Mario Tronti scrive una impietosa analisi della vittoria di Obama indirizzata alla sinistra!

 

 

 

 

Mario Tronti scrive un’impietosa e polemica analisi della vittoria di Obama. La scrive all’indirizzo della sinistra che si illude ma anche di quella incerta e di quella che ha tutto chiaro.

Allora, compagni. Come tutti avete potuto vedere, il mondo, a far data dal 4 novembre, è cambiato. Il cielo è sempre più blu, la terra sorride aperta finalmente all'audacia della speranza, le nostre notti non sono più cupe, rivisitati come siamo dal sogno americano. Il messia è tornato, come aveva promesso, cammina non sulle acque, ma sull'etere, narrazione di parabola in parabolica, questa volta per messaggini. Vi ricordate l'11 settembre? Nulla sarà come prima. Tutto è stato come prima. Questo è un 11 settembre rovesciato. Di nuovo, «siamo tutti americani». E non cambierà niente. Niente di quello che ci interessa cambiare.
Avete capito che sto gettando acqua sul fuoco, non per spegnerlo, ma almeno per circoscriverlo. Poi, speriamo sempre che la scintilla infiammi la prateria. Non ci saranno dunque conseguenze? Altroché se ce ne saranno! La soluzione questa volta è stata trovata quasi all'altezza del problema. Quasi: perché la crisi di fase capitalistica è più grave, più tosta, dell'invenzione di immagine, della risorsa simbolica, che si è messa in campo. Ma comunque, questa conta, e come se conta! Lo vediamo in queste ore, in questi giorni. Gli Usa di ieri, frastornati, disorientati, depressi, sono «rinati», come i ridicoli cristiani delle loro sette. Il fatto macroscopico, quello su cui dobbiamo prendere a ragionare, quello dentro cui dobbiamo mettere anche il successo Obama, è la chiusura del ciclo neoliberista, il crollo della finanziarizzazione selvaggia del capitale, la rivincita dell'economia reale, che si fa di nuovo viva come crisi della produzione materiale, con tutte le paure, le incertezze, i bisogni di voltare pagina, che essa porta con sé. E' questo che ha reso possibile, perché necessaria, la vittoria della parola change. Non la spinta dal basso di una partecipazione popolare, con i suoi appassionati volontari, espressione spontanea della vitalità di una meravigliosa democrazia.

Questa c'è stata, ma come un'onda provocata, raccolta e orientata verso un volto nuovo di «personalità democratica», che abbiamo già altre volte descritto come corrispettivo aggiornato della adorniana «personalità autoritaria». Attenzione. Qui l'accento batte non sugli aggettivi, democratica e autoritaria, ma sul sostantivo, personalità. C'è un problema preciso, teorico e storico: perché la democrazia, al pari del totalitarismo, ha bisogno, per funzionare, dell'idea e della pratica della personalità? Perché si fa il vuoto nelle istituzioni, e nelle organizzazioni, per riempirle poi con un volto? Problema. E un'altra cosa, meno astratta, più empirica. Da dove sono uscite le enormi risorse finanziarie di Obama, che hanno fatto apparire indigente nientemeno che la famiglia Clinton? In che percentuale sono state esse il frutto della mobilitazione dei neri, delle donne, dei giovani? E quali e quante le altre fonti?

La mia idea è netta, e la esprimo in modo netto, perché se ne possa lucidamente discutere: Obama ha vinto, perché a un certo punto l'establishment ha scelto Obama. A un certo punto: all'inizio, solo pezzi di esso si erano esposti, i più avvertiti, di fronte al disastro finale di Bush, poi, con l'esplosione della crisi vera, il grosso non ha avuto più dubbi. E il personaggio è volato nei sondaggi, anch'essi non certo spontanei. In democrazia, vince chi riesce a farsi presentare come il prossimo vincitore. Abilità e forza comunicativa aiutando. Il cambio è niente altro che un cambio di leadership, nel tentativo di riacchiappare un'egemonia che scappa. E siccome si tratta di un'egemonia-mondo, ci vuole un global leader. Poteva assolvere a questa funzione il vecchio soldato MacCain? Evidentemente, no. Guardate lo spostamento dell'opinione pubblica mondiale, di destra, di sinistra e di centro, prima e dopo le elezioni americane.

Impressionante. Anche qui è un'onda. Per resistere, bisogna come Ulisse farsi legare al palo della nave, visto che non possiamo non vedere e non udire.

La verità è che gli americani sono oggi veramente in tutto debitori dei cinesi. Hanno infatti applicato alla lettera il motto di Deng: non importa se il gatto è bianco o nero, importante è che acchiappi il topo. Miei cari, i topi siamo destinati ad essere noi. Bisogna togliersi dalla testa che il partito democratico sia la sinistra e il partito repubblicano la destra americane. Non sono nemmeno il centrosinistra e il centrodestra, come vorrebbero i nostri ulivisti mondiali. Il bipartitismo perfetto e la perfetta alternanza di governo funzionano soltanto quando ci sono due partiti centrali di sistema. Sì, due diversi bacini di consenso, distribuiti socialmente e territorialmente, due blocchi di interessi tradizionali, molto mobili e trasversali, anche due scale di valori e di diritti, ma il tutto orientato sempre all'uno della grande nazione «eccezionalista». Impallidiscono i nostri nazionalismi europei di fronte a quello americano. Solo che quello non si chiama così. È Impero del Bene, religione democratica universalmente salvifica.
Chi più che un predicatore nero può oggi raccogliere le bandiere che i maledetti neocons hanno lasciato cadere nella polvere della guerra infinita? Se Malcom X diventa Obama, è perché il calderone di fusione ha funzionato alla perfezione. Nessun pericolo. Anzi, una formidabile opportunità. L'America è un luogo dove tutto è possibile: che un nero entri alla Casa Bianca e che diventi quindi un bianco qualunque. La novità c'è. Non è questo il punto. Ma l'arte di disporci dinanzi al nuovo in modo non subalterno, non l'abbiamo forse imparata? Il nuovo non ha un valore in sé, va misurato sulla nostra condizione presente, se siamo in grado di assumerlo e governarlo e piegarlo. Per quanto detto sopra, nei confronti di un cambio di leadership nel bipartitismo americano, io non faccio una scelta strategica, ma tattica. Chi mi conviene che vinca, chi mi lascia più spazio di movimento, chi mi consegna migliore capacità di manovra? Era opportuno uscire dalla grande crisi con Roosevelt, perché così le lotte operaie potevano imporre il compromesso keynesiano. Era giusto allearsi con gli Usa per sconfiggere militarmente il nazifascismo. Si poteva essere kennediani, se avevi alle spalle la forza del Pci e la potenza dell'Urss: non c'era pericolo allora di metterti nell'onda progressista, semplicemente subendola. Anzi ti serviva per innovare nel tuo campo. Il discorso è sempre quello: l'iniziativa di cambiamento del tuo avversario, o sei in grado di utilizzarla, o altrimenti ne rimani vittima.

