Stop allo scippo. L'etica non è del papa

da Liberazione, 28/3/08

Marcello Cini
1. Il passaggio dal XX al XXI secolo è segnato da profonde trasformazioni che stanno già cambiando - e ancor più lo faranno nel prossimo futuro - il volto della società globale contemporanea. Due sono le sfere dell'attività umana che subiscono una svolta epocale: quella dei nostri strumenti di conoscenza della realtà e quella della produzione dei beni necessari alla vita dei sette miliardi di individui della nostra specie.

2. La prima svolta investe la scienza. Nel 900 l'uomo ha instaurato il suo pieno dominio sulla materia inerte mentre Il nuovo secolo sarà il secolo del dominio dell'uomo sulla materia vivente e del controllo sui fenomeni mentali e sulla coscienza. Questa svolta comporta lo sgretolamento di due steccati che tradizionalmente separavano la scienza dalle altre attività sociali umane. Uno la separava (in quanto conoscenza disinteressata della natura ottenuta attraverso la scoperta) dalla tecnica frutto della pratica empirica e dalla tecnologia (in quanto utilizzazione dei risultati della prima realizzata attraverso l'invenzione). L'altro steccato separava le attività che si occupano di fatti da quelle che si occupano dei valori che stanno alla base delle norme (etiche e giuridiche) intese a regolare le finalità e i comportamenti degli individui nei loro rapporti privati e nelle loro azioni sociali.

3. Comincio dunque dall'intreccio fra fatti e valori. La sua origine è chiara. Una cosa è infatti manipolare, controllare, forgiare un oggetto fatto di materia inerte e altra cosa è compiere le stesse operazioni su un organismo vivente o addirittura sull'uomo. Nel primo caso il lecito può coincidere con l'utile nel secondo il lecito dovrebbe per lo meno dipendere anche da una valutazione di natura etica: diventa dunque sempre più difficile decontaminare i fatti dai valori ed estirpare gli interessi dalla conoscenza.

4. Si riapre dunque la contesa per l'egemonia nella società fra chi pretende di essere depositario e amministratore dei valori che dovrebbero stare alla base di ogni aspetto dei comportamenti umani e chi ritiene che soltanto attraverso il dominio razionale sui fatti sia possibile affrontare i problemi della vita umana e della convivenza sociale. Sono entrambe pretese pericolose.
Da un lato abbiamo infatti le tesi di papa Ratzinger, che la sinistra deve contrastare con grande fermezza. Egli rivendica per la religione cattolica uno statuto di "conoscenza razionale" della stessa natura di quella delle scienze, che dovrebbero dunque essere ad essa subordinate in quanto limitate per definizione ad ambiti parziali.
Dall'altro lato abbiamo le posizioni di chi ritiene che il problema non esiste perché la scienza dovrebbe continuare ad occuparsi soltanto dei fatti e non dei valori. A parte la contraddizione in termini che questa tesi rappresenta, perché rifiuta il fatto evidente che la ricerca sui fatti della vita e della mente inevitabilmente comportano giudizi di valore sulle azioni da intraprendere e sull'uso dei suoi risultati. questa tesi getta discredito sulla scienza stessa perché lascia senza risposta le domande che ogni giorno nascono da una società sempre più insicura e disorientata.
Si pone dunque con urgenza per una sinistra del XXI secolo il compito di suscitare dal basso l'adozione di comportamenti e pratiche sociali fondati su una etica condivisa - che preferirei chiamare umanistica, piuttosto che "laica" - in grado di lasciare alle persone la libertà di scegliere.

5. La seconda svolta di cui ho accennato all'inizio investe l'economia. Essa è rappresentata dalla tendenza, suffragata da fatti sotto gli occhi di tutti, a fondare sempre più la formazione del profitto nel processo di accumulazione del capitale sulla produzione di merci non tangibili (conoscenza, informazione, saperi, comunicazioni, formazione, intrattenimento, cultura). Il punto è tuttavia che questa tendenza trascura la differenza sostanziale tra la natura di questi beni e quella dei beni materiali. La proprietà fondamentale dei beni immateriali è infatti che la fruizione da parte di un "consumatore" non ne impedisce la fruizione da parte di altri. Se due persone hanno ognuna una mela e se le scambiano restano ciascuna con una mela, ma se ognuna ha una buona idea e se le scambiano, alla fine ognuna ne avrà due.

6. La riduzione di questi beni immateriali a merce, destinata a essere acquistata e fruita individualmente in esclusiva, è dunque una appropriazione privata di un bene che, se è da un lato frutto della creatività di singoli individui, è anche, dall'altro sempre fondata sulla conoscenza comune prodotta in passato da altri individui, che è diventata patrimonio comune della società. Brevetti e diritti di proprietà intellettuale, lungi dal rappresentare la giusta ricompensa all'ingegno e alla creatività degli autori, sono dunque per la maggior parte soltanto rendite estorte in un mercato artificiosamente costruito per rendere scarso un bene che scarso non è.

7. Voglio concludere chiudendo il cerchio con quanto dicevo all'inizio sullo sgretolamento della barriera tra scienza e tecnologia. Di questo intreccio hanno cominciato ad accumularsi negli ultimi decenni del secolo scorso evidenze sempre più numerose e disparate.

8. La prima è che la corsa all'appropriazione privata delle nuove conoscenze si associa e in parte si fonda anche sull'appropriazione di quelle che i diversi popoli della terra hanno ereditato dalle proprie culture millennarie, e soprattutto di quell'immenso bene comune costituito dalle infinite risorse dell'ecosistema terrestre. La seconda è che la rincorsa al massimo profitto nel più breve tempo possibile esclude il finanziamento della ricerca scientifica necessaria a produrre conoscenze a medio e a lungo termine non remunerative nell'immediato, e in particolare quelle utili per far vivere meglio i miliardi di poveri che non sono in grado di acquistarle. La terza infine è che la crescente disuguaglianza fra chi dispone di nuovi saperi e chi non può accedervi crea ulteriori disuguaglianze fra chi nuota nella ricchezza e chi muore di fame; tra chi può guarire delle malattie più rare e chi muore ancora di malaria e di dissenteria; fra chi trae lucro dagli eventi naturali o artificiali catastrofici sempre più estesi e frequenti e chi ne rimane vittima perdendo gli scarsi beni che possiede e la vita stessa.
Penso che la sinistra abbia abbastanza cose da fare.

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