Contro Caruso... e in sua difesa...

Contro Caruso di Marco Sansoè 

Le esternazioni del Deputato Caruso sono la conseguenza di una visione del mondo, e della storia, tipiche della cultura dominante.

Quel modo di leggere il mondo nel quale, alla complessità dei processi politici, economici e sociali si sostituisce la volontà dei singoli, il peso dei personalismi, dei “personaggi” della politica e dell’economia, ai quali si attribuiscono le possibilità, se non il potere, di determinare i processi in corso.

Insomma, si confonde la tendenza del capitalismo contemporaneo, che vuole la flessibilità del lavoro per ridurne i costi, così aumentare i profitti e esercitare più controllo sul lavoro e sui lavoratori, con delle persone che "razionalizzano", sotto forma di leggi dello stato, tale processo.

E’ lo stesso criterio con il quale molto spesso si fa la storia alla TV, ma anche sui banchi di scuola: sostituendo o facendo coincidere la fine dell’impero romano con i vizi, la corruzione o la follia dei vari imperatori; la storia della rivoluzione francese con la vicenda di Robespierre; la storia del nazismo con Hitler; la rivoluzione cinese con Mao; ecc. Mentre i processi storici, come sappiamo, sono sempre collettivi e molto più complessi!

Al compagno Caruso forse bisogna ricordare che la lotta di classe è lotta tra le classi e non un duello tra cavalieri, che le ragioni di un conflitto non stanno nell’identificazione di uno o due nemici, ma nella coscienza collettiva delle forme complesse assunte dall’avversario di classe, che è sempre anch’esso collettivo.

Il capitalismo è un sistema economico-politico, storicamente determinato, altamente distruttivo! …e ci sovrasta facendo di noi cose, cioè “merci”!

Questi sono “i fondamentali” e l’ignoranza è una colpa, quando si fa il deputato in difesa degli interessi dei lavoratori flessibili e precari!

10/8/07

 

L'assalto ai movimenti per sterilizzare la politica
 di Anubi D'Avossa Lussurgiu da "Liberazione