Perché mi sento di dire che non possiamo dirci oggi obamiani? Semplicemente perché siamo deboli. Non c'è in campo nessuna forza alternativa. Questo sarebbe stato il momento di una grande iniziativa del socialismo europeo. Non possiamo dare la supplenza al profeta del nuovo vecchio mondo. Così riconsegni la pratica egemonica, magari passando dall'unilateralismo al multipolarismo, a chi la stava giustamente perdendo. Il modo corretto di porre la questione, parlando politicamente, nel senso specifico del termine, è secondo me il seguente: Obama è adesso la figura nuova che assume il nostro avversario. Va ricollocata e rideclinata una proposta alternativa di organizzazione e di lotta sulla base di questa novità. Si apre un periodo di maggiori difficoltà. Era facile essere contro Bush, sarà difficile essere contro Obama. Si chiudono spazi per le esperienze di movimento, l'unica forma di soggettività emersa negli ultimi anni, non a caso a livello global, sul terreno dei partiti, nazionali, l'intendenza europea seguirà, l'Atlantico si farà più stretto. La luna di miele finirà, ma prima durerà. Tra l'altro, il giovanotto (!) è sveglio, è pragmatico, è cinico, è pigliatutto, ha perfino un pizzico di carisma, è intelligente perché si è circondato di persone mediamente intelligenti. Una machiavelliana presa di potere, perfetta. In questo, chapeau! agli Stati Uniti d'America, gli unici in grado di far ancora tesoro del detto, mitteleuropeo: là dove c'è il massimo pericolo, lì c'è ciò che salva. Aprite il discorso della vittoria. L'incipit: giovani e vecchi, ricchi e poveri, democratici e repubblicani, neri, bianchi, ispanici, asiatici, nativi d'America, gay, eterosessuali, disabili e non disabili. «Siamo e sempre saremo gli Stati Uniti d'America». Che dobbiamo fare? Applaudire, alzare le braccia in segno di saluto, piangere di commozione?

Confesso. Sono ormai arrivato - il tono di questo testo lo documenta - al limite massimo di sopportazione per questo modo impolitico, apolitico, antipolitico di parlare di politica. Una parentesi. Se ho ben capito come vanno le cose del mondo, e a questo punto di lunga età mi pare proprio che sì, ecco: chiunque dice «ricchi e poveri» è mio nemico. Questo è un criterio del politico, una verità teorica assoluta, un punto di orientamento pratico, che consiglio di coltivare in sé come una pietra preziosa. Chiusa parentesi. E vengo invece a un punto di problema, su cui ho qualche incertezza, perché sento che qui c'è un a partire da me, dal mio modo di esistenza, che potrebbe deviare e far sbagliare il giudizio. E chiedo anche qui un contributo di discussione, e magari una capacità avversa di dissuasione. Insomma. Chi sono queste masse? Parlo delle folle di Chicago e di tutta la lunga intensa campagna obamiana. Ma anche di quelle del Circo Massimo, se sono, anche questo è da discutere, più o meno le stesse.

Le guardo con curiosità e diffidenza. A me paiono foglie mosse dal vento delle parole e delle immagini, singoli individui collettivamente incantati dal suono del linguaggio, indifferenti, per non dire ostili, alle idee, agli argomenti, alle analisi. Piazze virtuali, un popolo da second life, che non esprime qualcosa, ma vuole essere espresso da qualcuno. Si potrebbe dire che non è una cosa nuovissima. Il Novecento ha visto fenomeni analoghi. Ma, secondo me, c'è una differenza. La nazionalizzazione delle masse, come la socializzazione delle masse, si fondava su idee forti. Ci si riconosceva in una dottrina, si assumeva e si portava un'ideologia. Il culto del capo era l'appartenenza a un campo, l'assunzione di un progetto. Così la massa si faceva soggetto. E poi la razza, o la classe, erano fattori oggettivi. Qui, oggi, non c'è nulla di tutto questo. C'è solo la fascinazione per una narrazione. Obama non rappresenta i neri, rappresenta tutti. Veltroni non rappresenta i lavoratori, rappresenta i cittadini. E dunque queste piazze sono piene di un niente. È un problema serio, forse il più serio. Penso che accanto all'osservatorio sulle élites, dovremmo ragionare intorno a un osservatorio sulle masse. Come riportare dentro questo politico virtuale il principio di realtà?

Da soli, soggettivamente, non ce la facciamo. Ci vuole una scossa sismica di alta intensità, di quelle che fanno saltare i pennini del sismografo. Dire, parlare, della sinistra, piccola o grande che sia, risulta, di fronte alla dimensione del problema, una chiacchiera da bar sul commissario tecnico della nazionale. Ci può aiutare solo la realtà stessa, sempre più ricca, rispetto a noi, di risorse imprevedibili, da scrutare e da utilizzare. Ma quale realtà, o quale pezzo di essa ci conviene che emerga? Qui, il discorso si fa duro, pronunciabile in parte, indicibile per intero. Io, se mai ne ho avuti, a questo punto non ho dubbi: meglio la crisi che lo sviluppo, meglio il conflitto che l'accordo, meglio la divisione aspra del mondo che la sua irenica unità. Sto parlando, realisticamente, del terreno più favorevole a che sorga una soggettività collettiva alternativa. Che non verrà da sola, senza un intervento politico dall'alto, a suggerire e a organizzare.

Stralcio dall'introduzione di Mario Tronti al volume collettivo "Passaggio Obama. L'America, l'Europa, la Sinistra. Una discussione al CRS provocata da Mario Tronti" (Ediesse, pp. 128, euro 9) in uscita a febbraio. I saggi raccolti sono a firma di Rita di Leo, Ida Dominijanni, Mattia Diletti, Luisa Valeriani, Stefano Rizzo e Roberto Ciccarelli. Il libro sarà presentato oggi (Roma, via IV Novembre 119/a, Sala della Pace).

