UN ARTICOLO CHE SPIEGA COSA E' SUCCESSO A BARLETTA

 Di Maria Campese
Lo scorso 3 ottobre a Barletta (100mila abitanti, capoluogo di provincia), in pieno centro urbano, crolla una palazzina di tre piani: sotto le macerie perdono la vita 5 giovani donne e vengono distrutte 5 abitazioni.
Fra le vittime 4 giovani operaie intente a svolgere lavoro nero in un maglificio ubicato a piano terra del fabbricato crollato: Antonella Zaza, Giovanna Sardaro, Matilde D'Oronzo, Tina Ceci e una adolescente di 14 anni, figlia dei titolari del maglificio. Solo Mariella Fasanella viene estratta ancora viva e sopravviverà, grazie all'impegno generoso di quanti (tanti) hanno lavorato indefessamente fino a notte fonda ad estrarre le vittime dalle macerie.
Svolgevano lavoro nero, accettato perché l'unico disponibile sul mercato: meno di 4 euro all'ora il compenso percepito, per passare dalle 8 alle 14 ore in ambienti inadeguati, insicuri, senza controlli; lavoro sottopagato e privo di tutele sociali. Un lavoro che dava alle giovani vittime la possibilità di sopravvivere e che, in alcuni casi, era l'unica forma di sostentamento per i propri figli.
Se le operaie fossero state regolarmente assunte, quell'attività sarebbe stata sicuramente ubicata altrove, in immobili adeguati, ed il titolare dell'attività avrebbe subito segnalato il dissesto statico del fabbricato, non avrebbe avuto timore dei controlli.
Purtroppo, la tragedia di Barletta rappresenta soltanto la punta dell'iceberg del lavoro nero e del sommerso in tante realtà del nostro Paese, con centinaia di imprese fantasma che offrono lavoro per pochi euro all'ora ad una manodopera, soprattutto femminile, sempre più sfruttata e ricattata dalla crisi economica.
Uno scenario lavorativo ottocentesco inaccettabile e che fa emergere la necessità, ora più che mai, di far rispettare le regole e le leggi, che pur ci sono ma che sono violate quotidianamente.
Ma perché avviene il crollo? Le cause sono da indagare nell'azione politico-amministrativa degli anni passati. Il fabbricato crollato faceva parte di un isolato composto da quattro edifici costruiti nell''800, sorti uno accanto all'altro; con struttura portante in muratura di tufi, i quattro edifici erano solidali fra loro, sorreggendosi l'un l'altro. Nel 2004 viene richiesto al Comune di Barletta di deliberare un piano di recupero su un unico edificio interno all'isolato e non dell'intero isolato. Rifondazione Comunista, allora presente in amministrazione, si oppose a tale ipotesi e il progetto non passò. Il Consiglio comunale di Barletta nel 2007, non più presente Rifondazione Comunista né in amministrazione né in Consiglio comunale, approvò il progetto.
Il fabbricato, dopo qualche tempo, fu demolito ma non più ricostruito per contenziosi insorti con le proprietà limitrofe. Erano stati conservati del vecchio fabbricato i due muri di facciata. Tali muri, che erano collegati ai due fabbricati adiacenti a quello demolito, e che garantivano ancora una stabilità complessiva all'isolato, sono stati demoliti nei giorni immediatamente precedenti il crollo, con l'ultimo elemento murario, adiacente al fabbricato poi crollato, demolito nei minuti immediatamente precedenti il crollo, tant'è che l'impresa edile che stava facendo i lavori ha rischiato di perire sotto il fabbricato crollato.
Alla luce di questi elementi ci si chiede: se non si fosse consentito lo "sventramento" dell'isolato il fabbricato crollato ci sarebbe ancora? Quell'isolato era sopravvissuto per duecento anni, e i fabbricati, nati uno accanto all'altro, si sorreggevano a vicenda. E' vero, erano datati, ma come tanti edifici conservati diligentemente dai relativi proprietari sarebbero sopravvissuti: l'importante è manutenerli.
Manutenzione che invece non viene operata dai tanti proprietari a cui è consentito, nei nostri centri urbani, di avere manufatti in stato di fatiscenza, perché così si potranno demolire e ricostruire, ed averne il massimo del profitto: il valore fondiario negli anni aumenta senza alcun onere per la manutenzione, né ordinaria né straordinaria.
Può un proprietario di un sito, reclamando il proprio diritto a mettere a massimo profitto il suo "bene", prescindere dal danno che può provocare alle proprietà altrui? E può accadere che subdolamente possa lavorare a rendere inagibili i fabbricati di coloro che hanno "resistito" ad ipotesi di demolizione e ricostruzione?
Ciò che è avvenuto al fabbricato di via Roma a Barletta chiama la politica alle sue responsabilità. L'approvazione da parte del Consiglio comunale di Barletta della richiesta di recupero con demolizione e ricostruzione di un unico edificio e non dell'intero isolato era un atto dovuto? Certo che no. Perché altrimenti i provvedimenti devono essere approvati dal Consiglio comunale? Qual è il ruolo della politica? E' l'interesse del singolo privato al centro dell'azione o l'interesse collettivo?
Il crollo di Barletta era una tragedia evitabile? Certo che sì. Sì, se non si fosse manomesso l'isolato. Sì, se ci fosse stata maggiore vigilanza e cura per la salute ed incolumità dei cittadini.
Penso che le responsabilità siano tante e diversificate: su questo sta indagando la magistratura, a cui auguro possa, in breve tempo, dare risposte alle famiglie delle vittime e dei feriti.
Ci sono responsabilità, però, che non attengono il solo ambito della giustizia, ma investono tutti coloro che dovrebbero rappresentare l'interesse collettivo nelle istituzioni.
L'impegno che va richiesto ad ognuno è di far sì che non si creino più i presupposti perché avvengano tragedie annunciate, perché ci sia la centralità dell'interesse collettivo rispetto all'interesse privato, perché non siano il profitto e lo sfruttamento gli elementi strutturali della società, non sia il "dio denaro" il valore dominante.

Dove: