DISCUSSIONE CONTINUA - 8 La democrazia è un feticcio, liberiamocene! di Berardi "Bifo"

Riprendo ciò che è stato pubblicato su questo blog nel n.5 di DISCUSSIONE CONTINUA...: un problematico scritto di Berardi "Bifo" che metteva in discussione il valore della democrazia rappresentativa, ...per proseguire, ora, con una ancora più radicale provocazione dello stesso autore.

Bifo ci pone interrogativi che a me paiono molto convincenti, sicuramente utili per liberare il dibattito dalla necessità, a mio avviso largamente insufficiente, di definire la forma dell'organizzazione.

Occorre ben di più: intanto l'analisi della società presente in tutte le sue dimensioni economiche, antropologiche e politiche, e poi l'analisi degli errori che abbiamo compiuto, che non sono solo riconducibili a questi ultimi due anni. Per questo dobbiamo saper individuare le carenze strutturali di una pratica politica che non solo ha mancato obiettivi importanti, ma soprattutto si è rivelata inadeguata ai tempi e ai luoghi del presente.

Se si continuano e tenere per scontate le categorie politiche utilizzate finora facciamo un pessimo servizio al partito e al comunismo. La ripresa del metodo di Marx mi pare indispensabile per portarci fuori e oltre gli intenti idealisti o resistenziali o identitari che paiono attanagliare un partito che discute più per esorcizzare la sconfitta e affermare la sua esistenza, che per cercare di indagare strade ancora inedite, le sole in grado di produrre una nuova conflittualità diffusa e radicata!

Ma per questo sono necessarie nuove forme della politica e noi siamo molto, molto in ritardo e, anche in questo dibattito congressuale, del tutto inadeguati. marco sansoé

...il testo già pubblicato...

[...] Il motivo profondo della paura non è stupido. Non lo vediamo perché operiamo quella che la psicoanalisi chiama "rimozione". Cerchiamo di non vedere la causa vera della nostra paura, che è il progressivo dispiegarsi di una catastrofe che sta investendo la civiltà terrestre. Cerchiamo di non vedere gli effetti che il capitalismo liberista ha depositato nel cuore e nella mente dell'umanità nella superficie fisica del pianeta, nella consistenza velenosa dell'aria. Abbiamo paura dell'impotenza della politica, dell'incapacità collettiva di arrestare o anche solo rallentare l'accumularsi della devastazione psico-fisica.Cerco di tirare delle conclusioni del mio ragionamento: quel che è successo in Italia ha poca importanza. Non accadrà nulla di catastrofico. La catastrofe non viene da quelli che hanno vinto le elezioni, ha cause più profonde e dimensione più ampie. Di questo dobbiamo occuparci, non del farsesco ritorno delle camicie nere. E per questo non serve a niente recriminare, né rimpiangere governi di sinistra che nulla fecero per ostacolare la violenza del capitale. Non serve molto neppure racimolare quel che resta di un passato non molto glorioso per prepararsi alle prossime scadenze elettorali. […] Cresce nel rumore bianco dell'ipermedia, mentre le strutture scolastiche della trasmissione di sapere stanno crollando, non solo perché sono private di risorse, ma soprattutto perché la mente docente non è più in grado di comunicare con la mente discente, per un problema di difformità tecnica, per incompatibilità dei formati. Affettivamente incapace di fare comunità, culturalmente priva di difese critiche, tagliata fuori da ogni memoria storica, la nuova generazione è già oggi preda dell'ipersfruttamento, della precarietà, della violenza autolesionista. Negli ultimi dieci anni il cancro ai polmoni si è moltiplicato per tre volte nella popolazione delle grandi città. Polveri sottili e scorie tossiche come peste invisibile diffondono la malattia nella maggioranza della popolazione. La fame che negli ultimi cinquant'anni recedeva ora ha ripreso ad espandersi perché i Suv possano continuare ad inquinare.Un tempo dicevamo che la classe operaia combatteva una battaglia per i suoi interessi, ma che dall'esito di questa battaglia dipendeva il futuro di tutta l'umanità. Era vero. La classe operaia ha perso e con quella sconfitta è imploso il futuro di progresso dell'intera umanità. Ricompattare l'esercito disperso del lavoro è un compito al quale non possiamo sottrarci, perché forse ci aspetta nel futuro una nuova stagione di lotta operaia. Ma il discrimine vero è più radicale: da una parte c'è la libertà umana, dall'altra l'automatismo catastrofico dell'economia capitalista. E' possibile affrontare questa problematica con gli strumenti della democrazia rappresentativa, e le mitologie della sinistra storica? Credo di no. Ci sono altri strumenti che permettano di comprendere e di trasformare? Per il momento non mi pare che ci siano. Il primo compito è costruirli, non salvare qualcosa del passato.

