Dalla Sapienza una lezione di laicita' e democrazia

 

 

Una boccata d'aria fresca. Un piccolo sussulto di soddisfazione. Queste le sensazioni provate quando ho saputo dell'appello dei fisici contro l'arrivo del papa alla Sapienza e ancor di piu', ieri, quando ho appreso della vittoria della protesta degli studenti e dei docenti con la rinuncia per motivi di "opportunita'" da parte del pontefice. Una boccata d'aria fresca perche' l'aria che si respira in Italia e' sempre piu' plumbea e pesante, con una Chiesa arroccata su posizioni reazionarie, lanciata nell'agone politico in compagnia di squadroni di teocon, teodem, atei devoti e quant'altro; che poi i sostenitori della sacralita' della famiglia naturale siano pluridivorziati, che i difensori della vita "dal concepimento alla fine naturale" sostengano la guerra globale, che i predicatori dell'amore e della solidarieta' neghino diritti inalienabili e discriminino i "diversi", sembra nessuno se ne accorga.

Guardando giornali e tv, in questi due giorni mi sembrava di vivere in un universo parallelo: si accusavano i contestatori di voler censurare il papa, di essere intolleranti e integralisti, si pronunciavano menzogne grossolane e stereotipi a non finire; ora, se non fosse che lo stato di salute della laicita' e delle liberta' in Italia e' veramente tragico, verrebbe da ridere. Sentir parlare di censura nei confronti della chiesa quando il papa e le gerarchie ecclesiastiche sono onnipresenti sulle tv italiane e siamo obbligati a sentire come una litania le idee medievali e fondamentaliste di Ratzinger, beh... se questo non e' rovesciare la realta'... Inoltre censura e' quando un'autorita', un potere, impedisce ai cittadini di esprimersi, cioe' e' un atto dall'alto verso il basso; contestare, per quanto aspramente (e giustamente) un papa e' l'esatto opposto della censura, e' il "basso" della societa' che si rivolta contro l'"alto", sono i soggetti sociali che si riprendono il diritto di dire una parola di verita' sulle nefandezze che Ratzinger va dicendo in giro da ormai troppo tempo, sul rapporto fra fede e ragione come sulle questioni "eticamente sensibili" nella totale condiscendenza e subalternita' della stragrande maggiornaza del ceto politico e dei mass media.

Quindi bene hanno fatto docenti e studenti a dire pubblicamente che Ratzinger non e' ospite gradito all'inaugurazione dell'anno accademico, che e' un momento simbolico, e tale quindi e' anche l'invito rivolto al papa dal rettore: che cosa un papa e i suoi dogmi inconfutabili abbiano a che vedere con il tempio del sapere critico, della ricerca della conoscenza in tutte le sue forme, del dibattito razionale e della liberta' intellettuale non e' dato sapere. Probabilmente i novelli difensori del potere temporale della chiesa vorrebbero un ritorno al papa-re e alla religione di stato, o forse un'universita' in cui si impara a essere sfruttati (o a diventare sfruttatori) sotto l'occhio vigile di una ferrea morale ultraterrena.

E ancora una volta questa vicenda ha mostrato quanto sia meschina l'Italia rispetto al resto d'Europa su questi temi: leader politici a dire che l'Italia ha fatto l'ennesima figuraccia di fronte al mondo, che un gruppetto di estremisti ha rovinato l'immagine dell'Italia; poi vai a vedere sui siti web dei piu' importanti giornali del globo e scopri che, se hanno parlato della notizia, vi hanno dedicato un trafiletto trattando la questione in modo neutro e disinteressato. Per loro fortuna, infatti, non sanno che farsene di un bollettino quotidiano sulle vicende di sua maesta' il papa, e semmai ridono di noi quando scoprono che il pastore tedesco ci delizia ogni giorno dagli schermi tv con la sua augusta presenza.

Che la cacciata di Ratzinger dall'universita' sia di buon auspicio a chi crede nella liberta' di pensiero e a tutto il movimento GLBTQ!

Fuori la chiesa dai nostri corpi e dalle nostre menti!

PS Allego un articolo di Marcello Cini, professore emerito di fisica teorica e "cattivo maestro" che ha dato il fuoco alle polveri con la sua lettera aperta al rettore della Sapienza.
Le incursioni di papa Ratzinger
Marcello Cini

