBRE: UN MILIONE A ROMA!


I numeri della partecipazione sono noti a tutti e si commentano da soli, le sinistre hanno dato un’adesione di massa alla manifestazione con una grande presenza di base, pochi gli apparati.

Anche la Federazione di Biella del PRC insieme a una forte presenza dell'organizzazione giovanile, erano a Roma (in allegato l'arrivo dei GC); le persone presenti non manifestavano semplicemente la loro presenza ma facevano esplicite domande: era un corteo che chiedeva, in modo molto combattivo e concreto.

E’ un peccato che sia stato in parte monco di quel pezzo importante del movimento che non ha aderito alla manifestazione, come parti dei “no tav” e dei “no dal molin”, nonostante diverse bandiere fossero presenti. Hanno perso un’occasione: ci fossero stati anche loro sarebbe stato avviato ancora più chiaramente il percorso di costruzione della sinistra che non deve essere il solo incontro dei partiti ma deve nascere da situazioni di popolo come questa.

Con questa partecipazione così composita e numerosa di militanti, aderenti e pezzi “formalizzati” di sindacato, giovani precarie e precari, abbiamo vinto prima di tutto i nostri timori di non riuscire a raccogliere sufficiente consenso intorno alla manifestazione, abbiamo inoltre dimostrato che non rappresentiamo una minaccia quando chiediamo semplicemente l’applicazione del programma di governo e abbiamo dato vita a una nuova tappa del percorso dal basso per la costruzione del grande soggetto unitario delle sinistre.

In mattinanta inoltre i Giovani Comunisti di Biella insieme a quelli di tutta Italia hanno partecipato all'azione precaria al convegno dei "precarizzatori" in difesa della legge 30 srotolando striscioni e interrompendo il raduno.

 

Il segretario del Prc di Biella

Marco Sansoè

il coordinatore GC

Matteo Sacco

 

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DA WWW.APRILEONLINE.INFO

La guerra delle cifre come al solito non risparmierà neanche questa manifestazione. Il dato certo, però, è che quando alle 16 e 30 la testa del corteo arriva a piazza S.Giovanni, senza leader né capopopolo, e dove musicisti e tecnici del suono sono ancora intenti a calibrare i volumi del concerto che seguirà, in piazza della Repubblica c'è chi ancora deve partire.
Sono i giovani del Movimento, l'Arci Gay, e molti altri ancora, che con il loro sound-system sparato al massimo sanno bene come ingannare l'attesa.

Percorrendo per intero il lungo serpentone che si snoda per le strade della capitale, quello che più colpisce è la presenza di un silenzio surreale quanto assordante, indice di una consapevolezza collettiva, della delicatezza del momento politico e sociale che contraddistingue la sinistra italiana.

Un ragazzino porta sulla spalla la bandiera con il simbolo di Rifondazione comunista.
"Quanti anni hai?" - "Tredici", ci risponde. - "E come ti chiami?" - "Benito...". - "Benito? E tuo padre dov'è?" - "Eccolo". Impossibile non chiedere delucidazioni.
Giuseppe, 52 anni, ci spiega che "Benito era il nome di mio padre, e io l'ho voluto dare a mio figlio... Non si preoccupi, in tanti mi chiedono spiegazioni al circolo..." - "Quale circolo?" - "Quello di Rifondazione a Benevento". - "Che ne pensa, Giuseppe, di questa manifestazione?" - "Che è andata fin troppo bene..." - " In che senso?" - "Nel senso che c'è più gente di quanto ci si potesse aspettare, e che molta di questa gente mi pare sin troppo silenziosa, per certi aspetti quasi rassegnata...". Benito ascolta in silenzio. Gli chiediamo: "Tu lo sai perché sei venuto qui, e perché c'è tutta questa gente?" - "Perché c'è poco lavoro... Io poi queste cose non le so, è la prima volta che seguo mio padre, e vado ancora a scuola... ...So soltanto che il lavoro nero non mi piace". Come battesimo politico, un inizio niente male.

