Per "uscire dalla politica", 1. Intervista a Marco Revelli …di Davide Varì

Una nuova rubrica, nella quale vorrei poter contribuire ad avviare il necessario percorso di "uscita dalla politica", intesa come "critica della politica", della democrazia rappresentativa e della "forma partito". Un percorso che spero possa essere arricchito da esperienze di pratiche politiche alternative. Marco Sansoé

Un'analisi impietosa quella di Marco Revelli, un'analisi che parla di «distanza dalla vita dei cittadini» e di totale incomprensione del momento storico e sociale che stiamo vivendo: «Fuori da quelle stanze - dalle chiuse stanze di Rifondazione, s'intende - c'è una società in frantumi, c'è un incendio sociale che divampa e che si estende. E in tutto questo i dirigenti del partito pensano solo a tirarsi addosso le macerie di quel palazzo in frantumi».

E in questo scenario apocalittico, ci sono due grandi questioni che secondo Revelli la "sinistra" non riesce proprio a cogliere: i limiti della forma partito, «quella stessa forma che forse ha generato i demoni di Chianciano», ed i limiti di questo sviluppo. Anzi, il vero e proprio esaurirsi dello sviluppo economico e sociale per come lo abbiamo conosciuto in questi ultimi due secoli. «Ecco - spiega Revelli - finché la sinistra non si doterà degli strumenti necessari a comprendere il mondo che ci troviamo a vivere e finché non avrà la forza di spiegare che questo modello di vita andrà sempre più esaurendosi, non nascerà alcun progetto politico credibile».
Impietoso, si diceva, il giudizio di Revelli sugli attuali ed i vecchi dirigenti di Rifondazione: «Conosco e stimo molti di quelli che si sono affrontati a Chianciano. Conosco Nichi Vendola e conosco Paolo Ferrero. Nessuno di loro è riuscito però ad affrontare il congresso per come doveva essere affrontato. E' incredibile che dopo una sconfitta elettorale così pesante, l'unico obiettivo e l'unica preoccupazione fosse il controllo del partito».

Ed ora? Quale futuro per questa sinistra? O meglio, c'è un futuro per questa sinistra? «L'unica strada - conclude Revelli - è quella di iniziare a guardarsi intorno. Ma le "riterritorializzazione" di cui molti parlano non nasce per decreto, non vorrei che qualcuno pensasse che sia sufficiente mandare i funzionari di partito in giro per i territori».

 

 

 

La prima domanda è d'obbligo: cosa pensi dell'epilogo del congresso di Chianciano?

Sono amico e rimarrò amico di molti dei protagonisti del congresso. Sono amico di Paolo Ferrero e di Nichi Vendola. Li conosco da molti anni eppure, in questa battaglia politica non sono proprio riuscito a riconoscerli.

E questa è la premessa, manca il giudizio su quanto accaduto...

E' come se ognuno di loro fosse preso dai propri demoni. Non riesco ancora a credere che, dopo una sconfitta politica tanto severa e netta, nessuno di loro sia riuscito a guardare le cose per quelle che sono nella realtà. Nessuno di loro ha capito, né si è sforzato di farlo, la società italiana e i profondi cambiamenti che la stanno attraversando. Ognuno di loro si è rinchiuso nella sede di partito per prepararsi alla resa dei conti finale. Una resa dei conti, vorrei dir loro, che ai più è apparsa del tutto incomprensibile e distante. I dirigenti di questo partito hanno pensato bene di tirarsi addosso le macerie di una casa in frantumi. Macerie che sono franate su di noi che stavamo in basso, ignari di quanto stava accadendo.

Eppure c'erano 5 mozioni diverse che, almeno in teoria, avrebbero dovuto rappresentare almeno 5 letture diverse della realtà italiana...

Nessuna lettura, nessuna comprensione del Paese. E' come se nel corso della vicenda congressuale tutte le componenti di Rifondazione fossero impegnate a legittimare le ragioni della sconfitta elettorale. Una sconfitta che, a questo punto, era forse giusta. Quello che voglio dire è che a Chianciano Rifondazione si è presentata come un'accozzaglia di schegge autoreferenziali. Io sono tra quelli che hanno votato per la Sinistra Arcobaleno ma, a questo punto, mi viene il dubbio di non aver capito la degenerazione di quel partito. Forse chi non l'ha votato l'ha capito prima di me.

E' un giudizio molto duro. Davvero non vedi tracce di "redenzione"?