Il «caso» della visita del papa, non si sa bene in che veste, per l'inaugurazione dell'anno accademico della Sapienza è scoppiato due giorni dopo quello della lavata di capo da lui rivolta al sindaco di Roma Veltroni come se fosse ancora il capo dello stato pontificio. Come già in altre occasioni non si sa se Ratzinger parli dalla cattedra di Pietro o da quella di professore di teologia, o magari dal trono di un re dell'ancien régime. E' un fuoco di fila di voluta confusione di ruoli che contrassegna il protagonismo di Benedetto XVI volto a riportare indietro di un paio di secoli l'orologio della storia. Un tentativo che, come ha ricordato Eugenio Scalfari, tende a «trasformare la gerarchia ecclesiastica e quello che pomposamente viene definito il Magistero in una lobby che chiede e promette favori e benefici, quanto di più lontano e disdicevole dall'attività pastorale e dall'approfondimernto culturale».
Questo disegno mostra che nel suo nuovo ruolo l'ex capo del Sant'Uffizio continua a interpretare il suo compito come espropriazione, con le buone o (come in passato) con le cattive, della sfera del sacro immanente nella profondità dei sentimenti e delle emozioni di ogni essere umano, da parte di una istituzione che rivendica l'esclusività della mediazione fra l'umano e il divino: espropriazione che ignora e svilisce le differenti forme storiche e geografiche di questa sfera così intima e delicata senza rispetto per la dignità personale e l'integrità morale di ogni individuo.
Come alcuni lettori del manifesto forse ricordano già in novembre avevo rivolto al rettore della Sapienza una lettera aperta, nella quale esponevo le ragioni della mia indignazione per un invito a tenere una lectio magistralis che mi appariva del tutto inappropriata nella forma e nella sostanza. Alcuni colleghi hanno voluto successivamente unire la loro voce alla mia e li ringrazio per averlo fatto. Siamo certamente una minoranza del corpo accademico, ma non credo purtroppo che la maggioranza dei miei colleghi si interessi molto alle questioni che non attengono direttamente alla loro attività professionale.
Anche se la proposta di lectio magistralis non è stata portata avanti, si è scoperto, guarda caso, che il papa si troverà a passare da quelle parti proprio lo stesso giorno dell'inaugurazione dell'anno accademico e dunque che sarebbe stato scortese non chiedergli di dire due parole. La sostanza è dunque che il papa inaugurerà giovedì l'anno accdemico dell'Università La Sapienza.
Perché ci indignamo tanto? Perché siamo così intolleranti e settari da non volergli dare la parola? Provo a spiegarlo in due parole. In primo luogo perchè le università, per lo meno quelle pubbliche, sono - negli stati non confessionali - una comunità di studiosi, docenti e discenti, di tutte le discipline universalmente riconosciute, di tutte le scuole di pensiero, di tutte le culture e gli orientamenti politici e religiosi, scelti dai loro pari per i loro contributi scientifici e culturali. Nessuno di loro può però accettare che qualcuno, per quanto vanti investiture dall'Alto, possa loro prescrivere cosa debbano o possano dire, fare o pensare. Ognuno ha la propria coscienza e la propria deontologia professionale. In particolare possiamo tollerare che il papa possa dire ai nostri colleghi biologi che non devono prendere sul serio Darwin? Oppure ai nostri colleghi filosofi che è «inammissibile» - parole del professor Ratzinger a Ratisbona - «rifiutarsi di ascoltare le tradizioni della fede cristiana»?
Concludo con una domanda semplice. Una cosa simile potrebbe mai accadere non dico nella Spagna di Zapatero ma anche in Francia in Germania, in Inghilterra o negli Stati Uniti?
il manifesto - 15.1.08

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Commenti

Ritratto di Ali

Il papa si dice fortemente amareggiato di dover annullare la sua visita alla Sapienza... E si sa, mica è facile da accettare per la forza numero uno dell'oscurantismo cattolico perdersi un occasione così succulenta per mettere piede in una delle più importanti università pubbliche e scandire due parole...giusto due...per non perdere lo smalto da cane da guardia dei peggiori diktat divini...due anatemi, un paio di sovvertimenti scientifici per amore del buondio, qualche ammonimento alle donne, alle lesbiche, ai gay,quattro padrenostro, due avemaria e il gioco è fatto. Studenti baciatemi le mani! anzi l'anello papale! E invece no! Si da il caso che le studentesse e gli studenti della Sapienza insieme ai loro docenti hanno dato vita ad uno dei più interessanti dibattiti sulla natura di alcune imposizioni "inspiegabili". Ma è possibile che 'sto papa non sia stanco di pulpiti e balconi? la sua è ingordigia da palcoscenico?Quanto ancora dovrà bacchettare la vita di tutti coloro che scelgono liberamente? Quanto ancora dovrà occuparsi di questioni che non gli competono? Fa un pò sorridere quello che spesso si sente dire da bocca dei più intransigenti cattolici, che le idee libertarie che si contrappongono a quella cattolica sono violente e prevaricatrici. Fa sorridere perché l'università La Sapienza era già pronta ad ospitare un capo di stato e militarizzare un luogo destinato alla cultura e alla formazione. Fa sorridere perché ciò che risulta essere indesiderato ai più non si chiama visita, ma imposizione! E' con grande gioia quindi che apprendiamo la notizia della vittoria dei collettivi universitari, femministi e lgbtq, è una vittoria di tutt* e ci mette di buon umore! LAICITA'! AUTODETERMINAZIONE! ANTIFASCISMO!
Ritratto di AdrianoBiella

