Rossana Rossanda - Credenti di sinistra. Davanti a dio come adulti

Adriana Zarri in «Vita e morte senza miracoli di Celestino VI», Filippo Gentiloni in «Credere è camminare» e Amos Luzzatto in «Conta e racconta» disegnano un rapporto con la fede lontano dall'infantile obbedienza auspicata da Ratzinger.

 

Nel mondo odierno - scriveva Dietrich Bonhoeffer - non possiamo stare davanti a Dio come bambini davanti a un padre dal quale si aspettano tutto, ma da adulti che se la sbrogliano da sé nelle responsabilità e nei dilemmi terreni. Il credente non vive «chiedendo a Dio», ma «in presenza di Dio», che per il cristiano vuol dire in presenza della Croce. E così egli ha fatto fino alle decisioni ultime e più problematiche, impiccato dai nazisti per aver partecipato al complotto contro Hitler. Questo rapporto adulto si apriva per i cattolici con il Concilio Vaticano II, mentre Ratzinger fa di tutto per ridurli a un'infantile obbedienza.

Tanto più si respira leggendo tre libri usciti negli ultimi mesi; due cattolici e un ebreo: Vita e morte senza miracoli di Celestino VI di Adriana Zarri (Diabasis, pp. 179, euro 12), Credere è camminare di Filippo Gentiloni (La Meridiana, pp. 40, euro 8) e Conta e racconta di Amos Luzzatto (Mursia, pp. 280, euro 17).

 

 

 

Buoni usi della dittatura vaticana

In Adriana Zarri la presenza di Dio è sicura e acquietante da quando, giovanetta incredula, ha aperto un giorno la finestra e le è apparso il creato dotato di senso di un Dio amoroso. Ne è venuta una mistica che ha scelto il laicato per rigore, per scrivere e attuare liberamente da cittadina. Il suo più che un romanzo è un apologo su un tema bruciante, il papato. Non aveva amato Woityla, e deve essere delusa da Ratzinger che era stato in gioventù uomo del Concilio.

Narra dunque di un papa tutto diverso, un sacerdote sobrio che vive in condivisione con i fedeli invece che apostrofarli da un sacro soglio sfolgorante e autoritario. Il tema di una chiesa come comunità di credenti ha alimentato sempre le eresie infracattoliche, ma Adriana non si sente eretica affatto. E neanche il suo don Giuseppe, semplice e colto parroco di campagna (ne ha conosciuti di persona alcuni) stupefatto di essere proposto papa perché il Conclave, non riuscendo ad accordarsi dopo la morte di Benedetto XVI, ripiega sulla proposta avanzata da un cardinale fuori dal giro e specie dalla Curia (la quale ci sta perché tanto, pensa, sarà sempre lei a governare). Don Giuseppe accetterà: per abolire ogni pompa, ogni enfasi, ogni cerimoniale, ogni pretesa curiale, fino a restituire il Vaticano a Roma e le chiese ai fedeli, nomina dei vescovi inclusa. Egli stesso non si porrà come l'infallibile vicario di Cristo ma come vescovo di Roma, servo dei servi di Dio, vivendo in poche stanze in San Giovanni Laterano, lontano da quel simbolo di potenza che è San Pietro, condividendo senza problemi la famosa piazza con i comunisti (che Adriana crede tuttora presenti) le poche volte che riterrà di rivolgersi ai fedeli dall'alto invece che mischiarsi con loro. E pur non apprezzando l'uso di cambiare il nome, sceglie per sé quello di Celestino VI: Celestino V era quello che Dante accusa di aver fatto «per viltade il gran rifiuto».

La sua conoscenza delle scritture essendo inattaccabile, Celestino VI demolisce con calma la verticalità della Chiesa, le sue ricchezze, le sue gerarchie, la sessuofobia, la misoginia, la complicità o l'ingerenza nelle cose dello stato, le concessioni a forme idolatriche, il vezzo di fare santi, la persuasione di essere sola a detenere tutte le verità. Insomma fa buon uso della dittatura vaticana per restituire il cristianesimo ai cristiani - paradosso sul quale Adriana sorvola con qualche ironia. Così assistiamo alle riforme di Celestino VI, mentre - lei scrive con un sorriso - le stagioni si susseguono, le rondini sfrecciano e lo Spirito spira. Fino alla morte di don Giuseppe papa, naturalmente senza miracoli. A meno che... a meno che un bel momento Celestino VI non decida di dimettersi e tornare alla sua parrocchia. Nessuna viltade, sostiene Adriana, è una scelta dal punto di vista ecclesiale da rispettare come l'altra.