...il nuovo testo...

La democrazia è un feticcio, liberiamocene - di Franco Berardi “Bifo”.

I rituali elettorali sono privi di qualsiasi effetto sulla vita quotidiana. Perché dovremmo ricostruire la sinistra se ci ha svenduto al capitale?

Nessun organismo collettivo accetta la dissoluzione, perciò è forse inevitabile che alla dissoluzione elettorale della sinistra faccia seguito un tormentoso e inconcludente tentativo di riesumazione del corpo in putrefazione della sinistra e della democrazia. Che democrazia è se il leader dell’opposizione elogia il capo del governo? E cosa ne è delle distinzioni destra/sinistra se in un parlamento maggioranza e opposizione si trovano d’accordo praticamente su tutto? La chiamano semplificazione del sistema politico, ma l’effetto principale è stata la scomparsa della sinistra.

Forse sarebbe meglio riconoscere il carattere irreversibile del processo dissolutivo che è sotto i nostri occhi non solo in Italia, ma a livello europeo. La dissoluzione della sinistra politica non è che un episodio – in fondo secondario - della decomposizione della forza sociale operaia, che ha cominciato a verificarsi tre decenni orsono: caduta progressiva del potere d’acquisto del salario, totale sottomissione del tempo di vita al dominio violento del capitale. Se all’inizio del ventesimo secolo un uomo o una donna di classe operaia nascevano sapendo di dover lavorare

novantamila ore nel corso della loro vita, e se negli anni 70 nascevano sapendo di dover lavorare quarantacinquemila ore, oggi un uomo o una donna nascono sapendo di dover lavorare centoventimila ore. Queste cifre sono l’unico discorso intelligente sul tema della libertà. A libertà cancellata, lo schiavismo imperante.

L’espansione planetaria dell’esercito industriale di riserva ha provocato un collasso della capacità contrattuale operaia, e ha reso possibile l’affermarsi di una forma di assolutismo del capitale: il profitto non deve più rispettare alcuna legge, nessun limite può contenerne la potenza devastatrice. Grazie alle tecnologie e alla caduta di ogni barriera giuridica la precarietà è divenuta la forma generale del lavoro. Per impadronirsi di tempo altrui il capitale non ha più bisogno di comprare la disponibilità di un lavoratore, con tutti i limiti giuridici, fisici, mentali, che il lavoratore porta con sé, in quanto persona umana. Il capitale può comprare lavoro senza bisogno di contrattare con una persona, in quanto il tempo è disponibile, come un oceano frattale infinito, convocabile cellularmente, ricombinabile in rete. Le condizioni stesse della comunità operaia sono cancellate, perché i lavoratori non si incontrano più nello spazio concreto della fabbrica e nel tempo esteso della loro vita, ma sono ridotti a cellule continuamente ricombinabili, senza più continuità fisica né affettiva.

Entro queste condizioni il capitalismo si è trasformato in un sistema di illimitato dominio sulla vita sociale. L’unico limite alla violenza capitalista era la resistenza organizzata del lavoro, che si manifestava attraverso innumerevoli forme di autorganizzazione della vita quotidiana, attraverso innumerevoli forme di lotta, di sabotaggio, di assenteismo, di solidarietà. La “sinistra” era il ceto politico cui i lavoratori attribuivano il compito di salvaguardare e consolidare questa loro forza, unica difesa della società contro la violenza del capitale. Nelle sue diverse forme - nella forma socialdemocratica e riformista, come nella forma rivoluzionaria e leninista - la sinistra ha tradito, per incompetenza o per corruzione, questo mandato dei lavoratori. Perciò merita di scomparire. Ma che lo meriti o no, scompare e basta, perché sono dissolte le condizioni sociali che ne rendevano possibile l’esistenza.

