Arrestati tutti i vertici dell'organizzazione della sinistra indipendentista basca Batasuna

Gli indipendentisti baschi ricorderanno per molto tempo la maxi-retata che nella notte di giovedì ha portato all'arresto di 23 dirigenti di Batasuna, riuniti in un paesino vicino a San Sebastian per eleggere la nuova segreteria nazionale dopo l'incarcerazione a giugno del leader Arnaldo Otegi.
Il mandato di cattura è stato spiccato dal giudice Baltasar Garzòn, da anni impegnato contro l'Eta e i movimenti politici baschi che orbitano nell'area indipendentista. Per gli arrestati l'accusa è pesantissima: appartenenza a organizzazione terrorista.
Una operazione gigantesca: la polizia ha transennato l'intero perimetro di Segura, 1200 abitanti, formando dei posti di blocco e chiedendo ai residenti di esibire un documento di identità. Tra gli arrestati figurano nomi di primo piano di Batasuna come Joseba Permach, Juan José Petrikorena e Rufino Etxeberrìa, ma anche esponenti delle forze politiche Ekin e Anv, sospettate dalla magistratura di riciclare nelle liste elettorali membri di Batasuna che altrimenti non potrebbero correre per il voto. Per questo motivo, nelle scorse elezioni amministrative la magstratura aveva invalidato migliaia di voti ad Anv.
I 23 sono stati condotti in caserma per gli accertamenti, in seguito è scattata la perquisizione di tutti i domicili e gli uffici dei rspettivi organismi politici. Nel mattino le forze dell'ordine hanno circondato la sede del Partido Comunista de las Tierras Vascas (Ehak), a San Sebastian, per poi perquisire i locali. Ehak, a differenza di Batasuna, non è mai stato messo fuori legge.
La giornata si è conclusa con un altro duro colpo al partito-simbolo della lotta per l'indipendentismo basco: il giudice Garzòn ha firmato l'ingresso nel carcere per altri due volti conosciuti di Batasuna, Joseba Alvarez e Ohiana Aguirre, arrestati martedì per avere partecipato ad una manifestazione in appoggio dei detenuti Eta. Soltanto l'11 settembre l'Audiencia Nacional, il tribunale antiterrorismo, aveva incarcerato per lo stesso motivo il leader di Askatasuna. Fino a domenica le vittime della retata staranno in carcere in attesa della convalida, vi rimarrà chi è già stato processato per lo stesso reato.
Dopo la rottura della tregua da parte dell'Eta, il 5 giugno, Garzòn aveva avvisato Batasuna che da quel momento ogni riunione del partito sarebbe stata considerata clandestina, mentre durante il processo di pace inaugurato dal governo Zapatero i dirigenti del movimento indipendentista avevano goduto di maggiore libertà.
L'arresto di massa e la perquisizione del partito Ehak ha suscitato pesanti reazioni nel mondo basco. L'unico esponente di spicco rimasto libero perché giovedì notte si trovava a Pamplona per un incontro con gli irlandesi del Sinn Fein, Pernando Barrena, ha parlato di «vendetta politica» dei socialisti. Il Partido Nacional Vasco, i moderati al governo della comunità autonoma, considerano «l'ipocrisia» di Madrid «che oggi perseguita i dirigenti abertzales mentre a maggio i socialisti si riunivano con loro per parlare del futuro politico di questo paese». Zapatero ha preferito ricordare che le attività della magistratura seguono il proprio corso indipendentemente dal governo.
Ma è proprio questo il punto. Per Zapatero la fine della tregua Eta ha rappresentato il colpo più duro in una legislatura segnata dal successo economico e dal rapido riformismo. E' molto probabile che, a sei mesi dalle elezioni generali che si terranno il 2 marzo 2008, abbia deciso di sfidare il Partido Popular in ascesa nei sondaggi abbandonando l'atteggiamento morbido che lo aveva caratterizzato nei confronti della questione basca. E lo dimostrerebbe il secco "no" alla proposta del presidente del governo basco Ibarretxe, che proprio in questi giorni ha rispolverato la possibilità di un referendum popolare in terra basca per lasciare ai cittadini la decisione sulla indipendenza di Euskadi. «Ibarretxe si sbaglia di paese, di continente e di secolo» ha risposto il premier socialista, con un tono che ricorda la durezza di Aznar.
La. Edu.
da "Liberazione"

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Intervista a Josu Juaristi direttore del quotidiano basco "Gara"
Accuse a Madrid: «Dopo le false promesse la repressione»