La favola ha una sua evidente morale. Il monaco benedettino Benedetto Calati aveva scritto le stesse cose, ma con profetica collera invece che con la mano leggera della mia amica. Nessuno oltre Tevere gli ha dato ascolto né, temo, lo darà ad Adriana, sapendo che da quando si sono smessi i roghi nulla difende il potere dai suoi contestatori quanto tacerne.

 

 

 

In guardia dalla perentorietà dell'io

Tutt'altro il lavoro di Filippo Gentiloni. Tanto è quieto il rapporto di Adriana con Dio tanto inquieto è quello suo. Anch'egli procede senza strepiti, sempre più asciugando le parole, ma é arrivato all'interrogativo inesorabile: come credere dopo la morte della metafisica? Soltanto a condizione di non mirare a una verità data una volta per sempre, ma cercarla e interpretarla, insegnamento prezioso dell'ermeneutica. L'interpretazione è il rapporto che si determina tra il Libro e chi lo scruta fra esitazioni, dubbi, intuizioni - il libro cresce «cum legente», scriveva Gregorio Magno. E non basta, occorre che colui che legge sia cosciente del suo limite, rispetti altre letture e ne senta il bisogno, intuisca l'alterità come quel che gli manca.

Questo tipo di fede non è amato dai monoteismi, ma corre nei testi biblici e nella pratica ebraica dell'interpetazione permenente, e il cristianesimo lo sigla nella Trinità, un dio dalle tre diverse nature; delle quali Gentiloni predilige lo Spirito, perché la figura del Padre mantiene un'autorità, e quella del figlio la pesantezza dell'incarnazione - il Cristo o è un uomo sofferente («Signore, perché mi hai abbandonato?») o risorge da guerriero trionfante, come nella tavola di Pier della Francesca a Borgo Sansepolcro, o da vendicatore, come nel Giudizio di Michelangelo. Lo Spirito invece è un soffio, il meno frequentato dalla chiesa devozionale.

Il pensiero più vicino a quello di Gentiloni è quello di Levinas, ma apprezza di Gianni Vattimo il passo «debole», non nel senso di fragile bensì di non prepotente e mi sembra affine alle teorie del «manque» del teologo francese Claude Geffré. Il bisogno dell'altro, precisa Gentiloni, mette in guardia dalla perentorietà dell'io, della grecità, della fatale ragione (carissimi a quelli come me). Credere è cercare, sapere che c'è dell'altro e oltre. Non è il «credo» minaccioso del Concilio Tridentino, è «credo» nel senso di «credo di sapere». Di qui per Filippo il valore del relativismo, che Benedetto XVI considera il peggior pericolo, mentre è la chiave del non fermarsi nel ricercare, dello stare in ascolto. Per lui la preghiera è proprio domanda, domanda di aiuto, bisogno. La sola certezza sta in un cammino durante il quale forse si incontrerà la grazia, non per merito ma per dono; e qui il suo sguardo va al vangelo di Giovanni, forse al tragico Agostino. Non so se al - del resto intollerante - Lutero. (Il gatto del papa ideale di Adriana si chiama Lutero, e per quel che essa pensa dei gatti non è certo una diminuzione).


 

L'etica forte del fare in terra

Il terzo libro di un credente è di un ebreo, Amos Luzzatto, autorità della comunita ebraica nel periodo nel quale era diretta anche da ElioToaff e Tullia Zevi, che come lui potrebbero definirsi «di sinistra». Amos, di professione chirurgo, è stato molto vicino al Partito comunista. La sua autobiografia Conta e racconta prende il titolo da due versetti biblici, fa il tuo bilancio e parlane. La fede di Amos non ha né trasporti né dubbi, a lui il Libro, sempre da interpretare, non impone di essere frugato nell'anima; tanto meno da un papa adorno di piume e avvezzo al comando. L'ebraismo si è risparmiato quell'ambigua modernità che porta la chiesa tridentina a infilarsi in tutti i labirinti delle coscienze; per cui rispetto alla chiesa di Roma, perfino gli ebrei ortodossi, pur così grevi, sono poco più di un simpatico o antipatico partito.

Non a caso è la secolarizzazione nello stato d'Israele, peraltro mai esplicitamente dichiarata, che conosce da qualche tempo traumi e condanne, ma ne è risultato non più che un esacerbato nazionalismo; che non è poca cosa ma non stinge sugli ebrei come Amos, Jahvé non essendo un Dio addomesticabile in politica come quello del Vaticano. Amos Luzzatto in ogni caso ne è serenamente libero, come il breve libro scritto alcuni anni fa Il posto degli ebrei (Einaudi, 2004) dove la connotazione di «ebreo» è cosi inviluppata nella persecuzione che questo popolo ha subito, che neanche esige una perpetua certificazione.