Democrazia è il fucile in spalla agli operai, si scriveva un tempo sui muri. Può darsi che si trattasse di una formula un po’ brusca, ma in fondo rendeva bene il senso della realtà: democrazia è il contesto in cui i lavoratori possono trattare con il capitale contando su una forza autonoma, e in cui la società può mantenere una relativa autonomia rispetto al predominio dell’economia di profitto.

La democrazia, come forma politica di gestione della vita sociale, implicava inoltre almeno altre due condizioni: la libera formazione dell’opinione e della volontà, e la possibilità di scegliere tra alternative diverse di organizzazione sociale.

Entrambe queste condizioni sono completamente scomparse nella realtà del secolo ventunesimo.

La libera formazione della volontà presuppone un grado diffuso di conoscenza, un libero accesso all’informazione, e un rapporto relativamente paritario tra le diverse agenzie di formazione dell’opinione. Nelle condizioni attuali di appropriazione privata delle fonti di informazione e dei mezzi di produzione dell’immaginario collettivo, questo carattere essenziale della democrazia è cancellato. Nasce una dittatura fondata sul controllo preventivo della mente da parte di agenzie di info-produzione. La possibilità di scegliere tra alternative diverse di organizzazione sociale è una condizione altrettanto fondamentale. Per quale ragione dovremmo

scegliere tra destra e sinistra se non si può modificare il rapporto tra capitale e lavoro, se non si può neppure mettere in discussione il criterio della crescita economica, la competizione e la privatizzazione forzata del prodotto delle energie collettive?

Negli ultimi decenni la sinistra ha potuto governare più volte, ma ogni volta ha saputo soltanto continuare l’azione della destra, cioè ha saputo soltanto farsi strumento di eliminazione delle difese sociali, strumento di sottomissione della vita al profitto.

E’ stato così nella Gran Bretagna di Blair, nella Germania di Schroeder, nell’Italia di Prodi. Perché dovremmo rimpiangere questa sinistra? Perché dovremmo ricostruirla, dal momento che nessuno può credere alla capacità di un governo alternativo alla violenza scatenata del capitale?

Nel corso del secolo ventesimo la società aveva creato strutture di autodifesa perché il tempo di vita non fosse totalmente sottomesso allo sfruttamento. Purtroppo la società ha consegnato queste strutture di autodifesa a un ceto politico denominato “sinistra”, e questo ceto politico ha svenduto sistematicamente l’autodifesa della società in cambio di qualche potere politico ed economico. Si è trasformato in un ceto di sfruttatori tirannici e incompetenti, nei paesi cosiddetti socialisti, e poi, negli anni Ottanta e Novanta, si è prestato al ruolo subalterno di una riforma che vuol dire soltanto eliminazione di ogni difesa della società, liberazione della dinamica di capitale da ogni vincolo di umanità.

Perché dovremmo oggi impegnarci nella ricostruzione di una sinistra che non potrebbe in ogni caso modificare nulla di un sistema di automatismi tecno-economici? Ogni discorso basato sulla supposizione dell’esistenza della democrazia è un discorso senza senso: quel che resta della democrazia moderna è un rituale elettorale privo di qualsiasi effetto sulla realtà della vita quotidiana e della distribuzione del reddito. Da qui dobbiamo partire, se vogliamo inventare le forme nuove dell’autonomia sociale. Nel prossimo decennio la devastazione non avrà ostacoli: devastazione ambientale, devastazione psichica, devastazione simbolica. E nella devastazione occorrerà lavorare, per costruire, non un ceto politico rappresentativo del quale nessuno più avverte il bisogno, ma strutture di autodifesa e di attacco che siano adeguate ad una forma produttiva in cui le sole forze dotate di una capacità trasformativa saranno l’invenzione scientifica la creazione simbolica e l’azione terapeutica.

Liberazione, 18/5/2006

 

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