Nessuna. L'unico problema era il controllo del partito. Ma un dubbio mi è venuto. Visto che conosco e stimo molte di quelle persone che si sono affrontate a Chianciano, allora, forse, il problema è nello strumento.

Intendi dire che la forma partito è il vero ostacolo?

Certo. Se il problema non sono le persone, allora il vizio sta nello strumento. Una prova evidente di quanto dico sta nel fatto che c'è stata una enorme divaricazione tra i contenuti espressi ed i mezzi utilizzati per ottenere il controllo del partito. Io ho notato una plateale schizofrenia tra i contenuti delle proposte politiche - ognuna delle quali apprezzabile per la propria onestà - che venivano però contraddetti dallo stile e dal metodo con cui venivano affermati. La mozione Ferrero che teorizzava l'iniziativa dal basso veniva affermata con una pratica che più di vertice non potrebbe essere, senza che nessuno all'esterno se ne sentisse coinvolto; d'altra parte la proposta di Vendola di partito aperto avveniva nel chiuso di un ristretto cerchio di partito. Di qui l'idea che sia proprio la forma partito ad alimentare i demoni. Tanto più che non stiamo parlando del controllo di un grande partito comunista. Nella realtà questo congresso ha mobilitato poche decine di migliaia di persone. Ma io dico: almeno tenetevi segreti questi dati, questi numeri ridicoli. Non siamo mica all'XI congresso del Pci che ha mobilitato milioni di iscritti. Capisco la passione, ma dividersi un guscio vuoto con uno scontro cosi feroce è davvero difficile da comprendere.

In molti hanno criticato l'incapacità di guardare fuori dalle stanze di partito...

Certo, senza considerare che ciò che accade fuori non è certo ordinaria amministrazione. Fuori da quelle stanze c'è infatti un Paese in fiamme, una società incandescente che accusa processi di degenerazione davvero allarmanti. Fuori c'è un incendio. Non c'è solo una maggioranza politica oscena, c'è una situazione sociale e culturale in caduta libera e l'emergere di un modello politico e culturale feroce. Io vedo tutti i segni di un'apocalisse culturale.

Bene, allora proviamo a metterlo noi il naso fuori dalle "stanze" di partito. Quali sono le questioni più urgenti?

Innanzi tutto c'è da dire che siamo di fronte ad una trasformazione genetica dei soggetti e della stessa classe operaia. Il tutto dentro un quadro internazionale molto preoccupante che lascia intravvedere cedimenti strutturali della democrazia. Insomma, una vera e propria mutazione antropologica. Ecco, io dentro quel dibattito non ho visto quasi nulla di tutto ciò. Di fronte a questo quadro ci si aspetterebbe un livello altissimo di responsabilità prima di rompere alcunchè, prima di darsi battaglia senza esclusioni di colpi. Io vedo una mancanza assoluta di consapevolezza di tutto questo. Ecco l'assenza di questa consapevolezza è la questione delle questioni. Un'assenza che spiega la mancanza di una reale opposizione. Al di là delle colpe soggettive di Veltroni ,del Pd e di Rifondazione, oltre a tutto questo, il vuoto di opposizione deriva da questo vuoto di consapevolezza. Poi c'è una altra questione fondamentale: la fine dello sviluppo.

Parli del nostro modello di sviluppo economico?

Certo, questo è il nodo intorno al quale dipanare la matassa dei progetti politici. Noi siamo di fronte alla fine di una lunga epoca, la fine di un lungo ciclo dominato dalla logica dello sviluppo. Per decenni la rappresentazione complessiva del mondo si basava sull'assunto che le risorse andavano crescendo. Ecco, quel mondo non ci sarà più ma nessuno ha il coraggio di dirlo e di spiegarlo.

A dirla tutta, una parte della destra, pensiamo a Giulio Tremonti, lo dice molto più che la sinistra...

E' vero, ma la destra lo spiega a modo suo. Parla di crisi e di fine delle risorse per gestire l'allarme da essa procurato e si candida a governare l'esclusione e l'inclusione dal nostro mondo. Taglia a fette la società e decide chi sta dentro e chi sta fuori. Il compito della sinistra è quello di spiegare che ci sono limiti insuperabili. Deve trovare la forza di dire che alla decrescita non c'è alternativa e che l'unica alternativa è data dal fatto che questa decrescita si può subire oppure governare. La crisi energetica e quella alimentare rappresentano l'orizzonte dei prossimi decenni. Ma questa cosa qui, a quanto pare è indicibile. Non lo dice e non lo spiega Veltroni ma neanche il tardo-marxismo di Rifondazione che continua a predicare stancamente la redistribuzione. Siamo fermi al Keynes degli anni '30. Finchè non si dichiara questa cosa qui non potrà nascere nessun progetto politico. Per questo le logiche identitarie diventano formalistiche; e le pseudo aperture appaiono virtuali e meramente mediatiche visto che non hanno alcuna sostanza storica. Quando non c'è più rapporto con la storia ci si affida alla retorica.