Liberazione, 16/1/09

Commenti

Ritratto di l'Arcangelo

E' molto "simpatico" che tutte le notizie relative alle attività o iniziative di rifondazione locale non possano essere "postate", commentate e discusse. Occorre proprio mettere questo filtro ? Perché è commentabile Mario Tronti e non la variazione di Bilancio in Provincia ? Vorrei peraltro capire circa l'asserita indipendenza tra le iniziative della "Città di sotto" e "Rifondazione". E'infatti poco credibile che per ragioni tecniche l'iniziativa per Gaza in programma il 24/01 sia propagandata sul sito di rifondazione dal 19 e non ancora nella mailing-list e sul sito de "la città di sotto" . Se la "cinghia di trasmissione" è così evidente, come può essere concreta l'asserita autonomia de "la città di sotto" rispetto a Rifondazione ? l'arcangelo
Ritratto di roberto

  1. Le notizie sono pubblicate in maniera differente perchè chi le pubblicate decide autonomamente come pubblicarle. L'articolo postato da Marco è commentabile, come 3/4 degli altri perchè probabilmente lui riteneva utile avviare una riflessione su quello.
  2. Non c'è nessuna notizia sul bilancio in Provincia perchè nessuno a postato nulla. La notizia su questo sito si riferisce a un articolo del'Eco di Biella della settimana scorsa prima che fosse discusso e votato il bilancio.
  3. L'iniziativa per Gaza è pubblicizzata sul sito di Rifondazione perchè dopo una serie di mail tra vari soggetti associativi, di movimento o organizzazioni politiche biellesi che partendo dall'assemblea di mercoledì scorso alla Città di Sotto, hanno visto anche l'adesione di  Rifondazione. 
  4. La suddetta iniziativa non è organizzata da "la città di sotto" ma dal comitato biellese "Free Palestine" anche se da domenica nel social network di Facebook è stata pubblicizzata da "la città di sotto" - prima che fosse diffusa da questo sito-.
  5. Questo sito comunque pubblicizza e pubblica iniziative (locali e non) che non direttamente coinvolgono Rifondazione Comunista ma che la stessa ritiene di condividere e diffondendere ed infatti hanno apposta categorie differenti nell'archiviazione.
  6. Essendo amministratori differenti ed essendoci una piattaforma informatica differente (questo è un sito dinamico, l'altro è statico) tra questo sito e quello www.lacittadisotto.org le notizie hanno evidentemente caratteristiche differenti.
  7. A quanto ne so non esiste una vera e propria mailing-list de "la città di sotto" ma una news-letter inviata ai soci che vengono informati sulle iniziative che si svolgono (come quella di mercoledì scorso) a "la città di sotto". 

Ritratto di Arcangelo

Le precisazioni confermano che sulle iniziative locali di Rifondazione non è possibile apporre post e dibattere (per verificare basta scorrere le notizie ricondotte ai relativi tag). Le discussioni sono ammesse solo per le questioni teoriche, sulla pratica amministrativa del partito no. Sul distinguo tra soggetti pare inoltre evidente la difficoltà nello specificare "chi fa" e "cosa fa" (il ricorso agli slogan e in questo un limite) per esempio il comitato FREE PALESTINA non è ancora intelleggibile benchè, se costituitosi mercoledì scorso, qualche promotore e qualche contenuto (non solo slogan) dovrebbe già avere e proporre. l'Arcangelo
Ritratto di chouenlai

Arrestare Tzipi Livni! Proposta ottima. www.adnkronos.it -Aldo-
Ritratto di Anonimo

c'è stato un massacro a gaza, i sionisti dovrebbero essere denunciati per crimini conrìtro l'umanità, a biella tranne qualche mail o qualche lacrima individuale non si è fatto niente.finalmente dopo una iniziativa alla città di sotto su proposta del pmli si è organizzato una iniziativa pubblica dove i democratici biellesi potrebbero protestare come vogliono, urlando, scrivendo slogan,bruciando la bandiera sionista ecc.. contro israele e c'è chi perde tempo e trova scuse per non partecipare.non vi sono parole. ciao Valter
Ritratto di Arcangelo

Il tempo per i chiarimenti non è mai sprecato. Oggi, ad una riunione di Legambiente Biella c'è chi avrebbe parlato della manifestazione del 24 per valutare se aderire. Per questa ragione mi sono premurato di inoltrare a chi ha diffuso dell'iniziativa una richiesta sui contenuti e sui partecipanti. peccato che non abbia avuto risposta e quindi Legambiente Biella non ha discusso se partecipare o meno se chi propone veramente ha interesse a far partecipare, a favorire informando la partecipazione probabilmente può "perdere tempo" anche in queste cose. l'Arcangelo
Ritratto di roberto

Se si escludono i post su questo sito (di ben altra natura), nessuna mail di "richiesta sui contenuti o sui partecipanti" è stata inoltrata all'indirizzo mail del Comitato biellese "Free Palestine" (palestinaliberabiella@gmail.com)e neppure a quello de "La città di sotto" info@lacittadisotto.org Sono arrivate al contrario svariate mail di adesione però!
Ritratto di Arcangelo

Prova a chiedere a Marco, che ha diffuso l'invito a partecipare a free-palestine, se ha ricevuto una email di info da parte di legambiente biella aspetto un tuo riscontro l'arcangelo
Ritratto di l'Arcangelo

pregasi inviare dettagli circa il comitato (chi lo costituisce) e le linee politiche o la carta di intenti che lo caratterizzano grazie legambiente biella ----Messaggio originale---- Da: xxxxx@xxxxx Data: 19/01/2009 14.34 A: <, <>> Ogg: sabato 24/1 GAZA SIAMO TUTTI NOI Mercoledì 14 gennaio u.s., presso il Laboratorio Sociale "La Città di Sotto" si è tenuta un'iniziativa molto partecipata sui drammatici eventi di Gaza di questi giorni e più in generale sul conflitto israelo-palestinese. La necessità di proseguire pubblicamente un'azione di denuncia e controinformazione rispetto alla guerra che Israele sta conducendo nella Striscia di Gaza causando già oltre 1000 vittime civili, con il sostanziale appoggio delle potenze occidentali, ha portato alla costituzione, da parte di singole persone e gruppi presenti alla serata, al Comitato Biellese Free Palestine e alla convocazione di una manifestazione di solidarietà con la popolazione di Gaza e per la ricerca di una pace giusta e duratura sabato 24 gennaio ore 16:30 Largo Cusano Il corteo proseguirà per le strade del centro cittadino concludendosi infine con un presidio sotto la Prefettura. Invitiamo tutti coloro, singoli e associazioni, abbiano a cuore la sorte della popolazione di Gaza e della pace in Medio Oriente ad aderire alla manifestazione inviando una mail all'indirizzo palestinaliberabiella@gmail.com Comitato Biellese Free Palestine
Ritratto di roberto