E qualcuno finalmente osò! Sinceramente non aspettavo altro, qualcuno che con la forzza della ragione mettesse a tacere sua santità. Credo che la chiesa abbia cose molto più importanti a cui pensare; qualche migliaio di preti pedofili, crak economici di diverse diocesi americane, lo scandalo T2 in slovenia, altroche Galilei, altro che il veto ai pacs, se i loro peccati vengono lavati via da una preghiera, allora noi siamo santi...o quasi. Smettiamola di far ridere il mondo, a momenti non si parlava neanche della visita del Dalai Lama per paura delle critiche cinesi e quegli stessi politici a lustarre le scarpe a Ratzi...ma perfavore! Laicità, libertà, dignità! Ora e sempre.
Ritratto di Luca

Diritto di critica: questa è vera Sapienza Nei giorni scorsi in Italia c'e' stata un'ardente discussione riguardo all'invito del papa alla sapienza. Due le questioni scottanti : la prima è una lettera inviata da 67 docenti di Fisica al magnifico rettore Guarini, la seconda l'occupazione del rettorato e del Senato Accademico de "La Sapienza" ad opera degli studenti della medesima. Come vedremo le due questioni si collegano in modi inaspettati. Riassumiamo brevemente l'accaduto. Diversi mesi fa il rettore Guarini decide di invitare il papa a tenere una lectio magistralis in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico de "La Sapienza". Alcuni docenti scrivono al rettore dicendo di condividere il contenuto di una lettera pubblica del prof. Cini ad indirizzo del Guarini in cui si qualifica l'invito come incongruo e si richiede di annullarlo. Tra i motivi della discordia una frase citata dal pontefice in un discorso, in cui si giustifica il processo a galileo. La richiesta viene respinta cosi come la possibilità di organizzare una contestazione. A questo punto i collettivi studenteschi, vistasi negata la possibilità di manifestare, occupano rettorato e Senato Accademico. Solo la mediazione del commissario Trevi che convince il rettore a consentire la manifestazione scioglie l'occupazione. Dopo il rimbalzare sugli organi di stampa della notizia dell'avvenuto via libera alla contestazione, arriva la rinuncia del papa: una contestazione in mondovisione nuocerebbe all'immagine del Pontefice. La condanna di quasi tutta la politica nei confronti di docenti e studenti è immediata e durissima, con l'accusa di aver impedito al pontefice di esprimersi. Si arriva a definirli "cattivi maestri" come i brigatisti, a chiederne l'allontamento, le massime cariche dello stato parlano di un'Italia "umiliata". In primo luogo non si capisce in che modo docenti e studenti avrebbero valicato i limiti della normale pratica democratica. Contro il papa non sono state formulate minacce di nessun tipo, a patto che non si intenda come minaccia la volontà di contestare le sue parole. Lo stesso ministero degli interni escludeva qualsiasi problema di sicurezza e gli studenti avevano garantito la pacificita' della manifestazione. E' in mala fede o nell'ignoranza chi dice che al Papa e' stato impedito di parlare, la frase completa e': "al Papa e' stato impedito di parlare senza ricevere critiche". Egli poteva infatti tranquillamente scegliere di recarsi in ogni caso a La Sapienza e fare il suo intervento, col corollario che come qualsiasi personaggio pubblico avrebbe corso il rischio di una contestazione. In secondo luogo la lettera firmata dai docenti non era indirizzata al papa bensì al rettore Guarini. Egli ha giocato, in questa vicenda, un ruolo chiave, e ha mostrato la propria incapacità nel gestire una situazione prevedibile. Infatti, nota l'eterogeneità di vedute degli studenti riguardo alla religione, non prevedere la presenza di contestatori agguerriti suona addirittura come una voluta provocazione. Da quando l'esercizio di un diritto fondamentale, vale a dire la libera espressione del dissenso, uno dei pilastri di ogni democrazia e forse cio' che piu' distingue democrazia da dittatura, e' diventato in Italia qualcosa che "non fa onore alle tradizioni di civiltà e di tolleranza dell'Italia"? I politici che oggi con tono magniloquente stanno accusando gli studenti romani di aver censurato il Papa stanno implicitamente reintroducendo la lesa maesta', stanno sostenendo che nessuno puo' criticare pubblicamente il Papa perche' "se no poi lui non parla piu'". Stanno affermando che in nome della liberta' di parola (senza contraddittorio) del Pontefice, tutti gli altri dovrebbero tacere quando parla lui. Noi vorremmo invece ribadire che la rinuncia ad un diritto come quello di manifestare non e' mai tolleranza, e' anzi un danno per la democrazia e che forse gli studenti e i docenti romani hanno della democrazia un'idea molto piu' precisa di molti parlamentari. Noi siamo (saremmo) orgogliosi di vivere in un paese in cui chiunque, anche il Papa, possa venire liberamente criticato per le posizioni che esprime.