Gara è il quotidiano degli indipendentisti baschi, accusato da Baltasar Garzòn di gravitare nell'orbita dell'Eta. Nato dalle ceneri del giornale Egin , chiuso nel 1998 per ordine del giudice antiterrorismo perché sospettato di finanziare il gruppo armato, Gara pubblica puntualmente tutti i comunicati e le interviste degli etarras ed è il primo a ricevere la telefonata che avvisa sui coche-bomba che stanno per esplodere. Poche ore dopo l'arresto dei 23 politici di Batasuna, il direttore Josu Juaristi, un tempo denunciato per incitamento al terrorismo, ha pubblicato un editoriale on-line dal titolo inequivocabile: "Dichiarazione di guerra all'indipendentismo basco". Con una avvertenza a Madrid: Batasuna presto nominerà nuovi vertici del partito.

Direttore Juaristi, che cosa lo ha maggiormente sorpreso della maxi-retata ai danni dell'intera direzione di Batasuna?
Il fatto che ci sia impunità per coloro che arrestano esponenti politici di un partito messo fuori legge nel 2003 ma che nel nostro paese (Euskadi, ndr ) continua a funzionare normalmente e dovrebbe continuare a farlo. Prima dicono che per il processo di pace occorre il dialogo tra tutte le forze politiche e poi arrestano dirigenti di un partito-chiave nel negoziato. Sembra una vendetta politica.

Zapatero potrebbe rispondere dicendo che dopo l'attentato dell'Eta e la fine del cessate-il-fuoco non ci sono più le condizioni per un dialogo.

Certo. Ma queste condizioni si allontanano ulteriormente se vengono arrestati gli interlocutori del dialogo. Sostengono che tutto è parte dell'Eta, per noi sono accuse incredibili. Allo stesso tempo il governo non ha mantenuto le promesse durante il dialogo (interrotto dopo l'attentato di Madrid,ndr) e ha posto ostacoli allo sviluppo normale del negoziato, e se la conclusione è l'arresto di un intero partito, ci sembra chiaro che il governo non abbia mai avuto in realtà l'intenzione di trovare una soluzione al conflitto. Se crede che con la repressione avrà maggiore successo si sbaglia, e lo dice la storia del nostro Paese.

Quali sono le promesse che Zapatero non ha mantenuto durante il dialogo?

Accordi politici, la promessa che anche Batasuna potesse lavorare e sviluppare le propria attività normalmente. Aveva promesso di dare ai baschi la possibilità di avere una voce in capitolo.

Cosa pensa della proposta del Partido Nacional Vasco, e cioè un referendum nei Paesi Baschi nel 2008 per capire che cosa vuole davvero la gente, se l'indipendenza o una maggiore autonomia dalla Spagna?
In primo luogo il Pnv dovrebbe chiarire perché si fa il referendum, chi partecipa e che cosa si chiederà esattamente. Posso capire che in una situazione di stallo come questa il Pnv cerchi di riattivarla chiedendo una opinione ai cittadini. Un referendum non può risolvere niente, per il momento. Peraltro lo stesso Pnv è diviso sul tema della consultazione popolare, quindi non possiamo fare troppo affidamento.

Arnaldo Otegi sembrava favorevole ad un referendum, o no?
E' vero, fa parte del programma di Batasuna, ma in un secondo tempo. Prima bisogna affrontare con un negoziato politico il problema della territorialità basca.

Cosa crede succederà nel prossimo futuro?

Non lo so, bisognerebbe avere una sfera di cristallo. Sicuramente il governo ha deciso di seguire la strada della repressione, e se comunque volesse ridare forza al dialogo per la pace avrebbe come unico interlocutore il Pnv. Un po' poco per andare avanti.

Ha deciso di intitolare il suo editoriale: "Dichiarazione di guerra". La parola guerra evoca la violenza. Significa che lo stato spagnolo si deve aspettare una risposta altrettanto violenta?
So che si tratta di un titolo molto forte, ed è ovvio che ci troviamo in una dinamica di affronto diretto. La Spagna e la Francia sanno che prima o poi che le questioni che stanno al di là del semplice conflitto politico prima o poi dovranno approdare sul tavolo. Che sia domani, fra un anno o fra dieci, dovrà succedere.

Gara vende 45mila copie e conta 90 giornalisti in organico. Ma entra spesso entra nel mirino della magistratura anti-terrorismo. Come vanno le cose?
Abbiamo una spada di Damocle che pende sopra le nostre teste: un debito di 6 milioni di euro del giornale Egin , che secondo i giudici un giorno dovremo pagare. Si tratta di una minaccia ingiusta, due tribunali baschi ci hanno dato ragione eppure potrebbero usare questa arma per farci chiudere.


06/10/2007