Ne consegue un rapporto con Dio privo della compiutezza di Adriana e della problematicità di Filippo. La fede non si pone come problema. L'apprendimento religioso in famiglia dall'allegra mamma e dalle zie è intrinseco all'aver dovuto lasciare da ragazzo l'Italia per la Palestina, imparare l'yddish ed essersi sentito là per la prima volta al sicuro, nonché l'essere e agire nelle cose del mondo quale che ne sia il rischio. Il quale non prende mai in Amos accenti tragici, per una sorta di pudore che diventa grande saggezza, tolleranza e fin un benevolo humour veneziano.

La biografia risulta tutta intrecciata di privato e pubblico; del tutto privato è soltanto l'innamoramento senza tempo per la moglie, mentre nella relazione con i severi figli non manca qualche sfumatura di affettuoso distinguo. Questa è la qualità preziosa di Luzzatto, che comporta un'etica forte del fare in terra e gli permette di essere di sinistra anche ora, quando non è più facile né consueto. Come è tranquillo il suo rapporto con lo stato di Israele, solo luogo sicuro per gli ebrei, percezione ignota a chi non conosce questa insicurezza primaria.

Viene da pensare che l'assenza di una salvezza collocata fuori dalla vita, della resurrezione come fondamento dell'essere cristiano, assicura agli ebrei come Amos una diversa laicità e una fondamentale tolleranza che forse non può mai interamente essere del cristiano o del musulmano. Sulla sua spalla si può posare il capo come su quella d'un fratello; e quando ci incontriamo, purtroppo raramente, il suo abbraccio mi fa bene.

il manifesto, 3/12/08

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Commenti

Ritratto di l'arcangelo

encomiabile lo sforzo di proporre temi e riflessioni più varie, di una certa profondità e intensità (purché non sia solo esercizio "ammiccante"). mi domando se il vostro "scaricatore" Teo, di cui ho ovviamente altissima stima, riesca a coglierne qualche frammento. Se per caso ha voglia di proporci una riflessione al riguardo, attendo fiducioso. L'Arcangelo
Ritratto di Anonimo

c'era quel container che pesava un casino, il muletto non riusciva a spostarlo per fare altro posto, abbiamo dovuto movimentare la gru, è lì che ho incontrato dio, e gli ho mollato una serie di parolacce che i turchi non hanno ancora stampato. l'Arcidiavolo
Ritratto di L'Arcangelo

Grande. Bisogna proporre ad Adriana Zarri, dopo la fatica su "Celestino VI", di avventurarsi nel genere agiografico - Vita di Teo - storia e folgorazione di uno scaricatore sulla via di Damasco. Credo che la Zarri riuscirà in un "racconto istruttivo", un grande affresco sulla banalità dell'individuo: la Teo-logia, alias l'aria fritta. L'Arcangelo
Ritratto di Anonimo

quello che scrivi tu non è aria fritta? solo che puzza piu della norma...uno che si chiama arcangelo dovrebbe avere un senso maggiore del rispetto...non come te che spari merda su tutto su tutti su teo&robi...senza il minimo rispetto delle persone, che poi giustamente ti insultano e ti sfottono...cambia nome arcangelo, oppure smettila...
Ritratto di l'Arcangelo

se dio non esiste la scienza teologica non è altro che aria fritta se dio esiste la scienza teologica è al massimo una presunzione, e la presunzione è teologicamente peccato. questo il senso del post se poi uno ha la sfortuna di chiamarsi Teo ed ha la predisposizione alla speculazione teo-rica ed a quella teo-logica come scaricatore, fine per linguaggio, che farci .... L'arcangelo
Ritratto di Anonimo

poi magari chiediamo a qualcuno di scriverne uno su di te : daniele e la macchinetta del caffè...1000 e 1 modi per non lavorare...
Ritratto di l'arcangelo

La delazione è tipica arte degli "anonimi", che non si assumono la responsabilità di quel che dicono. Nel mio mondo lavorativo è frequente questo parlar male, privo di riscontri. E' la misera tecnica usata dalle servette-padronali quando sono prive di argomenti. Tra un po', valutati i miei due caffè giornalieri eccessivi, inventeranno che perdo tempo anche a fumare... L'arcangelo al riguardo può semplicemente riferire che in questo momento l'Azienda lo sta perseguendo con due procedimenti disciplinari (vergognosamente pretestuosi) non perchè non lavora, come vorrebbe far passare il mio anonimo, ma perchè nella sua attività di sindacalista ed opinionista (anche RLS per un lungo periodo) è personaggio scomodo, che da fastidio, e a cui bisogna far pagar lo scotto. Naturalmente, bisogna ricordarlo, la mia Azienda è sotto il controllo dell'Assessore alla Sanità Regionale di Rifondazione Comunista. Il mio Direttore Generale risponde all'Artesio. Sarà dunque solo un caso che che io subisca queste azioni disciplinari o, diversamente , queste rientrano in un gioco preciso a cui, anche il mio "anonimo", si associa ? Bacio le mani ( mi sembra adeguato allo stile dell'interlocutore) L'Arcangelo
Ritratto di ChouEnLai