In questo clima non poco atipico per una uscita pubblica della cosiddetta "sinistra antagonista", come spesso la si ama definire specialmente quando scende in piazza, il sussulto arriva nel bel mezzo del corteo, che magicamente si apre per far passare un uomo, sommerso da saluti e applausi.
Quell'uomo è Pietro Ingrao, che la folla cerca di toccare e baciare come fosse la materializzazione di una speranza e di una fiducia difficili da ritrovare.

"Grazie per l'esempio che ci hai sempre dato", gli grida un ragazzo. "Grazie per non averci lasciati soli neanche oggi", gli dice un altro. Ingrao ha gli occhi lucidi, come molti di coloro che gli sono attorno. Alcuni lo sorreggono, lui avanza con fatica: eppure, dopo un secolo di battaglie e di conquiste, sembra avere ancora tanta voglia di camminare. Un po' come la sinistra di questo venti ottobre, che aveva vissuto la vigilia di questo appuntamento tra paure e contraddizioni, e che per l'ennesima volta deve ora fare i conti con la risposta e le aspettative del suo popolo. Una risposta matura e consapevole, da parte di cittadini comuni che forse passeranno la domenica a casa per riflettere del futuro proprio e altrui, pronti a ricominciare da lunedì la solita routine. Forse.

Tra gli altri, a piazza S. Giovanni campeggia uno striscione scritto a mano, sorretto da alcune persone con tanto di adesivo sul petto "Io Cgil". Lo striscione recita semplicemente: "Rispetto del programma".
Si potrebbe ripartire da qui.

 

DA WWW.UNITA.IT

Compatto e rosso, più che un fiume un torrente caotico di bandiere rosse. Così il corteo della sinistra dell'Unione ha iniziato a marciare una mezz'ora prima della data stabilita perché la folla straripava ormai da piazza Esedra e piazza Cinquecento davanti alla stazione Termini. Praticamente ha iniziato a sfilare senza testa, cioè con in testa solo i blindati della polizia e i cordoni di agenti. Nessuno striscione di Liberazione- pare che i redattori se lo siano scordato- e una sola bandiera del manifesto con il bambino della rivoluzione che non russa. E tanti ingorghi, ripartenze, fermate a tratti per salutare i leader, stringerseli, da Claudio Rinaldini segretario Fiom, a Franco Giordano segretario di Rifondazione passando per Franca Rame dell'Italia dei Valori e Paolo Brutti della Sinistra democratica.

All'altezza della basilica di Santa Maria Maggiore, quando lo striscione di testa è già cambiato quattro o cinque volte senza nessuna tensione, c'è uno stop più lungo. «Tutti fermi, manca Pietro Ingrao, aspettiamo che arrivi», si sentiva dire tra gli uomini con la pettorina gialla dell'«area programmatica Lavoro e Società» della Cgil, gli unici che almeno come immagine sembrano un servizio d'ordine. Dopo poche decine di minuti arriva l'anziano comunista. Praticamente travolto da fotocamere e gente che lo vuole salutare. Gli fanno domande, lo acclamano - «Pietro, Pietro..» - e qualcuno tira fuori la luna. «La luna?Vogliamo la luna? Sì vogliamo la luna, nel senso che vogliamo un mondo diverso, di diritti dei lavoratori e di masse», risponde lui da dirigente politico a questa sollecitazione di poeta. Poi gli uomini con la pettorina gialla gli fanno cordone intorno - «fate largo, compagni» - prima che venga travolto del tutto.

La Cgil. C'è chi l'ha portata la bandiera. Almeno uno. «L'ho detto e l'ho fatto», rivendica fiero Domenico D'Anna brandendo il drappo rosso con su scritto "Cgil Modena". Lui lo strappo l'ha fatto. È il lavoratore intervistato dal Tg1 che si era ribellato alla richiesta del segretario generale di non portare in piazza i vessilli dell'organizzazione che non ha aderito alla piattaforma della manifestazione. Ma pare abbia gradito, Epifani, la ricontrattazione del protocollo sul welfare fatto dai ministri della sinistra del governo Prodi, poi rimodificata in una trattativa successiva a Palazzo Chigi tra governo, Confindustria e sindacati.