  1. Marco ha fatto girare di sua sponte il comunicato del comitato Free Palestine biellese che indica con precisione che il riferimento è la mail palestinaliberabiella@gmail.com
  2. Al suddetto indirizzo non sono giunte richieste da Legambiente Biella
  3. Questo fatto chiarisce che nn esistono"cinghie di trasmissione" tra soggetti diversi visto che il Comitato non sapeva della mail di Legambiente. 
Ritratto di l&#039;Arcangelo

ricapitoliamo del comitato Free Palestina non v'è notizia sul sito di La città di sotto, il centro sociale ove il comitato si è costituito; lo stesso non ha rendicontato dell'incontro con alcuna new letter. non c'è praticamente notizia sulla stampa locale; diffonde la notizia solo il sito di Rifondazione Biella Marco, che è di di "Free-PAlestine", è de "La città di Sotto", è di Rifondazione, invia, lui e non Free-Palestine, una e.mail alle associazioni, Legambiente compresa, ma non risponde alle richieste di informazione. Ovviamente Pietrobon, che è un noto fiscalista, ritiene il fatto corretto poichè formalmente la richiesta avrebbe dovuto essere da Legambiente inviata all'indirizzo palestinaliberabiella@gmail.com, anzi, illustra che in questa condotta è dimostrato che non sussista alcuna "cinghia di trasmissione" partito-comitati, benchè il comitato, di proprio non abbia pubbicizzato mai nulla direttemente ma si sia avvalso solo della comunicazione fatta dal Partito di Rifondazione, spacciato come umile aderente. Non si stupisca allora se non riesca a coinvolgere in queste iniziative una pluralità di soggetti che vada oltre alle associazioni partecipate da Marco. L'arcangelo
Ritratto di roberto

  1. Il comitato non ha mai pubblicizzato nulla oltre il corteo di sabato 24 perchè si è costituito 7 giorni fa.
  2. L'informazione ai giornali è stata data dal comitato attraverso la sua mail ed essa è pubblicata da 4 giorni su tutti gli organi d'informazione locale (Eco di Biella, il Biellese, La nuova Provincia e La Stampa) anzi su Eco di Biella è comparsa la notizia sia nell'edizione di lunedì che in quella odierna (con due differenti note): Non abbiamo ancora gli strumenti per decidere il taglio e la rilevanza che le notizie assumono sui giornali ma...ci stiamo attrazzando!

Alla manifestazione hanno aderito una pluralità di soggetti non "partecipati" da Marco o dal altri di Rifondazione.

associazioni: Emergency, la redazione de "il Mondo capovolto", "Nuovi partigiani della pace", "La città di sotto" e i Giovani mussulmani d'Italia. Organizzazioni politiche: Sinistra Critica, PMLI, P-CARC, PRC e GC e singoli esponenti del PD. 

Per inciso tutte le informazioni de "la Città di sotto" sono comunque partecipate o sono riferite anche al Presidente provinciale di Legambiente biellese che è socio fondatore dell'Associazione.

Ritratto di L&#039;arcangelo

Non mi sbagliavo: Roberto Pietrobon parla sempre per conto di "La città di sotto" e del comitato Free-Palestine di cui detiene l'indirizzo e.mail ( ma non c'è mai cinghia di trasmissione !!). Ancora afferma per la "la città di sotto" che sono state inviate tutte le informazioni anche al Presidente di Legambiente ( non precisa chi sia, giacché da pochi mesi l'attuale presidente si chiama Alessandro Paternò e ,se, iscritto lo è a titolo personale e non per conto del Circolo di Legambiente a cui vanno rivolte le richieste). Molto strano, perchè anche il sottoscritto è ( o dovrebbe essere) nell'indirizzario de "la città di sotto" ma non ha mai ricevuto alcuna e.mail informativa. casualità ? L'arcangelo
Ritratto di L&#039;Arcangelo

Alessandrò Paternò, Presidente di Legambiente Circolo Biellese non è socio de "La città di Sotto". Come al solito Roberto Pietrobon ha forato una gomma... L'Arcangelo
Ritratto di roberto

  1. Chiedo scusa al neo Presidente di Legambiente Biellese per averlo coinvolto indirettamente in questa sterile polemica e al contempo mi raccamico di non aver avutO informazione dell'avvicendamento ai vertici dell'Associazione ambientalista. Mi spiace perchè oltre al sottoscritto neanche l'opinione pubblica era informata della questione e quindi registro, una idiosincrasia formale tra gli elementi di socializzazione e di partecipazione che alcuni pretendono da altri (ovviamente non Paternò, che non conosco) e che nei fatti dimostrano di non praticare.
  2. Come il sottoscritto si è informato - essendo tra i gestori di questo sito - delle informazioni e delle accuse rivolte al Comitato biellese "Free Palestine" e a "La città di sotto", anche il nick-name "l'Arcangelo" ha fatto altrettando nei confronti delle mie errate informazioni su Alessandro Paternò. Questo  non mi spinge dall'attribuire al suddetto nick-name la prerogativa di parlare "per conto" di Alessandro Paternò.
  3. Non si è ancora capito se tra le varie accuse mosse le stesse celassero una evidente volontà di non partecipare al corteo di Sabato da parte del nick-name "L'arcangelo" adducendo come "giustificazione" la presenza (come avviene al contrario in tutta Italia) o il presunto cappello del PRC . Il testo del volantino e del comunicato sono chiari sugli intendimenti tanto che nessuno degli aderenti (singoli o associativi) ha avuto nulla da eccepire e l'ha al contrario sottoscritto. Probabilmente qualcuno preferisce passeggiare la notte in bicicletta piuttosto che confrontarsi sulle idee, le testimonianze e le posizioni in merito al conflitto palestinese!
Ricordo comunque...

 SABATO 24 GENNAIO ore 16.00 Largo Cusano

 :: Corteo ::

"Gaza siamo tutti noi"

LIBERAMENTE PER LA PALESTINA!