Cosa vuol dire, "cacciare" Francesco Caruso? Cosa vuol dire, s'intende, come significato politico: cosa tradisce d'una concezione generale della politica? Vuol dire, in buona sostanza, chiudere le porte del "Castello", alzarne il ponte levatoio verso le figure della società che ne è estraniata, verso il disagio di chi non riesce o non intende rappresentare, soprattutto verso ciò che non sa o non vuole capire, anzi com-prendere .
Ovviamente, nessuno dice che Caruso va "cacciato" dal Parlamento: sarebbe infatti - visto che qui si tratta di dichiarazioni, espressioni d'opinione - un po' come chiamare al colpo di Stato. Pure, c'è chi dice che dovrebbe "cacciarsene" lui stesso: che è un po' come dire di farsi il golpe da solo. Ma la pretesa che normalmente invade le pagine dei giornali di questi giorni è un'altra: occorre che a "cacciare" Caruso sia il "corpo" della politica che l'ha accolto. Cioè Rifondazione comunista: cioè, per estensione, la sinistra d'alternativa.
Ora, su queste colonne le parole fatidiche di Caruso sono state subito respinte. Perché usare politicamente quella parola, "assassini" - in generale e peggio, solo peggio nei confronti d'un assassinato - rappresentava e rappresenta uno sbaglio molto grave. Francesco Caruso, però, ha nel frattempo fatto sapere che non c'è bisogno di scuse fatte per suo conto: e che chiede scusa da solo. Lo ha anche sviscerato e spiegato lo sbaglio, lo «sfogo incontrollato», ieri su il manifesto . E poi ha deciso, per semplificare le cose, di autosospendersi dal gruppo parlamentare del Prc.
Ma, si dice, non può bastare. Né servirebbero totali, umili, tremebonde abiure del reo. Il punto è che chi lo ha portato in Parlamento ora lo allontani da sé: in modo, così, da chiarire d'aver ben compreso quale gravissimo errore sia stato portarcelo. Per rafforzare la pretesa, c'è chi dice che se non sarà così allora non resterà oltre in maggioranza parlamentare con chi "ospita" Caruso: e lo dice chi già da tempo si prepara pubblicamente a formare il "Grande Centro" con l'Udc di Casini.
Quindi, c'è chi si fa sentire anche a sinistra: la pretesa, qui, si estende dal Parlamento alla piazza, quella del 20 ottobre che non sarebbe praticabile perché vi si troverebbe certamente Caruso e «quelli come lui». Lo dice chi al 20 ottobre ha già detto di no e chi non aveva potuto dirlo, ma ora cerca una buona scusa. Come sarebbe assimilare Caruso e «quelli come lui» ai "tifosi" se non ai complici degli assassini di Marco Biagi: cioè coloro che hanno da sempre considerato Caruso e «quelli come lui» - per esempio, il movimento delle e dei disobbedienti - dei «nemici», minacciandoli anche, come risulta dalle stesse inchieste giudiziarie.
Tutto ciò fa venir voglia di rispondere all'inverso: sapete che c'è? Due, tre, molti Francesco Caruso. E' una risposta d'istinto, che però corrisponde alla ragione. Perché, al di là dei pretesti e della loro evidente debolezza, la questione non riguarda tanto e solo Caruso. Tutt'altro: questo attacco ha un'attinenza stringente ai contenuti dello scontro sociale in atto e che si vuole sopire. Ce lo spiega bene l'editoriale del Corriere delle Sera di ieri, a firma di Dario Di Vico, che indica qual è il problema: cioè il fatto che «tutta la sinistra radicale - un pezzo della Cgil e persino qualche frangia dei Ds - pensa che il pacchetto Treu del '97 e la successiva legge Biagi siano responsabili della precarizzazione del lavoro». Quando invece, si sostiene, quelle leggi servono a governarla , la precarizzazione. Chiaro, no?
Eppure, l'attacco muove da qualcosa di ancor più profondo e strategico. Ce lo spiega altrettanto bene un uomo di sinistra, sia pur "altra", Emanuele Macaluso. Che su il Riformista addita la rappresentazione, in Caruso, della «sinistra "alternativa" e "antisistema"». E a Rifondazione indica la necessità di abiurare il congresso di Venezia «col quale il partito si fuse e confuse con "i movimenti"»: in ultim'analisi, l'idea di mettere insieme «persone con idee, progetti e valori diversi».
Ecco: quel che si chiede è l'interruzione, la fine, l'esclusione dalla scena politica di un processo di "apertura". E' certo singolare che una "espulsione", se non di partito di gruppo parlamentare, venga invocata proprio da chi - non è il caso di Macaluso, ma di tutti gli altri sì - ha civettato e civetta con tutte le ondate anti-partitiche e anti-politiche degli ultimi tre lustri. Ancor più singolare appare che si ecciti ad un "arroccamento" partitico, persino partitocratico, proprio quando massima è la crisi di fiducia nel sistema politico. Ma in fondo è logico: perché quel che si vuole non è affatto la messa in crisi della "politica separata", bensì la sterilizzazione della politica; non la critica del potere e la ripartenza d'una partecipazione democratica, bensì la costruzione di un consenso "controllato" intorno all'esercizio del potere, della democrazia facendo il più possibile a meno. Riducendo, "semplificando" in nome della "governabilità" lo spazio della rappresentanza, anziché aprirlo.
Appunto, non si vuole solo "cacciare" Caruso: si vuole esorcizzare la possibilità stessa d'una anomalia rispetto a questa tendenza. Chi si ricorda di Vladimir Luxuria? Come mai non sovviene quale levata di scudi si manifestò contro la notizia stessa della sua candidatura? Adesso lei, Luxuria, nata Vladimiro Guadagno, è parlamentare su cui non si fa clamore: ha saputo occupare il suo seggio con abilità politica ed efficacia comunicativa. Bene: Vladimir è giunta a quel seggio nella stessa "apertura" che ora alla sinistra d'alternativa si intima di chiudere, sacrificare.
Si tratta di un'apertura nient'affatto completata, anzi acerba, appena accennata. Senza allargarla, anzi forzarla, non si avrà all'arroccamento partitocratico d'una politica quanto mai svuotata di senso "alto" altra risposta che il simmetrico antipolitico del "grido" come "solo modo di farsi sentire": non una lotta contro la spoliazione di democrazia, ma al contrario il suo previsto rispecchiamento, una nicchia di sostanziale rassegnazione. Per questo non solo ci vuole sempre un Caruso, ma due, tre, molti: perché non ne resti uno solo a scivolare in quella nicchia.


12/08/2007