La Vita è una Passione Inutile(Sartre J.P.) La Volgarità non fa parte del comunismo(sARTRE j.p.)
Ritratto di ChouEnLai

La vita è come una partita a scacchi( Tzara) ...... alla fine cadiamo tutti a terra------------- -Aldo-
Ritratto di Arcidiavolo

la mia anima è cattolica, ma lo stomaco è luterano. (erasmo da rotterdam) l'Arcidiavolo
Ritratto di ChouEnLai

Teooooooooo icetooooooo è arrivato Bertinotti Joe
Ritratto di CrisiecoEnogastronica

Ghigliottina........ con questa crisi economica bisogna darci un taglio -Aldo-
Ritratto di Isidoro

La Rivoluzione non è un invito a nozze( Mao Zedong) La Rifondazione è un invito alla poligamia(Roberto Pietrobon) #Isidoro#
Ritratto di ChouEnLai

La Giustizia è come una tela di ragno, trattiene i piccoli insetti mentre i grandi rompono la tela è scappano via(Solone, politico e mistico ateniese) Finalmente stanno venendo a galla gli scandali delle giunte della Sinistra Borghese (come se si pensasse che fossero un esempio di ascetismo), l' equazione Pd=Pdl due faccie della stessa medaglia è sempre più esatta e mostra come ormaì di politica intesa nel senso più nobile del termine non esista più nulla, è ormaì passato il tmpo degli ideali dice qualche commentatore televisivo, i giornali confermano........ ma come diceva qualcuno il tempo per rubare non passa mai. L'ultima speranza che rimane è che ci sia un risveglio nelle giovani generazioni(anche se ciò sembra un pò difficile), bisogna cercare non un nuovo modo di fare politica.... la politica deve ritornare alla sua purezza originale, quella di andare incontro al popolo , bisogna Servire il popolo COMPLETAMENTE come diceva il compagno Mao. Qula' è il vostro parere? Bassolino(Yes , i' am a imbruglione ma nu me vag, a sta pultrona nun me move nisciuno) -Aldo-
Ritratto di arcidiavolo

servire il popolo completamente diceva mao ma però risulta amasse farsi servire dal popolo, è una grande intenzione ma rimane tale, non applicabile, in italia è più difficile che altrove. neanche gesù ci riuscì, il popolo lo inchiodò alla croce. neanche bertinotti ci riuscì, la poltrona si incollò. la soluzione è insinuare il diavolo nella sinistra borghese per trovare piccoli spazi che potrebbero divenire grandi a favore del popolo. l'Arcidiavolo
Ritratto di ChouEnLai

Purtroppo vedo che capisci le cose ma non pervieni all' accurata conoscenza della verità, fai il gioco della borghesia........ Credo che comparare Mao a Bertinotti sia Blasfemo. Fra l' altro Bertinotti non è mai stato comunista , era un socialista moderato della corrente lombardiana mi pare si chiamasse così----comunque bando alle discussioni inutili, tanto il mondo ormaì è destinato all' implosione,,,,, Coloro che hannno il collo rigido sono destinati alla rovina(Salomone) Con stima , affetto rispetto e nonchalance @arcidiavolo -Aldo-
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Il vero Comunista è Cristiano
Ritratto di Anonimo

Forse il vero cristiano è comunista, ma non il contrario. In quanto, semplicemente, l'esistenza di dio non è dimostrabile e nemmeno è dimostrabile il contrario. Nonostante ciò che dice Benedetto XVI c'è contraddizione tra fede e ragione! La stessa contraddizione che c'è per un comunista ad usare espressioni come "vero"... Un comunista non può credere a concetti assoluti, perché si muove nella realtà ed essa ha molte facce, mai riconducibili a una sola: "struttura" e "sovrastruttura" interagiscono e danno complessità alla realtà... l'oggettività e una dimensione che si raggiunge per approssimazione, ma appena raggiunta sfugge e va inseguita di nuovo... Il costante uso della ragione critica può aiutare questo avvicinamento, ma bisogna sapere che il nostro pensiero è relativo, perché di parte! Saint-Just