Ritratto di L&#039;arcangelo

A far le polemiche occorre essere in due e Pietrobon non può tirarsi fuori. Come non può tirarsi fuori dal merito delle polemiche con argomenti ridicoli, come possono essere il fatto che io uso la bicicletta per recarmi anche di sera, il mercoledì 14 gennaio, alla riunione mensile di Legambiente anziché alla serata sulla Palestina (anch'io non ho visto Pietrobon quando alla presentazione di Sinistra Critica, a Biella, la candidata Diana Carminati parlava di Palestina, ma non ne ho fatto una questione) Credere che io giri in bicicletta per sottrarmi al confronto sulle idee è ridicolo(è certo, verificatosi, che quando Daniele Gamba prende la parola ai congressi di rifondazione Pietrobon si alza, esce e non ascolta) Così ridicolo che aspetto sempre che l'Assessore alla Partecipazione del Comune di Biella, tal ZOLA, si decida ad illustrare il fallimento del suo Assessorato al riguardo e le ragioni dell'affossamento di Agenda 21. Il problema, rispetto ad una iniziativa, sono i contenuti, che per Pietrobon possono essere semplicemente riassunti in qualche slogan ma per altri no, e le reali aperture che i soggetti proponenti intendono assicurare a chi intende partecipare. Sovente (e volutamente) tutto è dato per scontato e le sfumature che non piacciono non sono ammesse. Infatti, come dimostra l'elenco portato di aderenti non si esce dal ristretto circolo di quei soggetti la cui adesione è normalmente data per scontata. Anche qui, come è successo per la scuola, si determina una situazione tutta Biellese che definirei di piccolo ghetto identitario. Sul problema scuola in tutte le città di Italia la partecipazione è stata plurale e trasversale, con grandi numeri. Qua a Biella no, un gruppuscolo dove slogan ed identità hanno sbarrato la strada a partecipazione e creatività. Gli unici che si sono salvati sono stati gli insegnati con le loro lezioni non targate. Per la Palestina si replica. Innanzitutto per tardività ma poi replicando l'approccio identitario. Io credo che ogni volta che si organizza una manifestazione l'obiettivo debba essere quello di aggregare oltre al proprio confine od ai soli "cugini primi". E l'obiettivo di allargamento non può essere, nemmeno lontanamente, specioso. Non è un mistero che la corrente Vendoliana abbia puntato molto su "La città di sotto" ma proprio per questo deve offrire più garanzie, sopratutto nella comunicazione(e l'insieme dei pasticci qui discussi lo esclude) La richiesta di chiarimenti di Legambiente Biella è stata ignorata benché l'associazione a livello nazionale si sia impegnata quanto meno nella marcia di Assisi. Questo è il dato che Pietrobon non coglie continuando a ritenere che la procedura seguita non possa essere messa in discussione (e soprattutto se a metterla in discussione è l'Arcangelo, che nel biellese è più di un nik-name). Peccato. Legambiente non ci sarà perché non ci sono più i tempi tecnici per prendere una decisione nel direttivo. Andremo tutti a farci un salutare giro in bicicletta, grazie all'attenzione ed alla sensibilità di Marco e Roberto. Peccato. L'Arcangelo
Ritratto di roberto

Peccato:

  • che il volantino che indice la manifestazione di sabato 24 per la Palestina sia "riassunto in qualche slogan" e che gli stessi slogan siano IDENTICI a quelli usati dalla manifestazione di Assisi della settimana scorsa a cui ha aderito Legambiente.
  • le argomentazioni contro il PRC (che nulla hanno a che fare con la Palestina) portate dal "più che un nik-name" siano IDENTICHE da due anni a questa parte e leggibili a decine su questo sito.
  • che senza l'onnipresente Rifondazione che tutto può e tutto trama a Biella di iniziative di movimento non ve ne sarebbero state, anche "le lezioni non targate dei professori" avrebbero avuto vita difficile senza una partecipazione di studenti (e di professori) che in buona parte sono appartenenti alla suddetta Rifondazione.

Nulla vieta al "più che nik-name" che tanto successo riscuote nel biellese, di organizzare tutto  ciò (e molto di più!) che miseramente si è messo in campo in questi mesi di sua sponte.

Speriamo solamente che abbia un pò più di fortuna delle preferenze raccolte in Ospedale all'atto delle votazioni sulle rappresentanze sindacali  da altri, noti, "gruppuscoli identitari".

Ritratto di l&#039;Arcangelo

Quando Pietrobon parla dei risultati elettorali altrui (contenuti perché ostico è il battagliare nella sanità biellese governata anche da Rifondazione a livello regionale, luogo dove fanno carriera i primari targati PD e gli amici degli amici o dove amministrano ex condannati per tangenti come Vicuna) dimenticandosi che Rifondazione, con l'esperienza di Governo e Presidenza della Camera, è riuscita nella cancellazione della presenza parlamentare della sinistra, mi viene proprio da sorridere, siamo alle pirlate. vai pure a fare il pacifista. per fare il nonviolento ti manca il fondamento, la ricerca della verità. l'arcangelo
Ritratto di Anonimo

L'email rossoliviero del sottoscritto è isolata da giorni per disservizio del server (non riceve), quindi dal 16/1 non so cosa mi avete scritto, quindi scrivere (spero provvisoriamente) a olivierosso. Riporto qui la mia opinione già espressa in un'altra occasione su questo sito: Oltre la pretesa di Hamas di voler rappresentare l'intero popolo palestinese, oltre la volontà degli integralisti islamici di trasformare il popolo palestinese in un popolo di martiri, oltre la totale mancanza di orizzonte politico dei palestinesi, oltre tutto ciò resta Israele che non ha altra soluzione per sé, per la sua esistenza che la "soluzione finale" per i palestinesi. Il "diritto alla sicurezza" di Israele coincide, oggi, con la fine dei palestinesi. Se è vero che una parte dei palestinesi non accetta l'esistenza dello stato di Israele è evidente che questa esistenza sarà garantita solo se i palestinesi non esistono, cioè solo se l'intero percorso storico di costruzione dell'identità palestinese e arabo-israeliana viene negata! Questa è la situazione attuale. Per Israele diventa necessaria una politica di separazione (il muro), di apartheid al proprio interno contro gli arabi israeliani (che tra qualche anno saranno più numerosi degli ebrei israeliani) e di riduzione a stato dipendente (senza autonomia economica e politica) dello Stato palestinese! A me pare questo il percorso storico che Israele sta imboccando in modo irreversibile. Che fare? so che può sembrare banale dirlo in questo momento, ma non c'è altra strada che quella politica: una strada "militare" permetterebbe a Israele di concretizzare più rapidamente il suo disegno. Quindi subito fermare la guerra per salvare vite umane! Isolare politicamente Israele: lavorare per tener distinti l'essere ebrei dalla politica di Israele; coinvolgere l'opinione pubblica internazionale in un processo di critica ad Israele come critica all'apartheid e alle politiche di discriminazione; indebolire la politica di colonizzazione dei territori attraverso il costante richiamo alle regole internazionali e a pratiche pacifiste di ostacolo e isolamento politico; portare in Israele il conflitto di classe che passa attraverso le discriminazioni etniche; sviluppare la solidarietà con i palestinesi per favorire la riunificazione della politica tra i palestinesi, ponendo fine alla corruzione e sconfiggendo l'integralismo religioso. Mi rendo conto delle difficoltà, ma ho l'impressione che non ci siano un'altre strade da percorrere. Ma che tristezza nel cuore! marco
Ritratto di Chouenlai