Molti leader sottolineano che la manifestazione non è contro il governo Prodi. Lo dice anche Alfondo Pecoraro Scanio, assente dal corteo per disciplina di governo come del resto tutti gli altri ministri della sinistra. Verdi e Sinistra democratica non sono presenti se non a titolo personale. Bandiere infatti non se ne vedono. Nel lungo torrente di bandiere rosse in effetti c'è qualcuno che accenna una breve contestazione "grilliana" contro Prodi, che però in effetti non "attacca" e muore lì.

«Prodi? Berlusconi, Prodi son tutti uguali». Eccone un altro. È Nando, di Prima Porta, dall'alto di un "trabiccolo", una bicicletta alta a tre ruote, con in testa uno strano copricapo tricolore con due braccini. Antipolitica anche qui? «Macché antipolitica, è democrazia», risponde il ciclista. «Ma ti pare che dobbiamo sorbirci tutte le sere l'isola dei famosi e a Santoro lo vogliono zittire un'altra volta?».

I giovani, vediamo i giovani, che sono tantissimi. Moltissimi con bandiere di Che Guevara, sbandierate con energia. Ci sono dei ragazzi che vengono da Firenze e innalzano cartelli di cartoncino bristo, collage fatti in casa. In uno c'è scritto "vendesi Cgil", sugli altri frasi da cui si evince che il neonato Pd già non li convince. Non hanno apprezzato quella che ritengono scarsa attenzione per il precariato. E neanche l'ordinanza Cioni contro i lavavetri. Ci sono bandiere per la pace e quelle No-Tav. Slogan pochi, fischietti e camion con la musica delle posse. E bande musicali che suonano marcette e canzoni di lotta.

Mariano e Ugo hanno tolto dalla naftalina una vecchia bandiera del Pci sez.Pignone ricamata a mano. «Ha settant'anni questa bandiera, di quando il Pignone era il Pignone e scioperò nel '44, non come ora che al Nuovo Pignone l'accordo sul welfare è passato al 75 percento». Ormai è storia. O vorreste rifarlo, il Pci? «Certo che lo rifarei - risponde Ugo - anche domani, purtroppo con questi della Sinistra Democratica ci credo poco, oggi era un'occasione per stare insieme e invece si sono defilati. Sono mesi che abbiamo messo su un gruppo dell'Unione all'Isolotto, ci annusiamo. Però alla fine non son venuti, dice che non se la sono sentita».

Non è vero qualcuno c'è. «Ci sono molte organizzazioni territoriali della Sinistra democratica», dice il senatore Piero Di Siena: il Piemonte, l'Umbria, la Basilicata...«E dopo questa manifestazione partiremo subito con l'unità della sinistra». Anche se la settimana prossima dovesse cadere il governo? «Questo dipende dalla destra della coalizione - risponde il senatore Di Siena - se deciderà di fare questo atto di irresponsabilità per il Paese, i vari Dini, Bordon eccetera. Non da noi né da questa piazza».

Si sfocia in piazza San Giovanni che è già mezza piena. Il palco, giallo, ricorda il concertone del primo maggio. E da lì Franco Giordano annuncia: «Siamo 700mila». Forse è una esagerazione. Ma piazza San Giovanni è piena fino all'orlo, comprese le vie laterali, quando sta facendo il suo ingresso la coda del corteo. «E se quelli di An la settimana scorsa hanno detto 500 mila, noi siamo molti di più e questo è certo», dice uno con la pettorina gialla. È pur vero poi che le navi speciali dalla Sardegna erano stracolme, tanto che non volevano farle partire, raccontano gli organizatori.

C'è una sensazione di sollievo che serpeggia tra la gente. Perché dopo tante divisioni, tanti strappi, persino all'interno di Rifondazione, e poi nel governo, nel sindacato e trai sindacati, strappi e distanze prese da parte della sinistra più vicina al Pd, non era affatto detto che la risposta di partecipazione ci sarebbe stata e così forte. E c'è stata.
Da Biella stiamo organizzando la partecipazione alla manifestazione del 20. Si partirà venerdì 19 ottobre alla sera con il treno ore 20,41 da Biella e alle ore 24 da Torino. I costi sono di 10 euro per giovani e senza reddito e di 20 euro per gli altri (A/R). Chi fosse interessato/a può mettersi in contatto con la Federazione del PRC di Biella allo 015.29629 o via mail rifondazione@prcbiella.191.it