Dunque è questo l'orizzonte della sinistra?

Bisogna liberarsi degli occhiali dell'illusione sviluppista e mettere le mani in questo sporco contesto sociale che è la materialità dell'ultimo secolo. Un'operazione nella quale non ci aiutano nè Lenin nè Trotsky. Bisogna fare da noi.

Liberazione, 31/07/2008

 

 

Dove:

Commenti

Ritratto di daniele gamba

E' indubbiamente interessante il contrasto tra quanto sollecitato da Revelli e riportato da Marco - il superamento della forma partito - e le dichiarazioni di Pietrobon pubblicate su La Nuova Provincia e riportate qui sul sito. Del superamento della forma partito non c'è già più traccia; anzi, si intravede molto più il segno di un partito nel partito, la corrente vendoliana contro l'attuale maggioranza, definita massimalista ancorchè abbia preso qualsiasi iniziativa. E dunque quella necessaria rivisitazione, caso per caso, prudente, così come ha dichiarato Ferrero, del senso e delle ragioni di una partecipazione di Rifondazione nelle maggioranze locali è già, e preventivamente, da Pietrobon esclusa per Biella. E questo arroccamento illustra quanto "la forma partito" che si vorrebbe superata sia ancora ben rimandata all'autoreferenzialità, questa sì ben massimalista, di una segreteria oggettivamente residuale in senso "societario" per i contenuti e per la partecipazione che l'hanno espressa. Rifondazione riporti dunque questa questione - la propria presenza al governo locale - al dibattito allargato, così come in fase elettorale aveva in qualche modo posto, preliminarmente, anche se un po' di facciata, la questine della propria partecipazione agli esecutivi. E decida uscendo dalle logiche di partito, ma ascoltando anche chi critica e riflettendo sulla propria credibilità in quegli esecutivi. Faccia Politica e non partito. Per fare partito è sufficiente avere un Segretario. Per perdere consensi pure. Daniele
Ritratto di Anonima punkettara

Siete favorevoli al Suicidio al fatto che una ragazza afruttata non possa vedere celebrato alla televisione una persona crepata a quasi 90 anni nel lusso che diffama il Compagno Stalin con i suoi libri per i borghesi e per tutti coloro che stanno sempre zitti e che una volta lazavano la voce poi hanno capito e silenzio..........sapeti cari ehm Compagni il Silenzio non parla mai Altro che arcipelago Gulag, in Italia ci vorrebbe una Plinesia Gulag e io ho già una lunga lista.......... Fino a questo momento ho scherzato ,,,,,,,,,,ma in qunato a voi non condivida nulla di quello che fate tranne i fondi per la cultura per il resto non vi ritengo comunisti.............. BY una Punkettara persa in questo mondo che uccide la poesia
Ritratto di Anonimo

Cara "Punkettara" hai ragione, questo mondo uccide la poesia! Ma la poesia non uccide, non fa le lista dei buoni e dei cattivi, non ha bisogno del padre severo e giusto, nessuno ha bisogno "di padri e di santi" (né di Stalin né di altri) che decidano quale poesia sia buona e quale no! La poesia non teme le idiozie della televisione e la cultura piccolo borghese perché va oltre, immagina, guarda lontano. Comunismo oggi è una comunità che prova a scegliere le ragioni del suo comunismo senza certezze, un comunismo che ricerca, che sbaglia ma rifiuta i modelli ammuffiti dell'idealismo camuffato, che tenta sempre e non si arrende mai. Contro i giganti del potere non serve solo la risposta frontale quella che entra nel loro gioco, ma dobbiamo moltiplicare i percorsi sotterranei, diffusi, acuti e partecipati, che facciano crollare le fondamenta di questo mondo ...per un altro mondo possibile! Un abbraccio. marco
Ritratto di Anonima punkettara

GRazie per la risposta, una abbraccio anche a te ......
Ritratto di Anonimo

Silvio Berlusconi sei il nano più bello del mondo