Solidarietà militante a compagni/e vittime dello sgombero fascista e violento che hanno subito. -aldo-
Ritratto di Anonimo

Mi sento spesso costretto a parlare (scrivere) di cose importanti ma per le quali credo che ci vorrebbero spazi diversi da questo. Mi sarebbe piaciuto leggere riflessioni dinamiche e approfondite sulle sollecitazioni che volta per volta propongo. Sono curioso, ho voglia di leggere cose che non conosco, ho voglia di scoprire che posso cambiare idea perché altri hanno cose più convincenti delle mie da dirmi. Vorrei rendere collettivo e plurale il confronto sulle questioni di fondo dell'essere e agire politico, mentre incontro polemiche di metodo, slogan, manifestazione autoreferenziali e/o narcisistiche... Perché fare della rete uno spazio della manifestazione di sé e non uno spazio della manifestazione della volontà di uscire da sé, per aprirsi a ciò che altri hanno da dirmi? Ero diffidente, ora lo sono di più! questo troppo spesso è il luogo della superficialità, delle banalità, nell'inutile dire, del narcisismo, dell'autoaffermazione! Forse deciderò di chiudere il mio blog!

marco sansoé

Ritratto di L&#039;Arcangelo

Non mi sembra che quello spazio auspicato "della manifestazione della volontà di uscire da sé, per aprirsi a ciò che altri hanno da dirmi" sia incoraggiato dagli amministratori di questo sito e dallo stesso Marco. Per posizione propria (forse offeso), anche quando si entra nel merito con riflessioni dinamiche ed approfondite (non può dire che in alcuni casi non si siano state), Marco non interlocuisce se è l'Arcangelo a porre queste riflessioni (chi dunque è più infantile o narcisista ?). E scegliere con chi dibattere è già un limite al dibattito.(Pietrobon che si dichiara sempre aperto manco ascolta e si alza quando prende la parola il nik-name) Sussiste inoltre un problema oggettivo per questo dibattito. Rifondazione (come altri partiti) ha una responsabilità di Governo e come gli altri Partiti è naturalmente orientata a utilizzare o confondere "il dibattito" al "consenso". Se il dibattito comporta la critica di governo, la risposta è a riccio, perchè è messo a maggior rischio il consenso. La scommessa di essere "le due cose", forza di governo e nel movimento (inteso come modo d'essere, non per forma costruita o immaginata) è sempre rimandata perchè c'è uno scollamento concreto tra chi, nel partito, conduce la vita amministrativa, e gli interlocutori dal basso. Inoltre non è possibile mettere a dibattito alcune cose e altre no (chi decide e come di metterle a dibattito ? ). L'osservazione posta in questi giorni partiva proprio sul nodo dibattito, che non solo sul pensiero di Tronti si debba chiaccherare ma anche sulle scelte amministrative, sulle iniziative e sui modi di proporle (la banale e legittima richiesta di chiarimenti di Legambiente, al di là del problema tecnico da te illustrato per la posta, non può essere ignorata nella sostanza come Roberto invece ha fatto). Per favorire questo dibattito Rifondazione pensa ancora che siano idonee la grinta e le certezze di Pietrobon, abituato, anche nel tuo caso, a rispondere per interposta persona ? L'Arcangelo
Ritratto di l&#039;Arcangelo

Le risposte a Tronti di Rossanda e Revelli su "Il MAnifesto" (risposte che forse per qualche Vendoliano sono difficili da digerire e da proporre in riflessione) La promessa di Obama di Rossana Rossanda • La «Lettera provocatoria» (in Passaggio Obama , Ediesse) di Mario Tronti agli amici del Centro riforma dello Stato contro le aspettative messianiche poste in Barack Obama mi sembra indirizzata più al Partito democratico italiano che al nuovo presidente degli Stati uniti. Obama infatti non si presenta per quel che non è, ha giurato sulla Costituzione del suo paese, si propone di riportarlo al prestigio perduto senza guerra e rimettendone in vigore i diritti politici, non si professa né comunista, né socialista, né socialdemocratico - parole che negli Stati uniti non hanno gran senso. E' un democratico americano che una sola cosa promette: di cambiare la linea di politica interna ed estera di George W. Bush. La potrà cambiare come e quanto un eletto del Partito democratico la può cambiare, cioè dentro un sistema capitalistico dove il mercato, parole sue, è imbattibile, ed è l'unico che gli Stati uniti conoscono e cui aspirano. E' molto? E' poco? Non è poco. Il capitalismo ha più facce, nessuna amabile, ma da diversi anni, come scrive Paul Krugman, ne presenta una delle peggiori. Che non è nata con Bush, si è affermata con Reagan. L'asse ne è stato un liberismo selvaggio, già fallito quando lo predicava von Hajek, ma ripredicato da Milton Friedman e dai suoi Chicago Boys, seguiti con entusiasmo dal Fondo monetario internazionale, dalle Banche centrali nonché dai trattati della nuova Europa. Lo aveva inaugurato Thatcher nel 1974, con la disfatta dei laburisti, e il crollo dei «socialismi reali» nel 1989 ha indotto ad aderirvi, confusi e pentiti, i partiti che ancora si chiamavano comunisti. E con questo è andato a pezzi quel che restava del «capitalismo benevolo» di marca rooseveltiana e più tardi keynesiana. L'arretramento delle condizioni di vita e della coscienza di sé da parte delle classi subalterne è stato grande, il salto tecnologico che poteva liberarle le ha schiacciate e precarizzate, le loro rappresentanze si sono indebolite e quel che in Europa si intendeva per democrazia - non solo votare ogni quattro o cinque anni ma contrattare salari e essere titolari di diritti di un'altra idea di società si è andato spappolando. Se nel secondo dopoguerra gli stati dell'occidente europeo avevano cercato di gestire il conflitto fra le classi, dalla metà dei '70 in poi, e precipitosamente con l'89, ne hanno disconosciuto fin l'esistenza. Produrre, come ebbe a dire perfino Berlinguer, diventava un valore in sé. Su questo Bush ha poi innestato la «guerra infinita», appoggiandone la gestione interna sul Patriot Act (del quale, detto per inciso, soltanto il manifesto si è accorto subito). Anche l'Unione europea si è fatta su questa filosofia, e quando Bush ha messo sotto i piedi i bei principi dei quali essa ammantava i vincoli di stabilità, concorrenza e competitività, si è dichiarata tutta americana (Francia esclusa). Quel che è accaduto, facilitando il successo di Obama, è che teoria e pratica liberista hanno deragliato con fracassso. Non sono state le sinistre, la classe operaia o le moltitudini a sbalzarle dai binari, ma l'ipertrofia della finanza - perdipiù virtuale quella su cui si è potuto puntare a profitti impensabili negli investimenti produttivi di beni materiali o immateriali. E' cresciuta la speculazione, il denaro diventava merce in grado di moltiplicarsi sul nulla, su crediti inesigibili, sui titoli «tossici» che banche e assicurazioni, dopo aver succhiato al di là di ogni limite i consumatori, si sono rimpallate per anni, prima di dover dichiarare di colpo, nel 2008, una bancarotta di dimensioni inimmaginabili. Ora gli stati attingono ai fondi pubblici, che saranno pagati dai contribuenti, per salvare le banche. Le grandi imprese, a partire dall'automobile, cui vengono meno i consumatori, ne chiedono anch'essi l'aiuto. Quello che pareva una bestemmia, dall'oggi al domani è diventato benefico e sollecitato dalla schiera degli economisti già liberisti. Soprattutto se dato gratis, senza contropartita, salvo nel Regno unito e forse negli Usa. Se a questo crollo della finanza, cui seguono a decine di migliaia, fra poco milioni di licenziamenti e una disoccupazione crescente, Obama riuscirà a metter un freno e ristabilire dei controlli, sarà un bene. Non è detto che ci riesca, ma certo non sono in grado di farvi fronte la classe operaia o le masse, senza più né una memoria né un'organizzazione che non vacilli. Anche se Obama riuscirà a mettere fine alla guerra sarà un bene, e non è detto che ci riesca per l'odio seminato nel Medio Oriente e l'ingiustizia assoluta mantenuta da quarant'anni nel conflitto fra Israele e i palestinesi. Per duro che sia riconoscerlo, c'è una dipendenza dalla potenza militare e ancora economica degli Stati Uniti, e un loro anche parziale mutamento di rotta riapre certi margini. Vorrà tentarlo, Barack Hussein Obama? Riuscirà? Tronti ne dubita e in ogni caso non gli basta. Nel dubitare esagera. Quella cui Obama ha dato voce è una rivoluzione simbolica, la sola che pare possibile ai nostri tempi anche a molti suoi interlocutori del Crs e le rivoluzioni simboliche sono comunque meno difficili di quelle che investono alle radici gli assetti di proprietà e di potere, cui peraltro sono necessarie. Quegli Usa che ora hanno intronizzato Obama avevano votato a piene mani il secondo mandato di Bush, a orrori e menzogne della sua guerra già noti. E' stato necessario che qualcuno svegliasse quel circa 16 per cento di cittadini in più dal sonno astensionista, forse l'eccesso dei morti d'una guerra troppo «infinita», certo un candidato più forte di quanto era stato Kerry e sarebbe stata la sola Hillary. Le prime mosse di Obama hanno confermato, nella chiusura immediata di Guantanamo, di fatto del Patriot Act, e nel mettere il negoziato al di sopra e prima della guerra, che non è un nero sbianchettato. Lo dice anche la chiamiamola così - prudenza dell'Europa e lo spiazzamento non solo di Berlusconi - ha ragione Dominijanni - ma di Sarkozy, per non dire dell'inquietudine di Israele, affrettatasi a lanciare e chiudere la razzia su Gaza finché erano ancora in carica Bush e i suoi. Altro è dire che il passaggio a un capitalismo meno guerrafondaio, più somigliante al «compromesso socialdemocratico», non basta: non basta a Tronti e neanche a me. Ma non è al presidente degli Stati uniti che affiderei una rivoluzione. A me Obama preme perché il suo effetto nella smorta Europa sarà forse di riaggregare le forze di quel vecchio e nuovo proletariato che oggi è preso alla gola ed appare schiacciato. Diversamente da Tronti, io non credo che il massimo di incertezza, sfruttamento e oppressione alimenti di più, se mai l'ha alimentata, una coscienza rivoluzionaria. Al più delle rivolte, che per gli stati sono un problema di ordine pubblico. Né i movimenti sono in grado di sostituire una forza organizzata e capace di egemonia. Essa mi sembra tutta da ricostruire. Come Tronti e, aggiungerei, Rita Di Leo, sono una novecentesca spero non del tutto impagliata: è una definizione che non si vuole affatto scortese di uno degli interlocutori, Mattia Diletti, della «Lettera provocatoria». E' che fra di noi c'è un lessico comune, cambiato nei più giovani. Un paesaggio dice cose diverse se guardato da un geologo, un agronomo, un possidente, un contadino, un pittore. In questi trent'anni gli sguardi sono cambiati più del paesaggio. Non sarebbe grave se non si affrettassero ad escludersi, anzi. Fra Mario Tronti e me, divisi sulla natura dell'agente di un mutamento di fondo dei rapporti sociali, è comune l'attenzione ai rapporti di proprietà dei mezzi di produzione, come ordinatori non unici ma primi di una società. Per i più giovani non è così. Ma di questo varrebbe la pena di discutere. INTERVISTA Marco Revelli: «Spettacolo indecoroso» Sinistre alla guerra civile, fermatevi un giro «Fermatevi, saltate un giro. Un segno di maturità. Senza preoccuparsi se questo comporta un regalo a Veltroni. Perché se non vi fermate voi, comunque io, come elettore, mi fermerò». Il sociologo Marco Revelli, da sempre impegnato nell'analisi del campo della sinistra, fa suo l'editoriale del manifesto alle sinistre: alle europee meglio saltare un giro, tanto più che lo sbarramento costringerebbe a rimettere insieme chi finora si è dato duramente battaglia. «Distinguerei i destini della sinistra dalla questione dello sbarramento. Il destino della sinistra si era già giocato in questo ultimo anno. Sbarramento o no. Un anno fa erano stimati al 12 per cento. Con i comportamenti tenuti dalle loro rappresentanze politiche si sono ridotti a una condizioni in cui anche una soglia del 4 per cento diventa mortale. Il segno di un fallimento storico, di lì non si ricomincia nulla. C'è un momento di svolta, da quel 12 per cento ai voti di oggi ? Se vogliamo fissare una data entro la quale qualcosa era ancora possibile, direi il corteo del 20 ottobre 2007. Lanciava un segnale forte da parte di un aggregato di gente di sinistra alle proprie dirigenze politiche. Di quel messaggio non hanno raccolto nulla, di lì è iniziato il lungo suicidio. In questo «loro» ci sono tante diverse identità e entità, a sinistra. Tutte viziate dalla stessa tara, la mancanza di responsabilità politica, l'autoreferenzialità assoluta. Microformazioni che praticano la scissione dell'atomo in totale assenza di confronto con il reale. Dal giorno dopo la sconfitta elettorale non sono stati un'ora a riflettere su quello che era successo, e hanno subito cominciato a scagliarsi l'un l'altro i mattoni della casa crollata. Uno spettacolo inguardabile. Dall'altra parte, però, c'è la scelta di Pd e Pdl di introdurre una soglia alla vigilia del voto. Un pactum sceleris, il segno dell'immeschinimento della politica. L'uso orribilmente tattico della legge elettorale non per decidere le sorti di un paese, ma le sorti di Veltroni, che si gioca la sopravvivenza su due-tre punti in più, e di Berlusconi, che non può prendere un decimo in meno delle politiche: due capetti di bassa statura, divorati dall'immagine. L'uno col problema di sopravvivere, l'altro di stravincere. Il Pd rischia di cancellare la sinistra. Veltroni conferma manu militari la linea dissennata dell'autosufficienza che l'ha già portato alla catastrofe elettorale e politica. Brucia le navi, rende impossibile un ritorno a una politica di alleanze con quello che cerca di sopravvivere a sinistra. È l'idea che lo porterà all'estinzione. E ha due elementi: primo, ciò che conta è il governo e il potere. Secondo, si può perseguire questo obiettivo da soli. Le due cose sono incompatibili. È una forma di delirio politico non giustificabile se non con una lettura di tipo personalistico, un groviglio di rancori, odi, ambizioni tali da offuscare l'intelligenza. Quindi Veltroni sta costruendo le condizioni per la sua sconfitta? Per la sua fine storica. Il Pd da solo non raggiungerà mai la maggioranza in questo paese, ma intanto distrugge qualsiasi alleato. La sua esigenza tattica di non perdere troppo lo costringerà a perdere sempre. Torniamo a sinistra. Vendola, dopo la scissione dal Prc, propone a tutti un cartello elettorale. Leggo tutto questo con un senso di frustrazione. Siamo ostaggi di professionisti della politica che fanno e disfano sulla base del controllo di microapparati. Di per sé sembra una proposta ragionevole. In realtà no. Gli economisti, parlando della borsa, parlano di 'rimbalzo del gatto morto': lo sbatti e sembra che reagisca, ma è un'illusione. L'unità è proposta da figure che hanno nella loro pratica costante quella della divisione. Chiunque può immaginare che, supposto che riescano a fare un cartello elettorale, un minuto dopo ricominceranno dare il triste spettacolo di questi mesi. Non salva nessuno? Nel momento in cui salta per aria l'equilibrio socio-economico globale, da nessuno ho sentito un brandello di discorso politico. Il cartello su cosa lo fanno? Di nuovo per mettere in palio la propria sopravvivenza? Da quest'area, in un momento di straordinario rimescolamento anche politico, con quello che è avvenuto con il cambiamento della leadership degli Usa, ci si aspetterebbe un dibattito straordinario. E invece l'unico che ha detto qualcosa è Mario Tronti, che non appartiene a queste formazioni. Da quel paesaggio di macerie non è venuto un vagito. E se non arriva, le ragioni storiche di quella entità sono venute meno. Ne sentiamo un lacerante bisogno perché soffochiamo in questo universo berlusconian-veltroniano. E tuttavia la finestra su quel lato non si apre. Forse quell'esperienza si è consumata in modo irreversibile, e bisogna ricominciare a ricostruire altrove, con altro linguaggio, altri modelli organizzativi. Servono altri uomini, altre donne? Dal punto di vista personale continuo ad avere stima di loro. Politicamente non li sopporto più. L'immagine che offrono è quella di chi sta regolando i rapporti interni e lavorando alla propria sopravvivenza. Che valori hanno? La stella polare della politica di domani è la capacità di coniugare le diversità. Il pianeta finisce, se non siamo in grado di ammettere diversità anche radicali e di farle contaminare a vicenda: israeliani e palestinesi compresi quelli di Hamas, migranti e i locali, atei e credenti. Se non siamo in grado di ridefinire il rapporto fra le identità e la capacità di convivere andiamo alla rovina. Questa è la sfida della politica. Invece cosa mi propongono costoro? La guerra civile in una microarea. La contrapposizione fra vicini. L'incapacità di convivere persino fra i simili.
Ritratto di Anonimo

La storia la scrive chi ha l'inchostro
Ritratto di Anonimo

Allo stato attuale è ripristinata rossoliviero. Speriamo che duri! marco
Ritratto di chouenlai

Compagno Roberto QUESTA VOLTA NON TI CRITICO. Hai organizzato una buona manifestazione, equilibrata e potente. La pace del signore sia con te. -Compagno Aldo-
Ritratto di roberto

Mi spiace caro Aldo, anche questa volta non sono d'accordo. La manifestazione nn l'ho organizzata io, ma è partita realmente dal basso, dall'assemblea alla "città di sotto" e da un tan-tam in rete e sui giornali che ha permesso a tutti di venire sabato al corteo ed esprimersi come meglio credevano.

C'è chi lo ha fatto con le bandiere, chi con gli slogan e chi ha deciso solamente di marciare. E lo hanno fatto anche i tanti che ci hanno detto che volevano venire ma erano impossibilitati.

E' stato un segnale (forse in ritardo) ma che appunto partendo dal basso è stato spontaneo e vero.

Spero che avremo tutti e tutte insieme l'occasione di ritrovarci per le strade, a lottare per la Palestina e per un mondo migliore....anche senza la pace del signore!  InnocenzaRisata

Ritratto di Chouenlai

Certo compagno Roberto c'è stato una molteplice intesa, hai ragione, intendevo dire che è stata una bella manifestazione , a Dio piacendo ci ritroveremo a lotttare per la palestina. Compagno Aldo-
Ritratto di ChouEnLai

Dopo i Venusiani ecco i Vendoliani, incontri Rifondazionisti del 2 tipo........ .......... -compagno aldo-
Ritratto di ChouEnLai

Certo che io sono molto confuso come molti in questi tempi, l' unica cosa che ho capito è che bisogna aiutare le persone e popolazioni più deboli, capisco che a volte la mia confusione ideologica può far sembrare che abbia posizioni estreme ma non è così. Poi come sai Roberto io credo che solo il Regno di Dio porterà la pace sulla terra. Comunque ti ringrazio per lo spazio che mi concedi. @roberto -compagno Aldo-
Ritratto di Fulcro Valtellini

Errare è umano, perseverare cattolico.